19 gennaio 2008

Vian: l'Angelus di domani sarà espressione di un moto del cuore e insieme della ragione. No alle strumentalizzazioni (Osservatore Romano)


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Cuore e ragione

La preghiera domenicale dell'Angelus con Benedetto XVI sarà come sempre? Sì e no. Sì, perché come ogni settimana in piazza San Pietro donne, uomini, fedeli o no, romani o pellegrini, si riuniranno numerosi per ascoltare le parole del Papa e per pregare con lui.
Ma anche no, perché questa volta all'appuntamento si aggiunge un significato speciale dopo le vicende che hanno portato alla mancata visita del vescovo di Roma alla Sapienza, la più antica università della città, fondata da un suo predecessore e per oltre mezzo millennio università papale.
All'ascolto di quanto dirà Benedetto XVI, e all'antichissima preghiera rivolta a Maria che segna lo scorrere del giorno nella tradizione cristiana, parteciperà per questo motivo - non è difficile prevederlo - un numero molto più grande di persone: per esprimere in questo modo "un gesto di affetto e di serenità" che vuole bilanciare la tristezza seguita a quanto è accaduto.
Per questo il cardinale vicario Camillo Ruini ha invitato a essere a San Pietro, spiegando al nostro giornale che l'incontro sarà soltanto una partecipazione alla preghiera dell'Angelus.

Ben al di sopra quindi di ogni lettura dell'avvenimento che non rispetti, strumentalizzando, il suo senso religioso e di vicinanza a Benedetto XVI: per mostrargli che non è solo, ma che con lui c'è un popolo i cui confini sono conosciuti solo da Dio.

Questo Angelus insieme al Papa sarà espressione di un moto del cuore e insieme della ragione. In questo senso, un gesto laico e di libertà - come ha accennato in un'intervista anche il ministro degli Esteri italiano - in quanto mosso da quel principio che può e deve unire credenti e non credenti: la ragione, diversa ma non opposta al cuore.

La relazione tra cuore e ragione non a caso è al centro del discorso che Benedetto XVI avrebbe tenuto alla Sapienza.

Un discorso inevitabilmente oscurato dalle sconcertanti vicende che lo hanno accompagnato ma che merita, eccome, di essere letto, meditato e discusso. Un discorso, ancora una volta, profondamente laico, sul rapporto tra autorità religiosa e mondo profano, che fa appello alla ragionevolezza.

Rifacendosi a sant'Agostino che ragiona sul profeta Isaia e a san Tommaso sull'autonomia della filosofia e sulla responsabilità della ragione; cioè a grandi figure della tradizione cristiana, certo, ma anche a pensatori laici, come John Rawls e Jürgen Habermas.
E non vuole imporre la fede Benedetto XVI, ma proporla, con mite fermezza, come sta facendo sin dal primo giorno del suo servizio come vescovo di Roma. E come avevano fatto Paolo VI - chiudendo il Vaticano II e durante tutto il suo pontificato - e poi Giovanni Paolo II nella sua incessante predicazione planetaria, ripetendo senza stancarsi: uomini del nostro tempo, ascoltateci, dateci fiducia, non chiudetevi, non abbiate paura di Cristo. Quasi a dire: anche noi siamo ragionevoli e liberi, e dunque, non chiudete la vostra laicità, la vostra ragione a Dio, al Logos - principio razionale che ha creato e regge l'universo - che bussa alla porta di ogni donna e di ogni uomo. E dunque al cuore, che tuttavia non è lontano dalla ragione.

g.m.v.

(©L'Osservatore Romano - 20 gennaio 2008)

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