3 marzo 2008

"Chiesa reale e Chiesa di carta": Michele Serra risponde a Dino Boffo...


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CHIESA REALE E CHIESA DI CARTA

MICHELE SERRA

Con un cortese ma vigoroso articolo sull´Avvenire, Dino Boffo mi rimprovera di polemizzare con "la Chiesa di carta" (cioè con il suo distorto riflesso mediatico) e non con la "Chiesa reale". Più in generale, Boffo lamenta l´attitudine, in campo laico, a costruire, per comodità polemica, un´immagine della Chiesa riduttiva e iper-politicizzata. Ai limiti della caricatura, e a costo di far derivare ogni opinione cattolica da una inesistente indicazione delle gerarchie ecclesiastiche.
Apprezzo (e accolgo) il sentimento di orgoglio giornalistico che traspare dall´intervento di Boffo: le opinioni di Boffo e di altri giornalisti cattolici sono certamente libere e soprattutto di loro pertinenza, e non il frutto di un´imbeccata vescovile.

Mi limito a rivendicare, specularmente, anche la spensierata indipendenza delle mie opinioni, che Boffo sembra voler includere nel novero onoratissimo, ma maliziosamente architettato, degli "editorialisti debenedettiani" e di quelli "del giornale delle Banche". Il laicismo plutocratico e borghese non è meno caricaturale, come attore politico-culturale, del clericalismo baciapile.

A parte questo, è perfettamente vero che esiste, tra i laici, un´irritabilità diffusa che spesso conduce a un eccesso di legittima difesa: come se le opinioni della Chiesa andassero a cozzare contro un edificio, quello della cultura laica, troppo fragile e insicuro per farsene serenamente una ragione. In questo senso Boffo ha ragione, anche se la mia soluzione (ridimensionare drasticamente il peso mediatico delle esternazioni vaticane: proprio come se fossimo un Paese secolarizzato) è probabilmente differente dalla sua.
Detto questo si deve però dire che se l´immagine della Chiesa, e specialmente dell´organizzazione dei vescovi italiani, negli ultimi anni è fortemente connotata in senso politico, la colpa non è solamente degli "editorialisti debenedettiani" e "del giornale delle Banche". I vescovi, che vivono nel nostro stesso Paese e nel nostro stesso groviglio mediatico, sanno benissimo che la cospicua mole delle loro parole, ammesso che riesca ad arrivare al terminale ultimo delle coscienze dei credenti, è prima destinata a prendere la forma magari sbrigativa, ma inevitabile, di notizia d´agenzia, titolo di telegiornale e di giornale. E il rosario di questi titoli, da parecchio tempo, suona come un incessante richiamo alla priorità della morale confessionale rispetto alle morali (al plurale) della società italiana, alle quali lo Stato e la politica, che sono di tutti, devono necessariamente riferirsi.
Per fare solo un esempio, certamente il più vistoso, il concetto quotidianamente ribadito di "primato della famiglia tradizionale" non può non figurare come una irriducibile presa di posizione contro qualunque tentativo di legalizzare le unioni di fatto, non per caso naufragato in Parlamento a causa dei dubbi dei cattolici di entrambi gli schieramenti. Dubbi leciti: ma in che misura aggravati e drammatizzati dalla martellante azione di persuasione dei vescovi?
Infine. Se è verissimo, come afferma il direttore di Avvenire, che la comunità dei cattolici e financo la Chiesa strettamente intesa sono ben altro, per ampiezza di esperienze e di opinioni, rispetto alla "Chiesa di carta", non è forse questo uno dei massimi problemi dei cattolici italiani di oggi? (Non dei laici: dei cattolici). Come mai – per dirne solo una – l´esperienza formidabile del cattolicesimo conciliare e del cattolicesimo sociale non genera, oggi, voci chiaramente intelligibili, almeno tanto forti quanto quelle "ufficiali"? Forse per la paura di subire "caricature mediatiche"? Ma sarebbe, almeno, una caricatura più sfaccettata, meno monocorde, quella di una Chiesa che non parla solo di morale sessuale e di dottrina da preservare dai colpi della secolarizzazione. E parla anche d´altro, e fa parlare anche gli altri che al suo interno paiono avere perduto la voce. Gli hanno levato il microfono o tacciono per sfinimento?

© Copyright Repubblica, 1° marzo 2008

I cosiddetti "altri" hanno piena voce, soprattutto su Repubblica...o forse mi sbaglio?
Caro Serra, non e' per nulla convincente. Mi pare, anzi, che Lei si sia messo sulla difensiva non riuscendo, pero', a rispondere pienamente alle obiezioni del direttore di Avvenire.
E' vero o non e' vero che sui giornali laici e laicisti si da' piu' voce all'immagine che della Chiesa si vuole dare ai lettori piuttosto che alla realta'?
Come mai per ogni frase detta dal Papa o dai vescovi ci sono cinque, dieci, mille voci contrarie?

Raffaella

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Sempre in riferimento a Repubblica non mi pare neppure credibile l'articolo lanciato oggi in prima sul supposto (da Repubblica)attacco mosso dall'ex Don Gelmini al Vaticano.
Inoltre, non mi pare la notizia venga riportato da altri quotidiani.
Alessia

gemma ha detto...

quando Papa Benedetto non parla di morale, non suscita alcun titolo nè articolo di giornale. Noi li ascoltiamo tutti i discorsi del Papa, non solo quelli che fa tanto comodo pubblicizzare
Trovata traccia del richiamo fatto all'angelus di ieri per la tutela e il rispetto dei piccoli? Viste prime pagine dedicate all'appello per la pace in Medioriente e per la liberazione del vescovo iraqeno? Qualche trafiletto, forse...Certo che se ieri avesse ribadito il rispetto della vita, non solo in riferimento alla guerra ma dal concepimento alla sua fine naturale, la chiesa di carta questa mattina sarebbe stata sicuramente più ridondante.
Laddove alcuni vedono solo ingerenza, io ci vedo anche tanta malafede
Sarà anche vero che le parole del Papa sulle convivenze civili hanno avuto un certo peso, ma se il governo avesse fatto sue altre priorità più urgenti, magari sociali, forse anche l'appello del Papa contro il precariato avrebbe avuto la stessa influenza. Non si può accusare la Chiesa di occuparsi solo di etica e di morale e poco del sociale quando anche la politica in primis non sta facendo altro .
Coi vescovi di El Salvador credo abbia ricordato nei giorni scorsi anche la figura di monsignor Romero...dico credo perchè nessuno lo ha riportato. Se avesse solo accennato a Pio IX...apriti cielo! Politi avrebbe scritto "il Sillabo II la vendetta", come minimo.

Anonimo ha detto...

No, non convince la replica di Serra, perchè ribadisce il suo auspicio: una drastica riduzione ("bavaglio")delle manifestazioie di pensiero da parte dei vescovi. E poi, i riferimenti, alla fine dell'articolo, al c.d. "cattolicesimo conciliare" (allude certo a quelle "derive" conciliari denunciate in passato da Joseph Ratzinger, e questo è un attacco a Papa Benedetto neppure troppo dissimulato) e al "cattolicesimo sociale" (o "adulto", alla Prodi?): maldestro tentativo di distinguere tra cattolici "buoni" e cattolici "meno buoni", e di minare, in ogni caso, l'unità della Chiesa.