23 febbraio 2008
Il Papa consegna ai giovani della diocesi di Roma la Lettera sul compito urgente dell'educazione. Intervista con il cardinale Ruini (Radio Vaticana)
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Il Papa consegna ai giovani della diocesi di Roma la Lettera sul compito urgente dell'educazione. Intervista con il cardinale Ruini
Benedetto XVI incontra oggi in Piazza San Pietro i giovani della diocesi di Roma per consegnare loro la Lettera sul compito urgente dell'educazione. In questo documento, scritto in occasione della Giornata della scuola cattolica della diocesi romana, il Papa affronta la questione dell'emergenza educativa, affermando che educare non è mai stato facile ma oggi sembra diventare sempre più difficile. Ascoltiamo in proposito il commento del cardinale vicario Camillo Ruini, al microfono di Giovanni Peduto:
R. – Purtroppo questa frase del Santo Padre rispecchia quello che, più o meno, tutti constatiamo nella vita di ogni giorno nelle famiglie, nelle scuole ed anche negli stessi ambienti parrocchiali: educare diventa difficile perché mancano gli obiettivi. Il relativismo ha oscurato il concetto di uomo e formare l’uomo è proprio lo scopo dell’educazione. Inoltre un diffuso permissivismo ha tolto autorità agli stessi educatori.
D. – Nella sua Lettera, Benedetto XVI rileva che sia tra i genitori che in genere tra gli educatori c’è la tentazione di rinunciare e ancor prima il rischio di non comprendere nemmeno quale sia la missione ad essi affidata…
R. – Esattamente. Rinunciare per le troppe difficoltà, mentre il rischio di non comprendere la propria missione deriva da due fattori: uno è che spesso e in particolare nelle scuole si pensa che il compito degli insegnanti sia soltanto quello di fornire nozioni, istruzioni e non autentica e profonda educazione ai valori decisivi che possano guidare la vita; e il secondo motivo è che non ci sente più portatori di un messaggio che possa essere autorevolmente testimoniato e che possa così essere norma per le persone stesse che vengono educate.
D. – Il Papa indica così il punto più delicato dell’opera educativa: “trovare un giusto equilibrio tra la libertà e la disciplina”. Ci vogliono quindi regole, ma allo stesso tempo occorre accettare il rischio della libertà...
R. – Certamente e questo perché l’educazione è fatta per formare alla libertà, per far crescere le persone nell’autentica libertà. Ma proprio per questo occorrono delle norme che non devono essere sentite come una imposizione esterna, ma delle norme che vengono interiorizzate. Questo può avvenire soprattutto attraverso la testimonianza personale degli educatori.
D. – “Oggi – afferma ancora il Papa – alla radice della crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita”. Come superare questa crisi, eminenza?
R. – E’ una crisi profonda che ha la sua radice ultima nel nichilismo contemporaneo e cioè nella perdita di ogni valore e alla fine, soprattutto, nella perdita della fede in Dio. Perciò il Papa nell’Enciclica “Spe salvi” dice che i cristiani non possono essere come coloro che non hanno speranza, perché sono senza Dio in questo mondo, riprendendo così la parola dell’Apostolo Paolo. Il fondamento primo, quindi, per ridare speranza a tutti è il testimoniare e il proporre la fede in Dio, la fede nel Dio che ci salva in Gesù Cristo.
D. – San Giovanni Bosco poneva tre principi alla base del suo sistema educativo: fede, amore e ragione. Diceva anche che l’educazione è questione di cuore. Come arrivare al cuore dei giovani oggi?
R. – La ricetta fondamentale è sempre quella: facendo sentire concretamente ai giovani che vogliamo loro bene. Questa è la grande forza dei genitori nei confronti dei figli, questa è la forza dei sacerdoti nei confronti dei bambini, dei ragazzi e dei giovani loro affidati e questa deve essere la forza e la prima arma che hanno fra le mani gli insegnanti. Per amare, però, davvero occorre molta generosità ed occorre cercare non il bene proprio, ma il bene delle persone che educhiamo. E’ per questo che abbiamo bisogno noi per primi di credere profondamente in quel Dio che è amore.
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