6 febbraio 2008

Secondo Aldo Schiavone (Repubblica) ci sarebbe il pericolo di un'ondata neoguelfa. Io orgogliosa di fare parte della categoria :-)


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Il pericolo dell´ondata neoguelfa

ALDO SCHIAVONE

Un´onda "neoguelfa" – lunga, persistente, di fondo – sta scuotendo il Paese. Non trovo di meglio che questo aggettivo di sapore risorgimentale (ma la parola originaria arriva dal cuore tedesco e italiano dell´Europa fra dodicesimo e quattordicesimo secolo) per descrivere un atteggiamento culturale e politico che da qualche tempo si sta proponendo come uno dei poli del nostro dibattito pubblico. Un compatto movimento di idee che tende ad attribuire alla figura del Papa l´esercizio di una specie di protettorato "super partes" nei confronti dell´intera vita civile italiana, fino a fare del magistero della Chiesa il custode più alto della stessa unità morale della nazione.
È un pensiero forte e invasivo, che si riflette in mille segni e iniziative che stanno riempiendo le nostre cronache: il Foglio e le sue campagne ne sono diventati ormai il simbolo e la bandiera, capaci di mescolare con raffinata sapienza snobismo intellettuale e populismo mediatico (Giuliano Ferrara ha così completato il suo percorso, concluso per ora in una sorta di formula trinitaria, efficace ma non senza contraddizioni: Berlusconi in Italia, l´America nel mondo, il Papa su tutto – il Papa, si badi, non Dio, che vorrebbe dire ben altra cosa).
Aver scomodato un nome che viene addirittura dal nostro passato medievale, per definire l´orientamento cui mi sto riferendo, aiuta a capire come non vi sia niente di davvero nuovo nel suo nocciolo concettuale. Siamo invece di fronte al ripetersi di un´antica tentazione della storia politica e intellettuale italiana: quella del neoguelfismo come attitudine nazionale, definitivamente fissata con la Controriforma negli infelici esordi della nostra dimezzata modernità – quando a noi toccò la parrocchia, mentre gli altri, in Europa, costruivano gli Stati. «Non si può tenere stati secondo coscienza, perché (…) tutti sono violenti (…) e da questa regola non eccettuo (…) e manco è preti, la violenza de´ quali è doppia, perché ci sforzano con le arme temporale e con le spirituale», così Guicciardini, nei Ricordi, intorno al 1528: la Francia ci aveva già invaso, e meno di venti anni dopo sarebbe iniziato il concilio di Trento.
Questa inclinazione a sottomettere il Paese al sentimento religioso storicamente dominante ha però sempre nascosto dentro di sé – nella sua lunga durata – un elemento oscuro, un radicato vissuto di inferiorità e di impotenza: la percezione che L´Italia fosse troppo fragile e debole per farcela da sola, e che ci fosse un insopprimibile bisogno di consegnarla nelle mani di una potenza più grande, più efficace e più solida di quanto apparissero le sue istituzioni e la sua vocazione civile: la forza universale del cattolicesimo e degli apparati che su di esso si fondano. Si è determinato così una specie di riflesso condizionato, che riaffiora nei momenti di crisi e di sconnessione. Esso spinge a rinunciare allo Stato, e ad affidarsi alla comunità dei fedeli (oggi irrobustita dall´apporto degli atei devoti). È il segno di una patologia, non ne è il rimedio: dobbiamo saperla curare, non abbandonarci a lei.
Il nome dell´Italia sembra ormai impronunciabile, se non accompagnato dall´evocazione del suo declino. Fra i molti – veri o presunti – degradi, quello della nostra cultura politica e della nostra etica pubblica sono certo i più visibili e pericolosi. Ed è nel vuoto lasciato aperto da queste ferite che trova spazio la suggestione neoguelfa: se lo Stato si dissolve nelle sue inadempienze, se il Parlamento diventa un´arena, se i partiti si decompongono nella mancanza di progetti e di idealità, se la misura della moralità si identifica con l´interesse privato o con il capriccio soggettivo, si metta fin dove possibile al loro posto la Chiesa e la sua dottrina: l´assemblea dei vescovi sarà comunque migliore delle riunioni di qualunque sgangherata maggioranza di governo.
Ora il problema è di riuscire a capire e a spiegare come in questa scelta non è sbagliata tanto la preferenza in sé – e che quindi sia meglio anteporre Veltroni a Ruini, o Bobbio a Ratzinger, oppure il Consiglio dei ministri alla Cei – , no; è sbagliata l´idea stessa che sia comunque possibile, oggi, nelle condizioni date, una supplenza, una sostituzione (totale o parziale, esplicita o nascosta) della Chiesa e del suo magistero nei confronti dello Stato e del dibattito etico di una società complessa; che una religione – quale che sia, anche una religione di verità – possa occupare il posto della politica e del suo discorso, e mettere la sfera pubblica sotto tutela. Ci sarebbe, in una simile scelta, un attitudine così radicalmente antimoderna (attenzione: non di critica ad alcuni aspetti, anche fondamentali, della modernità, che è sempre benvenuta, ma di contrapposizione disperata e radicale con essa), da renderla fallimentare e improponibile. E non è un caso se anche la Democrazia cristiana, negli anni del suo fulgore, ha evitato sempre di farla propria, decidendo di essere fino in fondo un partito politico, e non una congregazione di devoti.
Non sarà la Chiesa a salvare l´Italia, mettendola sotto la sua protezione. L´Italia si salverà da sola, se ne sarà capace, rigenerando la sua cultura politica e ricostruendo la sua etica pubblica. Ma la Chiesa potrebbe contribuire a rovinarla, se, nella pretesa di sostituirsi allo Stato approfittando della sua inconcludenza, volesse trasformarsi a sua volta in soggetto politico, in parte impropriamente opposta a un´altra parte, come accade appunto nelle cose politiche.
C´è tuttavia una ragionevole speranza che – a dispetto delle molte sollecitazioni – questa strada non verrà intrapresa. Tutto il Cristianesimo moderno si è formato nella separazione fra quel che è di Cesare e quel che è di Dio. Oggi per la Chiesa, per ogni credente, c´è più che mai bisogno di definire ancor meglio questi confini capitali, di proiettarli con convinzione su nuovi territori, non di confonderli o di cancellarli. È distinguendo, non oscurando, che la parola di Dio rigenera la sua forza. Questo vale anche per l´Italia, anche per noi, per quanto incerti si possa apparire. Il nostro smarrimento chiede rispetto, non tutori. Perché dopotutto non siamo indifesi, e, soprattutto, siamo diventati moderni.

© Copyright Repubblica, 5 febbraio 2008

Caro Schiavone, perche' tanto timore di confrontarsi con la Chiesa ed i suoi fedeli?
Il Suo, mi dispiace dirlo, e' un ragionamento vecchio, che non tiene conto delle nuove istanze, dei valori e della razionalita' di certe posizioni moderne di coloro che Lei chiama "neoguelfi".
Di fronte ai nuovi temi etici che ci interrogano si risponde solo con i lamenti: la Chiesa non deve fare questo, non deve intervenire su quello, il Papa non e' Dio (che scoperta!).
Sono tante le istanze interessanti ed appassionanti che (noi) guelfi vogliamo approfondire: quando inizia la vita? Si puo' rianimare un feto che respira? Che cosa intendiamo per famiglia? Qual e' il limite fra cura necessaria ed accanimento terapeutico? E' lecito affermare che, nel caso di gravidanza, conta sempre la madre e mai il bambino?
Non c'e' una risposta univoca a queste domande, ma la posizione della Chiesa, non solo e' in linea con il dettato evangelico, ma, a mio avviso, e' anche la piu' logica.
La vita inizia dal concepimento.
Questa e' un'affermazione razionale: se noi permettiamo al feto di svilupparsi diventa un essere umano, un uomo o una donna. Perche' la vita dovrebbe iniziare alla dodicesima settimana? Che prove si portano per tenere in piedi questo ragionamento?
La formazione del cervello? Va bene ma l'embrione ha "in fieri" la capacita' di sviluppare cellule celebrali.
E' giusto rianimare un feto che respira? Ma e' chiaro anche sulla base del diritto civile.
A queste domande come risponde il mondo laico o forse e' meglio dire laicista?
Mi pare che ci sia un atteggiamento di difesa che si limita ad affermare che la Chiesa dovrebbe tacere. E perche'? Sulla base di quale argomento logico? In nome di quale razionalita' il Papa non e' potuto andare alla Sapienza?
Sono queste le domande che cercano ancora una risposta da parte di certi ambienti laici o laicisti.
Lamentarsi non serve a molto...

Raffaella

7 commenti:

Luisa ha detto...

A me di questo articolo piace sopratutto la conclusione, "...e sopratutto siamo diventati moderni".
Tutto l`articolo parla di un`Italia in perdizione,che si sta disfando, che è vulnerabile, debole, fargile, in crisi.....dove è la modernità?

È colpa della Chiesa, se il suo Magistero è costante, se la sua preoccupazione per l`umanità è costante e fondamentale? Che cosa vorreste? Che per colmare e calmare le ferite provocate alla società italiana dalla sua classe politica e da altre fonti laiche e laiciste, la Chiesa tacesse, vorreste obbligare la Chiesa al silenzio?
Credete che la Chiesa stia oscurando o, forse meglio, mettendo troppo in luce il triste spettacolo di chi sembra aver perso la bussola del bene e del giusto?
Vorreste non dover conto a nessuno ? Nemmeno alle coscienze degli italiani che si stanno svegliando?
Dov`è il problema? In una Chiesa che da sempre tiene lo stesso messaggio, parla alle coscienze dei cattolici e di chi vuole ascoltarla, o in chi si rende conto che la società va male, che il pensiero dominante con il suo conformismo non è riuscito a rispondere ai bisogni elementari della gente, e ancor meno a procurargli felicità e serenita?
Occupatevi dei vostri problemi che sono effettivamente enormi ma non fate della Chiesa il capo espiatorio delle vostre colpe e responsabilità.
Posizionarsi in vittime della Chiesa non aiuterà certo i soli e veri responsbili della grave crisi dell`Italia .
La Chiesa con il suo Magiatero è come un faro, una sorgente che scorre viva e attraversa il tempo e lo spazio, se poi c`è chi non desidera seguire la direzione indicata, libero a lui di scegliersi un`altra rotta, voler distruggere il faro, o desiderare spegnerlo non aiuterà certo nessuno, e se poi chi sceglie un`altra rotta, finisce sugli scogli ..inutile lamentarsi e dare la colpa al faro....

Utnapishtim ha detto...

"Perche' la vita dovrebbe iniziare alla dodicesima settimana?"
-Non comincia la vita (è vita anche quella cellulare, ma che c'entra), bensì il limite oltre il quale un aborto ha eccessive complicanze.

"Che prove si portano per tenere in piedi questo ragionamento?"
-le leggi fissano valori validi per convenzione. Essi vengono precedentemente stabiliti su base sia scientifica sia in base a un ragionamento di minimizzazione del danno.

"La formazione del cervello? Va bene ma l'embrione ha "in fieri" la capacita' di sviluppare cellule celebrali."
-In fieri un embrione può essere anche un papaboy, quindi come vedi hai torto (concedetemi questo scherzo :-) i papaboys hanno il senso dell'umorismo)

"E' giusto rianimare un feto che respira?Ma e' chiaro anche sulla base del diritto civile."
- sì. Una volta uscito vivo dal ventre materno egli deve essere accudito come qualunque essere umano.

"A queste domande come risponde il mondo laico o forse e' meglio dire laicista?"
- meglio dire laico.

@Luisa: il problema è sempre lo stesso ed ha a che fare con la chiesa solo indirettamente. Il problema è una classe politica indegna. Il problema è una pessima informazione, vigliacca e quasi sempre prostrata ai pieni dei potenti (tra cui la Chiesa).
Quello che critico della Chiesa sono solo le "collusioni" con la politica, collusioni che stanno rapidamente screditandola sia agli occhi dei cittadini che dei fedeli.
Siete liberi di farvi il film "tutti pazzi per Ratzy", ma tra i meno guelfi di voi lo sconcerto per molte delle posizioni della CEI (sovente supportate dal Vaticano), è diffusissimo.
Non pensate che io sia circondato solo da ghibellini/giacobini, al contrario.
Devo dire anzi che ho notato che questo papato è spesso più apprezzato da quelli che voi chiamate "laicisti" piuttosto che da quelli che si considerano cattolici. Ratzinger è un papa che usa un linguaggio comprensibile anche a chi è lontano dalla chiesa, usa argomenti ragionevoli seppur con posizioni molto ferme e anacronistiche. Queste cose non dispiacciono a chi vi guarda dall'esterno e può pescare quello che gli conviene e fregarsene del resto (v. Ferrara e teocon da strapazzo), ma chi deve vivere nella Chiesa e tra i fedeli non ha vita facile.

Anonimo ha detto...

E' bene che rileggiamo, ma in particolare l'autore dell'editoriale, lo splendido commento che il Papa fa riguardo alle Beatitudini nel suo libro su Gesù. Delinea bene la separazione tra i compiti della Chiesa e dello Stato.

E' vero il fatto che di fronte ad un governo in continua crisi e poco credibile (vale anche in misura seppur minore per il governo Berlusconi che per me non è un modello di politico -opinione personale), la Chiesa viene più ascoltata, e ha un posto più rilevante nella società. Non è però compito della Chiesa prendere le redini del potere. La chiesa dà le indicazioni coerenti con il Vangelo (che vi piaccia o no) ad ogni credente o non credente che vuole ragionare con i nostri criteri (antichi, retrogradi ecc... quello che volete). I cosiddetti atei devoti sono persone che pur non condividendo la nostra fede cercano la Verità. Se Dio vorrà anch'essi crederanno. Ma non sono da biasimare. Nessuno fa il lecchino del Papa o dei vescovi, ma seguiamo il papa e i vescovi perchè per noi sono dei veri pastori, primo tra tutti il santo padre che è coerente, saggio e stimolante. Al contrario di tanti politici... Marco

Buon inizio di Quaresima a tutti! Marco

Anonimo ha detto...

Mr Mandelbrot, non potrei essere piu' d'accordo: i limiti posti dalle leggi sono convenzionali e mirano a identificare il "male minore" e il minor pericolo per la vita della madre.
Sul piano del diritto, quindi, e' auspicabile che si pongano dei limiti ben precisi, ma sul piano della logica?

Utnapishtim ha detto...

@Raffaella: la logica è uno strumento e quindi non è esattamente un "piano" attraverso il quale interpretare qualcosa, casomani può discernere tra una interpretazione coerente ed una incoerente. Se la domanda era se sul piano etico quei limiti abbiano un qualche valore la mia risposta è no.
Non ci sono limiti quantitativi o di tempo per decidere quando qualcosa è giusta o sbagliata: in particolare moralmente l'aborto è sbagliato e basta. Non è un fatto quantitativo, ma qualitativo.
E quando dico "moralmente" lo dico sia per la morale cristiana che per quella laica basata sul bene comune che valorizza l'onestà, l'altruismo e la vita di chi non può difendersi.

Utnapishtim ha detto...

@Marco: concordo tranne quando dice che "nessuno fa il lecchino del papa e dei vescovi."
Purtroppo l'ipocrisia in politica è una virù efficace.

Luisa ha detto...

Mandelbrot,non se lei sia cattolico, e se non lo è non so quali siano i suoi amici cattolici,che soffrono così intensamente con il Pontificato di Benedetto XVI, non dobbiamo avere la stessa visione,vedere le stesse cose, avere gli stessi amici. Io sono cattolica e non solo non mi lamento ,ma sono riconoscente a Benedetto XVI per il suo Magistero chiaro, cristallino , forte pur nella sua mitezza e sì il suo linguaggio tocca anche chi non è cattolico, e allora? dove è il problema? L`influenza di Papa Benedetto disturba parecchio, di questo ce ne siamo già resi conto, che ci siano cattolici ,che non condividono certi messaggi, è anche vero, è sempre stato così,difficile di fare l`unanimità.
La Chiesa non solo può ma ha il dovere di informare, ricordare alle coscienze certi valori fondamentali. È il suo ruolo, diritto e dovere.
Su argomenti fondamentali come quelli che toccano alla vita, alla famiglia, il Magistero della Chiesa è fondamentale, e si affianca agli altri messaggi, che occupano tutto lo spazio così generosamente offerto loro dai media.
Non è perchè la classe politica è corrotta, i media al servizio di un conformismo moribondo, che la Chiesa dovrebbe allignarsi su tale decadenza, e farsi piccola per non disturbare.