12 febbraio 2008

Nel sacerdozio si devono unire autorevolezza e misericordia, autorità e comprensione: così il cardinale Vanhoye negli esercizi spirituali


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Nel sacerdozio si devono unire autorevolezza e misericordia, autorità e comprensione: così il cardinale Vanhoye negli esercizi spirituali al Papa e alla Curia romana

Cristo degno di fede ha diritto alla nostra adesione di fede. Cristo misericordioso suscita la nostra piena fiducia. E’ la riflessione offerta dal cardinale Albert Vanhoye a Benedetto XVI e alla Curia romana negli esercizi spirituali per la Quaresima che termineranno sabato prossimo. In questo periodo, lo ricordiamo, sono sospese le udienze e l’attività ordinaria, compresa l’udienza generale di domani. Le due meditazioni di questa mattina sono state: “Cristo sommo sacerdote degno di fede” e “Cristo sommo sacerdote misericordioso”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Nella prima meditazione, “Cristo sommo sacerdote degno di fede”, il cardinale sottolinea che Gesù si è reso in tutto simile ai fratelli per diventare sommo sacerdote misericordioso e degno di fede. Sono queste – fa notare il porporato – due qualità indispensabili per esercitare la mediazione sacerdotale ed il ministero pastorale:

“Queste due qualità devono essere presenti necessariamente insieme per fare un sacerdote. Un uomo, pieno di compassione per i fratelli ma non accreditato presso Dio, non potrebbe esercitare la mediazione sacerdotale, stabilire l’alleanza. Nel caso inverso, un essere accreditato presso Dio, ma a cui mancasse il legame di solidarietà con noi, non potrebbe essere il nostro sacerdote”.

Se si ha fede nella parola di Dio – spiega quindi il cardinale – si procede con coraggio sapendo di essere sempre aiutati dal Signore perché tutto è possibile per chi crede.

Nella seconda meditazione, sul tema “Cristo sommo sacerdote misericordioso”, il cardinale Vanhoye illustra la qualità della misericordia, sentimento in Cristo profondamente permeato di umanità. In Gesù - aggiunge – è compassione acquisita con la partecipazione alla sorte dei propri simili.

“Non si tratta quindi, semplicemente, del sentimento superficiale di chi si commuove facilmente. Si tratta di una capacità acquisita attraverso l’esperienza personale della sofferenza. Bisogna essere passati attraverso le stesse prove, le stesse sofferenze di coloro che si vogliono aiutare. Cristo sa compatire perché è stato provato in tutto come noi”.

Nella meditazione di ieri pomeriggio, “Come Cristo è divenuto sommo sacerdote”, il porporato ha sottolineato come la lettera agli ebrei proclami che Cristo è il vero, unico sommo sacerdote. L’insegnamento di Gesù – ha aggiunto il cardinale – ci indica un modello profondamente diverso, in contrasto con quello del sacerdozio antico. Tra 2 modi possibili di servire Dio, uno con sacrifici rituali, l’altro nelle relazioni umane, Gesù infatti ha scelto quest’ultimo sapendo che Dio preferisce la misericordia.

“L’atteggiamento generoso di Gesù mediatore è stato di accogliere pienamente la solidarietà umana. La sofferenza esisteva. La morte, il peccato esistevano. Gesù è sceso in questa miseria umana offrendo il proprio amore. Ha fatto della sofferenza, della morte un’occasione di amore estremo. E così è divenuto sommo sacerdote perchè ha tracciato una via della nuova alleanza, la via della comunione con Dio ritrovata per noi peccatori”.

Il cardinale Albert Vanhoye ha indicato, infine, la via per interpretare correttamente la nostra partecipazione al sacerdozio di Gesù. Dobbiamo diventare – ha affermato - profondamente solidali con i nostri fratelli e prendere su di noi le gioie, le speranze, le aspirazioni degli altri per manifestare loro l’amore di Dio e portarli nella comunione divina.

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