5 febbraio 2008
Viene il tempo del via la maschera (Rondoni per "Avvenire")
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Viene il tempo del via la maschera
DAVIDE RONDONI
Come in ogni carnevale, anche in questo serraglio Italia si incontrano maschere vecchie e maschere nuove. Accanto alle maschere intramontabili – come gli arlecchini, le fatine, gli zorri – ce ne sono alcune che anni fa sembravano di gran moda e invece son passate presto, e a vederle ancora in giro mette una specie di mestizia. Tipo quelle provenienti da vecchi film di successo, ma ormai finiti in archivio.
Una di queste maschere che nel centro della festa mettono un’ombra di malinconia, è formata da una coppia, così come magari un tempo andavano di moda Diabolik ed Eva Kant. Intendo la coppia di maschere 'del laico e del credente'.
Ormai sono due maschere desuete, indossate certo ancora in qualche bel dibbbbbattitttone, ma che alla luce di tante vicende recenti sono diventate irrimediabilmente vecchie, almeno come si presentavano fino a poco tempo fa.
Il pressing del Papa sui temi dell’uso retto della ragione, le straordinarie inquietudini di gente di fede e di gente senza fede dinanzi a belle scoperte o ad abusi della scienza e del pensiero, le differenze che si mostrano tra le religioni, hanno fatto sì che le due maschere non funzionino più. E chi ancora le indossa sembra un poco ridicolo.
Oggi le maschere al passo coi tempi sono diventate altre: il ragionevole e l’indispettito.
Come dire: chi usa la ragione, credente o no, oppure chi non la usa, e se ne difende in modo meschino e a dispetto della realtà, credente o meno che sia. Così come fa un poco tenerezza vedere ancora in giro la maschera del 'progressista', quella col sorriso a tutta dentiera di colui che si sente sempre il più moderno, il più avanti, il più più. Il vero progresso si sta muovendo spesso sulle vie che lui aveva chiuso o scartato. Mentre altre sue vie luminose e progressive si stanno svelando vicoli ciechi e bui. Allo stesso modo anche la maschera del 'tradizionalista', di quello che lui sì sa come difendere le radici della tradizione bla bla bla, sembra irrimediabilmente triste. La tradizione per nutrire il presente non ha bisogno delle sue rampogne e della sua noia.
Altra maschera un poco intristita è quella dell’intellettuale cattolico. Quella di chi pensava di essere una specie di avanguardia dei cattolici poiché aveva letto o scritto qualche libro. Come se la fede fosse un problema di cultura, e non di fede appunto.
Che veniva blandito o si autoblandiva (ah!l’orgoglio ne ha fregati più del petrolio cantava Vasco Rossi) perché si presumeva che il popolino fosse ancora preda delle tenebre mentre lui o lei potevano essere accolti e onorati nei salotti del pensiero anticristiano. Ci siamo accorti che il popolo cattolico, attento ai suoi pastori, è molto più avanti di tanti che portavano con sussiego quella maschera piena di piume.
In un altro settore della infinita e a tratti sfinente festa perpetua del carnevale italico, sta mostrando le sue rughe la mascherina del 'tecnico prestato alla politica'. Tale ormai la melassa di rapporti tra banche, cooperative, aziende, cattedre, consulenze e giochi della politica, che quella mascherina non fa più ridere nessuno. E anche la maschera del 'comico impegnato' che sparge acido è stata surclassata da quella del comico che fa ridere e pensare davvero.
Dunque, ora su le maschere e ognuno reciti la sua vecchia parte. Oppure la smetta, e il carnevale sarà finalmente una festa un po’ allegra. Così mascherarsi sarà davvero una bella ragazzata e non l’appendice di una normalità passata tra volti di cartone e buchi al posto degli occhi.
© Copyright Avvenire, 5 febbraio 2008
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