12 agosto 2008

Il Papa: «La comune eredità cristiana vi chiama a deporre le armi» (Mazza)


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Il Papa: "C’è un punto nel Vangelo di Marco dove egli racconta che, dopo giorni di stress, il Signore ha detto ai discepoli: "Venite con me in un luogo solitario e riposatevi un pò". E siccome la Parola di Cristo non è mai legata al solo momento in cui è pronunciata, ho applicato questo invito ai discepoli anche a me e sono venuto in questo luogo bello e tranquillo per riposare un poco" (Parole del Santo Padre alla recita dell'Angelus, Bressanone, 10 agosto 2008)

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DAL NOSTRO INVIATO A BRESSANONE

SALVATORE MAZZA

Stop «immediato» agli scontri, anche «in virtù della comune e­redità cristiana». E, con l’aiuto della «Comunità in­ternazionale » e dei «Paesi più influenti» riprendere al più presto il negoziato e il dialogo per evitare «un con­flitto di più vasta portata», e raggiungere così «una solu­zione pacifica e duratura, in favore di una convivenza a­perta e rispettosa».
Forte e accorato, e soprat­tutto inequivocabile, l’ap­pello che Benedetto XVI ha rivolto a Russia e Georgia ri­guardo al sanguinoso con­fronto in atto in Ossezia del Sud, invitando i conten­denti ad astenersi «da ulte­riori confronti e ritorsioni violente». Un invito alla pre­ghiera significativamente condiviso con i «nostri fra­telli ortodossi», ha sottoli­neato il Pontefice, a rimar­care una volta di più in mo­do implicito, dopo il riferi­mento iniziale alla «comu­ne eredità cristiana», il 'do­vere' assegnato ai cristiani di essere testimoni di pace e fratellanza. Parole, quelle del Papa, ar­rivate idealmente a sovra­stare il rumore delle armi. Ad affermare come la ragio­ne del dialogo debba prece­dere sempre la logica del conflitto. Già nel 1991, e di nuovo nel 2003, in occasio­ne dello scoppio dei due conflitti contro l’Iraq, un Pontefice – in entrambi quei casi Giovanni Paolo II – a­veva levato il suo «no» alla guerra a scontro appena i­niziato, e quando già i me­dia di tutto il mondo rilan­ciavano, come oggi, le im­magini terribili dei combat­timenti in corso. Difficile in­vece contare gli appelli alla pace, al dialogo, contro il terrorismo, lanciati in situa­zioni diverse. Solo per citar­ne alcuni: il 28 luglio del 2006 Benedetto XVI, ripar­tendo proprio come oggi da un soggiorno in montagna – dalla Valle d’Aosta – a pro­posito della situazione in Li­bano disse: «Non taciamo, facciamo il possibile per ar­rivare alle orecchie dei po­tenti », ricordando che «lo strumento principale è la preghiera» che «natural­mente è un grido non solo a Dio, ma agli uomini». Un anno dopo, nel giugno del 2007, fu da Assisi che lanciò il suo appello per il dialogo «responsabile» in Medio O­riente. E il 16 marzo di que­st’anno, all’Angelus: «Basta con le stragi, basta con le violenze, basta con l’odio in Iraq!».
Le parole di Benedetto XVI sull’Ossezia meridionale so­no arrivate, come detto, al termine della preghiera di mezzogiorno che il Pontefi­ce ha guidato da Bressano­ne, nell’ultima domenica compresa nel periodo di ri­poso trascorso nella cittadi­na altoatesina. In piazza Duomo c’erano oltre nove­mila persone – e forse altre tremila nelle vicine piazze collegate coi maxischermi – tra le quali i cardinali Achil­le Silvestrini e Angelo Scola, il ministro Giulio Tremonti e il senatore a vita Francesco Cossiga.
Prima di manifestare la pro­pria «angustia» per le noti­zie «sempre più drammati­che » provenienti dal Cau­caso, Benedetto XVI aveva dedicato la riflessione che usualmente precede la reci­ta dell’Angelus ai giovani in­contrati a Sydney per la Giornata mondiale della gioventù. Ragazze e ragaz­zi, ha detto, che non hanno avuto bisogno di ricorrere a violenze, droghe o alcool per essere allegri. Giovani certamente diversi da quan­ti, in cerca di false evasioni, «consumano esperienze degradanti che sfociano non di rado in sconvolgen­ti tragedie». Fra i saluti fina­li, uno alle comunità ladine – nella loro lingua – per in­vitarli a essere fedeli all’e­sempio del loro figlio illu­stre, quel san Giuseppe Frei­nademetz, missionario in Cina, la cui casa natale è sta­ta visitata martedì scorso da Ratzinger.
Prima dell’arrivo del Ponte­fice in piazza Duomo era stato il vescovo di Bolzano­-Bressanone, Wilhelm Egger, come già era successo il 3 a­gosto, a celebrare la Messa per i presenti. Il presule, nel parlare del soggiorno del Papa ormai giunto quasi al­l’epilogo, aveva osservato come «tante persone gli a­vrebbero voluto stringere la mano, ma il Santo Padre ha bisogno di riposo e di silen­zio, così come ne aveva il profeta Elia. Tutti noi – ave­va aggiunto – possiamo im­parare dalle parole del Pa­pa, ma anche dal silenzio del Papa. Tutti noi abbiamo bisogno di riposo e di pre­ghiera ».

© Copyright Avvenire, 12 agosto 2008

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