18 febbraio 2008

Il "caso" Napoli: "Il ricovero in Ostetricia, l'espulsione del feto in bagno e la corsa in sala parto per l'operazione, il risveglio e le polemiche"


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Il caso Il ricovero in Ostetricia, l'espulsione del feto in bagno e la corsa in sala parto per l'operazione. Poi il risveglio e le polemiche

Silvana e l'aborto, ecco i due rapporti sul blitz

Napoli, nei documenti il racconto dell'attesa e delle cure prestate alla donna in ospedale

Quattro giorni in ospedale per abortire. E nell'ultimo 12 ore di attesa. Poi la corsa in sala parto e l'arrivo degli agenti

Fulvio Bufi

NAPOLI — La Procura, il Policlinico, il ministero della Salute, quello della Giustizia, il Csm, il garante per la privacy. Sull'aborto della trentanovenne Silvana, avvenuto lunedì scorso al Secondo Policlinico di Napoli, indagano in sei. Sei inchieste che inquadrano la vicenda da punti di vista diversi, come diverse sono le verità raccontate dalla donna e dagli agenti che l'hanno interrogata durante il blitz. Lei parla di modi bruschi e insistenti, i poliziotti solo di «qualche domanda ». Nel rapporto stilato dai medici si cita uno scontro in corso con una pattuglia dei Falchi, gli agenti motociclisti. In quello consegnato dai poliziotti, si ribatte che non c'è stato un vero e proprio interrogatorio «dopo la segnalazione arrivata ai carabinieri via telefono ». Solo un colloquio «a sommarie informazioni».
L'indagine dell'Università si è già chiusa: la legge 194 non è stata violata. Le altre sono tutte aperte. Il ministero della Salute comincia oggi, con l'arrivo degli ispettori al Policlinico. Dov'è tornato il Corriere, per rivivere con chi lavora tra i cinque piani dell'edificio 9, sede del dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, quel lunedì della scorsa settimana. La ricostruzione interna dei sanitari (la relazione è in procura) è il diario di questa storia. Le prime pagine riportano alle 9 del mattino di venerdì 8 febbraio, quando «viene ricoverata per eseguire aborto terapeutico la signora Silvana, di anni 39, che presenta adeguata documentazione per l'applicazione della legge 194».
Silvana arriva in ospedale accompagnata dalla madre.
Ha già eseguito l'amniocentesi e l'esame del cariotipo (la costituzione del patrimonio cromosomico del figlio che aveva concepito 21 settimane prima), la cui analisi, fatta all'ospedale Moscati di Avellino, rileva l'esistenza della sindrome di Klineferter. Ha fatto anche la consulenza genetica al Cardarelli e la visita psichiatrica al Policlinico. «Bisogna chiarire una cosa — dice il professor Carmine Nappi, primario di Ostetricia — l'articolo 6 della 194 prevede la possibilità di aborto terapeutico "quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna".
Quindi tutte le cose sull'eugenetica che sono state dette attorno a questa vicenda sono state dette a sproposito. E lo dico da obiettore di coscienza».
«La ricostruzione, invece, teoricamente si sarebbe potuta limitare tutta a venerdì —, racconta un medico che ha avuto modo di vedere Silvana nei giorni precedenti l'aborto —. Ma le prime due somministrazioni di prostaglandina non producono effetti, e quindi con la necessaria sospensione di 24 ore e la domenica di mezzo, si arriva a lunedì». «Il trattamento a base di candelette vaginali viene ripetuto», è scritto nella relazione. «Due volte», racconta il medico di turno. E gli orari, approssimativi, sono le 9,30 e le 14. Solo a questo punto compaiono le prime contrazioni, e Silvana lascia la sua stanza al secondo piano e viene portata al quinto, dove c'è il reparto Ivg, (Interruzione volontaria di gravidanza) nel quale, se ci fosse stato personale sufficiente per assisterla, avrebbe potuto essere ricoverata sin dal primo momento. Il particolare del ricovero in un reparto non riservato agli aborti sarà determinate per ciò che poi si è scatenato.
Dopo l'ultima prostaglandina «la paziente avverte per la prima volta le contrazioni», scrivono i medici. «Perciò fu trasferita nella sala travaglio del quinto piano — spiega il professor Nappi —. L'aborto sarebbe dovuto avvenire lì, come tutti gli aborti». Ma Silvana rifiuta un'ulteriore candeletta e tutto si ferma. «Niente più contrazioni e ovviamente nemmeno dilatazione», dice un altro medico.
Aborto rinviato. La donna torna al secondo piano. Dopo circa un'ora, è scritto nella relazione interna, viene visitata da una ginecologa che «non riscontra» sintomi tali da far pensare a un aborto imminente. Ma la situazione cambia dopo altri 30 minuti. «La collega tornò a visitarla e rilevò una dilatazione di circa due centimetri», ricorda uno dei medici dell'Ivg. «È a questo punto che succede tutto», interviene il professor Nappi: «Il medico dispone l'arrivo di una lettiga per il trasferimento al quinto piano, ma la paziente chiede di andare prima in bagno. Per discrezione il nostro personale rimane all'esterno, ma presente comunque in camera». Nel bagno avviene l'espulsione del feto. Continua Nappi: «La signora viene subito soccorsa, sistemata sulla barella e portata in sala parto per il raschiamento ». A spingere la lettiga un infermiere sui cinquant'anni, con l'orecchino e di pessimo umore. Mentre cammina si lamenta ad alta voce: «Per non pagare gli straordinari al quinto piano ce le mandano tutte qua... Ma tu vedi se è cosa ». È Ciro D.V. l'infermiere che alle 18,54 telefonerà ai carabinieri visto che quelli di Striscia non gli hanno risposto. E farà scoppiare un caso. Che sembra nato più da una questione sindacale che da una questione di coscienza.

© Copyright Corriere della sera, 18 febbraio 2008

Tutto chiaro e lampante: nessuna volonta' di creare il caso intorno alla 194, ma la denuncia di un altro caso di malasanita'.
Nel 2008 e' incredibile che una donna che deve fare un aborto terapeutico sia ricoverata insieme alle gestanti: non e' giusto ne' per lei ne' per le altre pazienti.
Quante parole al vento, quante accuse ingiuste e volgari...persino al Santo Padre...ma smettiamola!

R.

La versione dell'ospedale

E il medico fermò i Falchi in corsia: non interrogatela

NAPOLI — L'interrogatorio subito ha colpito moltissimo Silvana, che ancora non ha deciso se sporgere o meno denuncia nei confronti degli agenti che sono intervenuti lunedì scorso al Secondo Policlinico. Secondo il racconto della donna, i poliziotti usarono modi molto bruschi.
Addirittura, le avrebbero chiesto se avesse pagato per abortire e chi fosse il padre del bambino. E in più, sempre secondo quanto Silvana ha raccontato in questi giorni, l'avrebbero sottoposta all'interrogatorio immediatamente dopo il suo ritorno in reparto dalla sala operatoria, quindi quando ancora non aveva superato del tutto gli effetti dell'anestesia. Di poliziotti dai modi molto sbrigativi parlano anche i medici del Policlinico, e nella ricostruzione della vicenda consegnata al magistrato si fa riferimento a uno scontro che sarebbe avvenuto tra la prima pattuglia intervenuta (due «falchi», un uomo e una donna in borghese, seguiti poi da altri tre colleghi in divisa) e il medico di guardia, che chiedeva l'esibizione di un mandato. Gli agenti non lo avevano, perché erano stati autorizzati dal magistrato solo telefonicamente.
F. B.

© Copyright Corriere della sera, 18 febbraio 2008


La versione della questura

«Regole rispettate per sentire cosa era successo»

NAPOLI — «Raccolta di sommarie informazioni». Tecnicamente si chiama così l'interrogatorio che la polizia ha fatto a Silvana lunedì scorso nel reparto di Ostetricia del Secondo Policlinico. «E davvero non è stato un interrogatorio», sostiene la polizia che, con una nota diffusa dal questore Antonino Puglisi nei giorni scorsi, faceva sapere che l'intervento si era svolto nel pieno rispetto di ogni regola.

«Era mio dovere accertare che non ci fosse stato alcun infanticidio», ha dichiarato in un'intervista al Corriere, pubblicata giovedì scorso, la poliziotta intervenuta al Policlinico, l'ispettrice Lucia S., della squadra antiscippo del commissariato Arenella. «La signora mi ha anche detto che le avevo fatto compagnia», ha aggiunto, descrivendo quindi un clima assolutamente tranquillo.

L'ispettrice è già stata interrogata dal pubblico ministero, che ha aperto un fascicolo sulla vicenda dell'aborto. Nei giorni prossimi forse sarà ascoltata anche Silvana. Ma le modalità dell'interrogatorio non sono oggetto di indagine, e se la paziente sceglierà di non denunciare l'agente, quest'aspetto della storia non sarà mai chiarito.
F. B.

© Copyright Corriere della sera, 18 febbraio 2008

Ecco l'intervista al pubblico ministero e all'agente di polizia (nessun dubbio sulla loro versione almeno da parte mia):

Il pm Vittorio Russo ha disposto l'autopsia

«Al telefono ci disse: una donna sta buttando il feto nel water»

Fabrizio Caccia

DAL NOSTRO INVIATO
NAPOLI — «Ma che dovevamo fare, scusate? C'era stata una telefonata di uno che diceva: correte, correte, c'è un infanticidio in atto, la donna del letto 207 si è chiusa in bagno e sta buttando il feto nel water...». Ieri pomeriggio, mentre continuavano a piovere critiche e attacchi da tutte le parti (la Cgil, i medici cattolici, le donne femministe, il ministro Ferrero...) al quarto piano della Procura c'erano loro due, il pm e la poliziotta protagonisti dell'altra sera, la sera del drammatico aborto terapeutico al Secondo Policlinico di Napoli.
Il pm Vittorio Russo — 58 anni, almeno 30 passati a combattere terrorismo e camorra — e l'ispettrice Lucia S. — 28 anni, della squadra antiscippo del commissariato Arenella — si sono incontrati ieri per la prima volta. Lunedì sera, invece, avevano parlato solo per telefono. Entrambi ora si sentono a posto con la coscienza: «Quando è arrivata quella segnalazione — dice il pm — io ho chiesto subito di mandare sul posto una donna-poliziotto: "Mandate lei o nessuno", ho precisato. E non solo: l'agente è intervenuta in borghese e la macchina è arrivata con la sirena spenta, per non creare inutili allarmi».

La chiamata dall'ospedale, comunque, non era anonima. Un uomo aveva detto di chiamarsi C.D.V., di essere un infermiere di Ostetricia e aveva anche lasciato il suo numero. Così è cominciato tutto. «I giornali hanno parlato di un nostro blitz in corsia — aggiunge l'ispettrice —. Non è giusto... ». La signora Silvana S., la donna che ha abortito in bagno, però la contesta: «Quella donna mi ha aggredito...», ripete stanca al telefono.

La poliziotta replica: «Io avrei interrogato la signora Silvana senza darle tempo di riprendersi dall'anestesia? Non scherziamo. Tanto che sono arrivata alle sette in ospedale, lei era in sala operatoria per il raschiamento, così l'ho aspettata e ho cominciato solo alle dieci di sera a farle qualche domanda. Attenzione, non un interrogatorio. Solo qualche domanda, perché era mio dovere accertare che non ci fosse stato alcun infanticidio. C'era un altro collega con me, anche lui in borghese, poi è arrivato l'ispettore-capo con altri tre agenti, ma senza fare irruzioni da telefilm.

A un certo punto, al telefono col pm, ho detto pure: "Spengo la radio per non turbare la donna". E ricordo che c'era la mamma della signora presente. E quando il pm mi ha ritelefonato per sapere se la donna si era spaventata, io gli ho risposto: "Tranquillo, dottore, mi ha detto che le ho fatto compagnia...". Sua mamma, quando siamo usciti, mi ha chiesto addirittura: "Perché non restate, andate già via?"».
«Adesso sto preparando la mia relazione — conclude il pm Russo —. La manderò al procuratore, la manderò al ministro Scotti e se sarà necessario andrò anche a Roma a parlare davanti al Csm. E dirò questo: allo stato non ci sono indizi di reità e, sentite le parti, non ho riscontrato le modalità perturbanti rappresentate dai media. Ecco perché non ho indagato nessuno: il tintinnìo di manette non è nel mio stile. Nel frattempo, ho incaricato il professor Giuseppe Saggese di svolgere l'autopsia sul feto sequestrato per verificare le malformazioni. In modo da chiarire definitivamente che s'è trattato di aborto terapeutico. E dunque perfettamente legale. Tutto questo polverone, però, non m'è piaciuto. Non m'è piaciuta la strumentalizzazione. È cominciata la campagna elettorale, d'accordo, da una parte Ferrara, dall'altra la sinistra e così si discute sull'aborto. Ma lo ripeto: da parte nostra non c'è stata alcuna fuga in avanti e non sono stati superati i limiti etici. Di questo sono sicuro».

© Copyright Corriere della sera, 14 febbraio 2008

2 commenti:

Luisa ha detto...

Ed io tremo, sono sconvolta e penso alle sofferenze, alla violenza subita da quella creatura, espulsa e soppressa in maniera così brutale.
Aborto terapeutico ? Per chi?

Anonimo ha detto...

Parlare di aborto terapeutico è un inganno. La terapia è una cura. La soppressione volontaria di una vita umana non è una cura, è un crimine.