27 febbraio 2008

Dino Boffo (Avvenire): «Ci accusate di ciò che voi inscenate». Lettera aperta a Michele Serra (Repubblica)


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«Ci accusate di ciò che voi inscenate» Lettera aperta a Michele Serra

Caro Michele Serra, l’editoriale, che ieri hai scritto sul quotidiano di Carlo De Benedetti, merita una chiosa. E non tanto per le argomentazioni che porti nello sviluppo dell’articolo, quanto per il periodo finale, là dove scrivi che «la sola certezza, in fin dei conti, è che la presenza della Chiesa (certamente quella mediatica) viene intesa ogni giorno di più come una presenza politica…».

Ineffabile – non so se te ne sia accorto – quella parentesi. Hai sentito tu stesso il bisogno di circoscrivere l’attacco, come dire: sul resto, sulla Chiesa in sé e in generale, so meno, ma sulla Chiesa di carta certo che vado giù di brutto.

Ora, illustre collega, ti rendi conto che tutto il gioco è esattamente nella sovrapposizione tra la Chiesa di carta e la Chiesa reale? E che voi, in genere, scambiate volentieri e generosamente l’una con l’altra?

Tu no, tu ieri almeno l’hai voluta distinguere, probabilmente senza renderti conto di quello che andavi a firmare. Perché vedi, la Chiesa mediatica è la Chiesa che per il 90 e rotti per cento è creata da voi. La Chiesa reale c’entra nulla con quella mediatica, anzi, ti dirò che la Chiesa reale è impotente rispetto alla Chiesa che voi proiettate sui media.

C’è forse bisogno che ti porti delle pezze d’appoggio circa il mio addebito? Stiamo al tuo giornale di ieri. E ad un episodio preciso della cronaca di questi giorni.
Le critiche di Famiglia cristiana all’innesto dei radicali nel Pd. Ora se c’è una testata d’area cattolica che spesso si è contraddistinta per autonomia di giudizio anche dal resto della comunità cristiana, questa è proprio il settimanale paolino. Il quale, sempre nella sua autonomia, ieri l’altro ha pensato bene di dire ciò che pensa circa il «pasticcio veltroniano in salsa pannelliana». Dove quel che si avverte è la profonda delusione di una testata che di preferenza ha dato legittimamente credito alle forze di centro-sinistra.

Ebbene, è bastato che per una volta Famiglia cristiana
vi dicesse una parola scomoda, avanzasse una riserva sostanziosa, perché voi – quotidiano di Carlo De Benedetti – titolaste in prima pagina: «Pd, la Chiesa all’attacco». Cioè, avete fatto sulla pelle di una rivista amica quello che comunemente fate sulla pelle di Avvenire, come di qualunque altro soggetto cattolico.


Ci considerate incapaci di un giudizio meritevole di titolarità. L’unico terminale sono sempre i vescovi. Le altre figure no, niente. Incapaci sono di un pensiero e di una posizione.

Tutto messo in capo alla Chiesa, e non alla Chiesa mistero cui ci onoriamo di appartenere, ma alla Chiesa gerarchica che noi amiamo ma della quale come laici non siamo parte. Tu capisci il colmo della involontaria ironia nella quale cadete.

Ci accusate di ciò che voi inscenate. Salvo poi, quando vi impancate ad analisti della pastorale post-conciliare, dolervi – voi, ma noi ve lo lasciamo fare – che ahi quanto si sente la mancanza di uomini come…, e giù la sfilza di quei laici giustamente rimpianti, e da me pure ritenuti modello, che nei decenni scorsi sono stati capaci (soprattutto post mortem) di guadagnare la vostra ammirazione. Ma perché quelli li fate esistere, e altri no? Perché tirate in ballo sempre e unicamente la gerarchia? Non credi che siete voi i più interessati a fare esistere quella Chiesa impicciona che io, onestamente, non incontro mai? E temo che lo facciate nella convinzione che, a forza di dirlo, qualcosa resti. Perché un laico cattolico, su un foglio cattolico, non può esprimere un libero giudizio senza ritrovarselo attribuito a un cardinale suggeritore? Ci avete tolto la cittadinanza pubblica e poi vi lamentate dell’afonia dei laici cattolici, da voi messi a tacere, e della Chiesa clericale, l’unica che sapete scorgere. Ma a chi fa comodo, caro Serra, questa Chiesa clericale?
Dobbiamo stare attenti a non rasentare il ridicolo. E non lo dico con aria beffarda, giacché ho ritenuto sempre importante quello che mi veniva dai colleghi di altra posizione culturale. Li ho sempre letti, spesso ammirati, talora in cuor mio disapprovati, ogni tanto anche pubblicamente contestati. Ma voi, sapete fare altrettanto?
Sai, approfittando di questo dialogo, vorrei per una volta dire una cosa di cui sono intimamente convinto, e per la quale davvero mi auguro che tu non ti offenda, non la dico infatti per fare male. Mi date l’impressione di essere, in realtà, non poco ignoranti su ciò che oggi siamo, come cattolici e come Chiesa italiana. E magari a voi capiterà, leggendo Paola Gaiotti o Luigi Pedrazzi e sentendovi al caldo con le loro riflessioni, di pensarvi aggiornati. Di aver con ciò pagato il vostro debito di studio e di conoscenza nei nostri riguardi. E non vi sfiora neppure lontanamente il dubbio che il cattolicesimo odierno, quello che nasce dalle parrocchie e dalle diocesi, sia altrove rispetto a ciò di cui si ciancia.
Oh, non dirmi che sono preso da un raptus di furiosa permalosità. Figurati. Sono più che sereno. Mi dà solo noia che non riusciamo a trovare un piano per dialogare da persone normali. Noi mettiamo sul tavolo la consapevolezza più grande maturata in questi anni, il riferimento antropologico, e tu che fai? Fai dell’ironia, neppure tanto alta.

Eppure, l’autore dell’articolo che tu sbeffeggi è un giurista – Francesco d’Agostino – tra i più colti e illuminati, studiato non a caso anche all’estero. In fondo, voi andate per le spicce, vi interessa solo come votiamo, e sulla base di quel che immaginate, poi costruite i vostri sermoni. Possibile che di nient’altro si possa parlare?
Ti faccio notare che in questa totale sottovalutazione dei discorsi e delle figure variamente cattoliche, delle loro professionalità e della capacità di incidere là dove operano, tu e i tuoi amici debenedettiani vi trovate talora stranamente solidali con gli editorialisti dell’altra corazzata, del giornale delle Banche. Dove non è impossibile trovare impeti di un laicismo diverso, meno conflittuale, a volte persino dolce, ma talora anche un tantino tronfio, al punto da arrivare a dire che la cittadinanza pubblica al cattolicesimo d’oggi l’hanno procurata loro, loro con alcuni cardinali. Ovvio. Della Chiesa di popolo, quella che fa corpo con i suoi vescovi tutti i giorni, nella buona e nella cattiva sorte, delle sue virtù e della sua resistenza, dei suoi laici feriali ma non irrilevanti, nulla, semplicemente non esistono. Capisci, noi non ci offendiamo, vogliamo così bene a preti, vescovi e cardinali che nulla ci turba. Stimiamo a tal punto quei luminari da perdonare certe civetterie. E però a tutto c’è un limite, anche all’indecenza.

Rispettàteci per quello che siamo, attaccateci per nome se proprio dovete, e non correte subito – proprio voi – ad appellarvi ai signori cardinali, e alla Chiesa, anche quando non c’entra. Sarà un confronto più sano, più alla pari.

Che non è che non serva anche a voi e ai vostri giornali.
Perché vedi, la mia previsione è che basterà andare ancora un altro po’ oltre il segno che anche i più ingenui e autolesionisti tra i cattolici che vi acquistano e vi fanno grandi capiranno che no, non c’è una Chiesa all’attacco, ma siete voi a immaginarvela, e con una certa ossessione.
Ti saluto cordialmente.
Dino Boffo

© Copyright Avvenire, 27 febbraio 2008

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