20 gennaio 2008

Card. Bagnasco: "Non cerchiamo la prova di forza" (Politi per "Repubblica")


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L'INTERVISTA. Il cardinale Bagnasco, presidente della Cei: l'Italia ha bisogno di serenità per affrontare i problemi veri

"Non cerchiamo la prova di forza lo stop al Papa è acqua passata"

di MARCO POLITI

ROMA - "Nessuna prova di forza. La Chiesa non ha intenzione di darne". E per essere ancora più chiari, l'episodio della Sapienza "è chiuso". E tuttavia c'è da riflettere sull'intolleranza dimostrata verso la Chiesa.
Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale, fuga subito le preoccupazioni che l'Angelus di questa mattina possa essere interpretato come la strategia di una Chiesa, che vuole esibire i muscoli e trasformare quello che alcuni hanno cominciato a chiamare il "Pope-Day" in un'arma politica. Certo le strumentalizzazioni non mancheranno, sono fisiologiche all'esistenza di una democrazia e ai confronti e scontri che si sviluppano nell'arena politica.
Ma dall'intervista concessa a Repubblica appare chiaro che la presidenza della Cei non intende incarnare una linea del genere.
Il giorno nero della rinuncia di Benedetto XVI a recarsi alla Sapienza va archiviato e la Chiesa è intenzionata a porsi sulla scena con "serenità e rispetto" di tutte le posizioni senza rinunciare ad esprimere con chiarezza le proprie.
Fin da subito il porporato, che dal marzo scorso è subentrato al cardinale Ruini alla guida della Cei, ha sottolineato che al Paese non servono contrapposizioni e che la vicenda, pur nell'amarezza provocata, era superata. E il presidente della Conferenza episcopale in questo colloquio lo riconferma.

Cardinale Bagnasco, per la Chiesa l'episodio della Sapienza è davvero superato completamente oppure lascerà degli strascichi?

"Il triste episodio in sè è chiuso ed è stato l'occasione di una eco ancor più grande e di un interesse cordialissimo verso il Papa e il suo discorso, addirittura superando i confini dell'Italia".

Che conseguenze ne ha tratto?

"Si è reso evidente un atteggiamento di chiusura preconcetta ed intollerante da parte di una minoranza rispetto alla Chiesa e rispetto a chiunque non è allineato con una tale posizione pregiudiziale".

La vicenda ha qualcosa da segnalare sulle relazioni tra Chiesa e società nell'Italia di oggi?

"I rapporti tra la Chiesa e la società in Italia restano comunque positivi e profondi. Basterebbe ricordare il grande affetto che la gente mostra nei confronti dei sacerdoti all'interno delle parrocchie. Oppure pensare alla stima di cui sono circondati i vescovi e ancora aver presente il grande calore che sempre si crea attorno alla persona del Santo Padre".

Quindi si sente tranquillo?

"La verità è che le parrocchie, gli istituti religiosi, i centri della Caritas, le scuole cattoliche, insomma le diverse realtà ecclesiali costituiscono sul territorio dei luoghi di riferimento per tutti. Per chi conosce la realtà essi rappresentano un punto di coagulo all'interno di una società sempre più frammentata".

Tutto è partito da sessantasette firme ad una lettera, che poi sono salite a settecento, e poi si sono messe in moto proteste studentesche, annunci di contestazioni, di cortei. Non crede che sull'episodio, nato piccolo, si sia scaricato un disagio riguardante la percezione di crescenti interferenze ecclesiastiche su diversi aspetti della nostra legislazione?

"C'è un clima sovraeccitato da un po' di tempo, di cui io stesso personalmente ho fatto le spese, ma la Chiesa continua a svolgere la propria missione con serenità, rispetto e chiarezza. La missione della Chiesa è l'annuncio di Gesù e del suo Vangelo, nonché la difesa e la promozione della persona umana in tutti i suoi aspetti personali e sociali".

Che fare per ristabilire un clima di dialogo e come impostare su binari normali, come è stato chiesto da più parti, anche il confronto di posizioni diverse?

"La Chiesa continua ad avere fiducia nella ragionevolezza e confida nella forza del dialogo, che richiede come presupposti indispensabili la stima reciproca, il riconoscimento del bene e della verità, il desiderio di comprendersi, in vista del bene autentico dell'uomo e di quello della società".

E' stato detto nei giorni scorsi che deve esserci anche spazio per il dissenso. Ritiene legittimo l'esprimersi di posizioni critiche?

"La libertà di opinione è un dato acquisito per tutti, per ogni persona. Il diritto di dissenso e di critica, peraltro, deve sempre accompagnarsi all'assoluto rispetto per la dignità dell'altro. Senza offese e schiamazzi che impediscano la libera circolazione delle idee. E in ogni caso non impedire mai l'espressione civile delle proprie ed altrui opinioni".

Si è molto parlato in questa settimana di laicità. Lei come la definirebbe?

"Per una vera laicità basta che non ci siano pregiudizi di tipo ideologico o settario e che ci sia la disponibilità da parte di tutti di considerare tutte le diverse forme di ragionevolezza, non solo la razionalità scientifica e tecnologica, ma anche quella razionalità più ampia che si pone il problema del significato della vita e della morte, nonché il criterio etico del bene e del male".

Eminenza è diffuso il timore che la partecipazione sollecitata all'Angelus di oggi possa trasformarsi in una sorta di dimostrazione politica, una specie di prova della propria forza da parte della gerarchia ecclesiastica.

"Non è intenzione della Chiesa dare alcuna prova di forza. Non credo proprio che si possa trasformare piazza San Pietro in qualcosa di diverso da quello che è: un colonnato stupendo che abbraccia tutti e lascia aperto lo sguardo verso l'alto".

Le preoccupazioni non sono solo di parte laica. Un sociologo cattolico come Franco Garelli invita la Chiesa a non cedere alla tentazione di appoggiare per reazione una parte politica del sistema italiano.

"Grazie per l'invito, ma non c'è bisogno. Perché la Chiesa è al di fuori delle parti in quanto le stanno a cuore unicamente i valori autentici che riguardano il bene di tutti e di ciascuno".

Lei ha detto, all'indomani dell'annuncio che il Papa non sarebbe andato alla Sapienza, che l'Italia non ha bisogno di contrapposizioni.

"Nessun Paese ha bisogno di contrapposizioni, soprattutto quando nascono dal niente o dai pregiudizi di qualcuno. E' quindi interesse di tutte le persone oneste contribuire alla serenità e al progresso spirituale, morale e quindi sociale del Paese. Anche per evitare che la polemica continua finisca per far dimenticare i veri problemi della gente".

L'intervento del Papa, alla fine, forse è stato persino più letto dopo la contestazione di quanto sarebbe successo se lo avesse pronunciato. C'è un brano che l'ha colpita maggiormente?

"Credo che il cuore dello stupendo discorso papale sia proprio quello in cui Benedetto XVI mette in guardia da un pericolo dal quale tutti insieme, credenti e non credenti, dovremmo guardarci: "Il pericolo del mondo occidentale è oggi che l'uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e del suo potere, si arrenda davanti alla questione della verità. E ciò significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si piega davanti alla pressione degli interessi e alla attrattiva dell'utilità". Questo sì che è un pericolo dal quale bisognerà difendersi tutti insieme".

© Copyright Repubblica, 20 gennaio 2008, consultabile online anche qui

1 commento:

Anonimo ha detto...

Meno male che Politi ricorda che i 67 erano diventati 700, perchè ormai, sempre su Repubblica, Diamanti minimizza esibendo percentuali e statistiche. Comunque, oggi Chiaberge se la prende con Pera che deve relazionare nella cerimonia per Pannunzio, chiedendosi quali titoli abbia. Dopo tre secoli di dominio è duro ammettere che i "reazionari" non sono tutti analfabeti.Buona domenica, Eufemia.