1 marzo 2007

Rassegna stampa del 1° marzo 2007


Benedetto XVI-Alessio II: presto un incontro in campo neutro? Prove di disgelo
di Serena Sartini

Hilarion, vescovo ortodosso di Vienna e dell'Austria, a Roma per partecipare alla Commissione mista cattolica-ortodossa, fa il punto della situazione sul dialogo fra Mosca e Vaticano e non esclude la possibilità di un incontro tra il papa e Alessio II.

L’incontro tra il papa e il patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II, potrebbe avvenire, “in campo neutro, né a Mosca né in Italia”, probabilmente entro il 2007. Il dialogo tra le due chiese procede a ritmo spedito e le prove di disgelo parlano chiaro. Hilarion Alffev, vescovo di Vienna e dell'Austria e rappresentante della chiesa russo-ortodossa di Mosca presso la Comunità Europea, è in Italia per partecipare agli incontri della Commissione mista del dialogo cattolico-ortodosso. L’arcivescovo non esclude anche una visita di Benedetto XVI a Mosca, ma “prima ci sarà un incontro ad hoc in campo neutro”.

Addirittura, “un incontro era stato già organizzato, in Austria. Tutto era pronto, ma poi è stato annullato”. Il motivo? “Non era stato preparato bene - risponde Hilarion - non c'erano posizioni comuni sulle domande fondamentali, altrimenti l'incontro si sarebbe senz'altro verificato. Ma la cosa più importante non è quando e dove si farà l'incontro, ma prepararlo nel miglior modo possibile e quali cambiamenti fondamentali potrà portare nella vita delle due chiese". L'auspicio è che i nodi si risolvano presto e che l'incontro si possa svolgere in tempi brevi, entro l'anno. "Dipende dal papa e dal patriarca e dai loro collaboratori che hanno il compito di preparare questo incontro - afferma il vescovo ortodosso - personalmente mi è difficile dire in che tempi si potrà realizzare un incontro del genere. Penso che potrà avvenire in tempi brevi se ci sarà il reciproco desiderio di venirsi incontro e se c'è una visione unitaria dei problemi". Tra le questioni pendenti spicca, in particolar modo, la situazione dei cosiddetti 'uniati' in Ucraina (i fedeli greco cattolici del Paese, chiamati spregiativamente così dagli ortodossi perché 'uniti' a Roma) e l'accusa, contestata dal Vaticano, dell'attività di proselitismo che i cattolici svolgerebbero nelle terre dell'ex Unione sovietica.

E il papa a Mosca? Si potrà realizzare il sogno infranto di Giovanni Paolo II di fare tappa nella terza Roma? "Più volte Alessio II ha detto che è possibile la visita del papa in Russia - osserva Hilarion - e anche che è possibile un incontro del papa e di Alessio II in campo neutro. È importante però che questa visita sia ben preparata, affinchè non diventi solo una visita di protocollo, ma segni un cambiamento, un'evoluzione nei rapporti tra Chiesa cattolica di Roma e Chiesa ortodossa".

Si può parlare di tempi non lunghi? "Mi è difficile parlare a nome di Benedetto XVI. Sono però testimone - risponde - del fatto che i rapporti stanno migliorando, la cosa è evidente e per questo aumenta la speranza per il fatto che si compiono quei movimenti necessari tra Chiesa russa e Vaticano. Movimenti che renderanno possibile l'incontro tra Alessio II e il papa e quindi uno scambio di visite ufficiali". Sarà più facile dunque vedere Benedetto XVI a Mosca o Alessio II in Vaticano? "Questa è una domanda difficile", sorride Hilarion.

In merito ai rapporti tra Santa Sede e Russia, il vescovo Hilarion sottolinea che "stanno subendo un'accelerazione con Benedetto XVI" e "c'è un miglioramento nelle relazioni" con la Chiesa ortodossa russa. Penso di poter dire che in questo momento c'è un miglioramento nei rapporti - sottolinea - ci sono visite più frequenti, contatti culturali, ed è diventato più intenso il dialogo su quei problemi che ancora dividono Mosca e Vaticano. Stiamo percorrendo la via giusta".

E proprio su questa scia, la visita del presidente russo Vladimir Putin, il 13 marzo, potrà contribuire a rafforzare il legame. Ancora incerto, tuttavia, se il presidente porterà o meno l'invito per il papa in Russia. "Non ho informazioni che mi possano far dire che ci sarà un invito da parte di Putin - risponde il vescovo ortodosso - se ci sarà un invito del genere senz'altro sarà stato fatto col consenso dello Stato e della Chiesa russa", e dunque anche con il placet di Alessio. "Il papa, infatti, è capo di uno Stato oltre che della Chiesa. Per cui tutte le sue visite - prosegue – hanno sia un valore politico che religioso e c'è bisogno di un invito doppio: dalle autorità laiche e di quelle religiose". Quali, infine, i prossimi passi per proseguire sulla strada del ravvicinamento? "Ci sono in agenda molti incontri - risponde il vescovo ortodosso - il dialogo teologico continua sempre forte e anche numerose attività culturale". E l'incontro di Ravenna ad ottobre per la Commissione mista potrebbe rappresentare un ulteriore passo in avanti? "Sì, ci dovrebbe essere il papa, il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I e io come rappresentante ufficiale della Chiesa ortodossa russa".

Korazym, 1° marzo 2007

Vedi anche il post di ieri


Convegno in Vaticano

“Ma non distorcete Gesù”
I biblisti rettificano le letture di Dan Brown e Augias
Annunciato un libro del Papa


GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO
La vera vicenda di Gesù contro i bestseller che ne offrono una «lettura distorta». Al Vicariato si sono dati appuntamento alcuni tra i più autorevoli biblisti per «riportare alla storia» la figura di Cristo, distorta, secondo la Chiesa, dal Codice da Vinci di Dan Brown e dall’Inchiesta su Gesù di Corrado Augias e Mauro Pesce. Nella gremitissima aula della Conciliazione, monsignor Romano Penna, insigne cattedratico dell’Università Lateranense, ha tracciato il profilo dell’«ebreo di Galilea» attraverso le testimonianze di Tacito, Plinio, Svetonio, Flavio Giuseppe e dei primi scrittori cristiani Paolo e Giovanni.
«Come Socrate, il Nazareno non ha scritto nulla, quindi arriva a noi solo attraverso le testimonianze», spiega Penna. Falsità e manipolazioni, perciò, sono da sempre in agguato. «Il fantasy di Dan Brown è un’operazione commerciale truffaldina e banale, mentre Pesce e Augias fanno l’errore di limitare Gesù all’ebraismo trasformando il cristianesimo in un’invenzione dei suoi discepoli», puntualizza monsignor Sergio Lanza, responsabile a Roma del «Progetto culturale» promosso dal cardinale vicario Camillo Ruini. La tesi da confutare è che siano esistiti, all’inizio, non uno ma diversi cristianesimi. Una delle sue versioni si sarebbe imposta come ortodossia, relegando le altre al rango di eresie e cancellandone il ricordo.
Ma il ciclone Dan Brown non è passato invano, osserva il predicatore della Casa pontificia padre Raniero Cantalamessa, sulla sua scia fioriscono nuovi studi sulla figura di Gesù con l’intenzione di svelarne il vero volto ricoperto finora sotto la coltre dell’ortodossia ecclesiastica. Cercherà di riportare la questione nei «giusti confini» un libro che uscirà in primavera. Titolo Gesù di Nazareth. Dal battesimo nel Giordano alla trasfigurazione. L’autore è Benedetto XVI.

La Stampa, 1° marzo 2007



IL LIBRO E LA DOTTRINA

Best seller religiosi, "condanna" vaticana
"Codice da Vinci poco serio, l´Inchiesta su Gesù non tiene conto della fede"

Ieri a Roma la conferenza storico-religiosa voluta dal cardinale Ruini
Obiettivo: "Nessuna polemica, difendiamo la parola del Vangelo"
Le "prove": brani storici di Tacito, Svetonio, Plinio e poi i racconti apostolici


ORAZIO LA ROCCA

CITTÀ DEL VATICANO - Nessun rogo per quei libri «scomodi» che trattano Gesù come un «semplice» uomo, privo di quell´alone di sacralità tramandataci da oltre due mila anni dalla tradizione cristiana. Nessun rogo, ma solo «confronto, approfondimento, difesa delle fonti storiche evangeliche che parlano di Cristo come di vero Dio e vero uomo». Questa, in estrema sintesi, la diplomatica "sentenza" emessa ieri sera dal simbolico tribunale ecclesiastico, nell´aula della Conciliazione del Palazzo del Laterano, alla conferenza su "Ritratti originali di Gesù, il Cristo" organizzata nell´ambito del Progetto Culturale promosso dal cardinale vicario Camillo Ruini. Un incontro di studio sulle «autentiche radici di Cristo e del cristianesimo», presentato da un comunicato ufficiale del Vicariato come una sostanziale risposta alle «storture» cristologiche contenute in due best seller, Il Codice da Vinci di Dan Brown e Inchiesta su Gesù scritto a quattro mani dal giornalista Corrado Augias - presente ieri sera nell´aula della Conciliazione - e dallo storico Mauro Pesce.
«Non vogliamo polemizzare, ma solo riflettere, interrogarci e approfondire la nostra conoscenza delle radici cristiane, partendo anche dal dibattito suscitato dalle approssimazioni emerse da alcune opere recenti», ha esordito monsignor Sergio Lanza, docente alla Pontificia università Lateranense. «Se poi queste opere contrastano con le nostre convinzioni è ancora meglio, perché - secondo il monsignore - ci costringono a ragionare ancora di più. Ma parliamo di opere serie, e non di libri come Il Codice da Vinci che opera seria non è». Più pacato il giudizio su Inchiesta su Gesù. Sia Lanza che il relatore, lo storico del Cristianesimo Antico monsignor Romano Penna, hanno dato atto ai due autori di aver fatto «comunque» un «indubbio sforzo di ricerca e di approfondimento col quale è giusto confrontarsi». Ed infatti, nella sua esposizione Penna ha illustrato le fonti storiche della vita di Gesù, attingendo sia dai quattro Vangeli canonici, che da quelli apocrifi, facendo anche riferimento alle fonti ebraiche. E come «prove» ha citato brani di storici come Tacito, Plinio, Svetonio, Giuseppe Flavio, partendo ovviamente dalle testimonianze di chi visse con Gesù, gli apostoli, di chi lo vide morire sulla croce e risorgere. «L´originaria molteplicità dei ritratti storici di Gesù - è il ragionamento di Penna - mette in luce quanto la sua statura personale superi le nostre comuni comprensioni umane e richiede un´onesta disponibilità al suo mistero». Senza questa «disponibilità non si può conoscere a fondo Gesù». E sta proprio qui, fa capire il docente, l´aspetto meno convincente dell´Inchiesta di Augias-Pesce.

Repubblica, 1° marzo 2007



LA POLEMICA

Ieri in Laterano il convegno su Dan Brown e Augias
"Io, processato dalla Chiesa per il mio libro su Gesù"

CORRADO AUGIAS

Ho assistito nei sontuosi palazzi lateranensi al "processo" contro i libri che pretendono di esaminare la figura di Gesù fuori dall´ortodossia della Chiesa: imputati impliciti o dichiarati Il Codice da Vinci e l´Inchiesta su Gesù che ho scritto con Mauro Pesce. Naturalmente non è stato un processo vero e proprio, ma una reprimenda. Affidata alla grande dottrina di monsignor Romano Penna che credo di poter così condensare: non si può parlare di Gesù senza misurarsi con le fonti.
Queste fonti sono al 99 per cento scritti di fede; ergo non si può parlare di Gesù senza la fede. Più volte, nel corso di questi mesi, ho sentito ripetere la tesi che non si può capire Gesù se si prescinde dalla fede, cioè valutandolo solo in base ai documenti e alla storia.
La mia idea è opposta: ritengo che Gesù si capisca molto meglio proprio se si prescinde dalla "fede" ovvero dalla teologia che nel corso dei secoli è stata costruita su di lui fin quasi a nasconderlo sotto un pesante mantello. La costruzione di una dottrina ha richiesto lo sforzo immane di rendere coerente ogni dettaglio della sua esistenza, anche nei periodi meno documentati.
La dottrina è complicata, ma Gesù è semplice. Egli parlava agli umili, per la gran parte poveri contadini analfabeti, il suo messaggio era diretto, le sue metafore prese dalla vita dei campi, dal succedersi delle stagioni. Si prova un profondo sollievo quando si esce dai fumi della teologia per avvicinarsi direttamente a lui. L´approccio di tipo storico è del resto giustificato dalla straordinaria riscoperta, negli ultimi sessanta anni, di molti documenti ebraici e cristiani antichi. Anche i vangeli canonici, letti alla luce di questa nuova documentazione, acquistano un senso diverso. Opporre la ricerca storica alla fede, renderle per così dire, nemiche, non è un giusto. Ha scritto il professor Pesce: «La ricerca storica non dipende né dalla fede, né dalla non-fede. Non impedisce di credere e non costringe a credere. E´ una cosa diversa. Negare una conoscenza razionale indipendente dalle fedi, significa condannare la nostra società a una radicalizzazione dello scontro tra credenti e non credenti o tra credenti di fedi diverse». Trovo appropriate queste parole del professor Norelli (Università di Ginevra): «La conoscenza storica ha le sue regole. Una di esse è che non è lecito allo storico pronunziarsi sulla realtà di Dio e sulla sua azione nella storia».
Un´altra accusa che mi è stata rivolta più volte è di aver insinuato la possibilità di rapporti omosessuali nella cerchia intorno a Gesù. Io ho fatto solo domande su un tema da qualche tempo ipotizzato. Il professor Pesce ha risposto che le voci sono infondate. Era mio dovere di cronista fare anche domande scomode. Insistere sull´argomento rivela a mio parere la difficoltà di trovare obiezioni più fondate. Ma la cosa che forse ha offeso di più il professor Pesce e me è averci accomunato nel biasimo a Dan Brown. Il suo libro è un romanzo, a mio parere mediocre. Il nostro è stato un tentativo di ritrovare in Gesù un affascinante connotato umano che spesso proprio la teologia gli ha sottratto.

Repubblica, 1° marzo 2007

Caro Augias, ha letto l'enciclica "Deus caritas est"?
Le consiglio la lettura per verificare che il teologo Ratzinger insiste molto sul "lato umano" di Cristo.
Egli e' una persona, non un'idea o un superuomo.
Ecco un passaggio: "Abbiamo creduto all'amore di Dio — così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. Nel suo Vangelo Giovanni aveva espresso quest'avvenimento con le seguenti parole: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui ... abbia la vita eterna » (3, 16)".




A «Famiglia Cristiana» l’ala sinistra contesta poi ubbidisce alla Chiesa

di Andrea Tornielli

Miracoli dell’era Ratzinger. Famiglia Cristiana, il settimanale cattolico dei paolini, si ricompatta e rientra la protesta dei giornalisti di sinistra che contestavano il «conformismo ecclesiastico facile e grigio» della rivista, auspicando un giornale «meno acritico» verso le posizioni ufficiali della Chiesa. All’assemblea che si è svolta ieri pomeriggio a Milano è stato votato all’unanimità un comunicato nel quale si smentiscono i proclami di rivolta fatti filtrare nei giorni scorsi e si manifesta piena sintonia con la linea editoriale della direzione e dell’editore. Una linea che negli ultimi tempi, grazie anche al ricambio generazionale ai vertici della congregazione religiosa (va ricordato che i paolini, per volontà del fondatore, il beato Giacomo Alberione, fanno anche voto di fedeltà al Papa) ha riportato la barra al centro dopo la bufera degli anni Novanta, culminata con il «commissariamento» del gruppo da parte della Santa Sede.

In vent’anni Famiglia Cristiana ha perso quasi un milione di copie, è passata dalla diffusione prioritaria nelle parrocchie alla vendita in edicola, ha spesso sposato posizioni progressiste in campo teologico e morale, guardando con sospetto - al tempo stesso - la devozione popolare e il sorgere dei nuovi movimenti ecclesiali. Scelte che l’hanno allontanata dal suo pubblico tradizionale. Negli ultimi anni qualcosa è cambiato. E proprio le più recenti prese di posizione del settimanale cattolico, come quelle espresse riguardo ai «Dico» (la copertina dal titolo «Meno Dico più famiglia») ma anche ad eventi ecclesiali, hanno provocato il mal di pancia a quei giornalisti col cuore che batte a sinistra. Così, nei giorni scorsi, il Comitato di redazione di Famiglia Cristiana ha diffuso un documento non firmato e di autore ignoto, che doveva servire da base per la discussione, chiedendo a chi voleva di sottoscriverlo. Gli estensori del testo, rimpiangendo la direzione di don Leonardo Zega, conclusasi nel 1999 e durata 19 anni, hanno contestato i «troppi temi, personaggi, riferimenti di natura ecclesiale», auspicando il ritorno a un giornalismo che separa fatti dalle opinioni. Come se le posizioni del Papa, della Santa Sede e della Conferenza episcopale fossero «opinioni» da discutere e magari confutare in una rivista che si fregia del titolo di «cristiana» ed è di proprietà di una congregazione religiosa.

Il documento si è rivelato un boomerang. All’assemblea di ieri il Comitato di redazione ne ha minimizzato la portata e non sono emersi neanche i nomi degli ispiratori e dei firmatari (una decina o quindici su poco più di trenta giornalisti laici). Questo non significa, ovviamente, che il dissenso interno nei confronti della linea più «centrista» della direzione, sia scomparso. Ciò che è accaduto in questi giorni, con le divisioni interne messe in piazza e la rivolta dei giornalisti che non vogliono essere «il megafono della Chiesa», ha però provocato una reazione per certi versi inaspettata e che sta a indicare il superamento di un’epoca: i redattori più moderati e gli stessi editori religiosi hanno di fatto messo in minoranza i dissidenti, deprecando le strumentalizzazioni. L’assemblea ha confermato la piena sintonia con la direzione di don Antonio Sciortino. Ha scritto Vittorio Messori nel suo Emporio cattolico (Sugarco): «Il giornalismo cattolico è - per sua origine e natura - di opinione. Ma se proprio l’“opinione” si intiepidisce, se si fa talmente debole e incerta da non potere essere subito riconosciuta come diversa da quella del “mondo”, anche i media che la veicolano diventano irrilevanti».

Il giornale, 1° marzo 2007

Mi viene da fare una battuta a proposito di quei giornalisti "dissidenti": siamo di fronte, ancora una volta, a persone conformiste che si credono anticonformiste :-)

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