5 febbraio 2008
Laici e università, se Dio resta «un marziano»
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Laici e università, se Dio resta «un marziano»
Carlo Dignola
A differenza che alla «Sapienza» di Roma, all'Università di Bergamo si può parlare di religione senza che qualcuno sollevi una gazzarra. Si può parlare del Papa e della laicità, della politica universitaria e della scienza, di chi cerca la Verità con la «v» maiuscola e di chi si accontenta di fare progressi nei «saperi» ma si rifiuta di andare più in là.
Si può discutere serenamente «Etsi Deus non daretur » (questo era il tema dell'incontro di ieri pomeriggio), come se Dio non ci fosse, o per lo meno come se fosse un'ipotesi non necessaria a condurre la propria vita con dignità. I docenti promotori dell'iniziativa (Riccardo Bellofiore, Bruno Cartosio, Walter Fornasa, Stefano Lucarelli, Maria Grazia Meriggi, Cristiana Ottaviano, Barbara Pezzini, Stefano Rosso, Marco Savini, Giovanni Scirocco, Giovanna Vertova) avevano chiamato a difendere «la laicità dell'università» Telmo Pievani, docente di Filosofia della scienza alla Bicocca di Milano e Pietro Adamo, storico dell'Università di Torino. E come contraltare - è il caso di dirlo - don James Organisti, docente di Teologia fondamentale presso l'Istituto superiore di Scienze religiose di Bergamo.
Sui banchi dell'Aula 15 di via dei Caniana c'era una cinquantina di persone, quasi tutti professori, che hanno poi animato un dibattito vivace. Assente Telmo Pievani, lo ha sostituito Persio Tincani, docente di Filosofia del Diritto a Bergamo, anch'egli tra i promotori dell'incontro. In università - dice Tincani - non si può ignorare la religione perché ha avuto - almeno in passato - «un ruolo storico di sostegno alla moralità», soprattutto della gente meno istruita. Lo ha imparato da Daniel Dennett, ateista militante, che considera «uno dei miei eroi filosofici». Dennett spiega che, come l'elefantino Dumbo ha le orecchie grandi e può volare senza l'aiuto esterno di alcuna piuma, così l'uomo di oggi può benissimo librarsi nel cielo del sapere e dell'autoconsapevolezza senza bisogno delle ali della religione. Il paragone è interessante, e potrebbe far riflettere: ad esempio sulla pesantezza dell'animale, o sulla facilità con cui qualche ateo crede agli elefanti che volano. Ma Tincani passa oltre.
Non vorrebbe affatto cancellare le religioni dalla faccia della Terra, giacché - dice - «è innegabile che facciano parte della nostra cultura». Hanno prodotto, ad esempio, meravigliosi dipinti. Ormai però sono cose vecchie, superate, zombie che non si accorgono di essere trapassati. Le paragona alle lingue in via d'estinzione, come «il bretone o il gaelico d'Irlanda», che l'università potrebbe mantenere in vita artificialmente giusto per amore della cultura. Oggi - dice Tincani - la religione è «come i Beefeater», le pittoresche guardie del Tower Bridge di Londra. Da laico lui è deciso a «difendere le specie in pericolo», è pronto a «salvare gli elefanti», sì, ma «non a tutti i costi»: i Battisti americani ad esempio, che non credono a Darwin, o padre Livio Fanzaga che si ostina a credere all'esistenza di Satana o «l'onorevole Volontè» che si oppone alla selezione degli embrioni difettosi in utero non meritano la sua civile condiscendenza. Si meraviglia, anzi, che il Papa o i vescovi non abbiano ancora «scomunicato questa gente». Quando spiega in modo accorato che anche la laicità ha un limite, viene interrotto dagli applausi del pubblico.
Su posizioni molto diverse Pietro Adamo, autore di saggi sulla Rivoluzione inglese, la «storia dell'anarchismo», «Il dio dei blasfemi», «il porno di massa». Lo storico torinese è convinto che «la Chiesa fa fino in fondo il suo mestiere». Non è il caso, come laici, di strillare a ogni presa di posizione dei vescovi: basterebbe ignorarli. Fra '600 e '700 - dice - tutti i problemi in cui ci dibattiamo sono stati già brillantemente risolti da gente come Bayle e Voltaire. Oggi è inutile discutere su Gesù Cristo, che - dice Adamo - «è evidentemente una figura letteraria, come Madame Bovary o Julien Sorel», personaggio di Stendhal. I cattolici sono dei visionari che «vedono la Madonna», a Civitavecchia come a Fatima, in preda a un'«allucinazione», vittime «di una truffa», come coloro che «credono ai marziani». Il vero problema in Italia sono però «i Bondi, i Berlusconi, i Taradash», politici succubi della Chiesa, ma anche la «Cosa rossa» che a sinistra condivide con i cattolici una pericolosa visione anti-individualista che Adamo non può accettare.
Il discorso meno basato su opzioni di principio e più schierato in difesa del «primato della coscienza», della «libera ricerca della verità» e delle «regole democratiche», insomma, ha finito per farlo il prete, don James Organisti, che ha detto ad esempio con chiarezza che dedurre dalla Rivelazione sistemi politici o teorie scientifiche «è impossibile». Che i credenti nella riflessione pubblica oggi «non possono invocare scorciatoie», e che ha cercato di mostrare - seguendo diversi passaggi del discorso che il Papa avrebbe voluto pronunciare alla Sapienza - che «la fede cristiana è laica».
Pochi, però, quel discorso sembravano averlo letto. Tranne Riccardo Bellofiore, professore di Economia, che ha firmato con altri 1.200 docenti italiani un appello a sostegno dei «67 cattivi maestri» della Sapienza ma che rifiuta l'equazione «laicità = ateismo»; che legge con interesse il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer e ammette che, se non accetta la soluzione di Ratzinger sul rapporto fede/ragione, non vuole neppure scadere nel polo opposto «del relativismo».
In conclusione, dato che si parlava nel tempio del sapere, qualche piccola nota: presentare l'incontro come una levata di scudi in difesa del fisico Luciano Maiani, soffocato dall'«oscurantista» propaganda papista e impallinato sulla via della presidenza del Cnr in quanto «firmatario della lettera» dei 67, dimenticandosi di dire che giovedì scorso Maiani a tale carica è stato eletto, è un po' scorretto.
Così come il fatto che il professor Tincani accusi il Papa di aver usato Feyerabend per ricondannare Galileo, cosa, come noto, non vera. Che poi il professor Marco Savini, nella foga di difendere Darwin, lo dipinga come «un profondo cattolico» quando tutti sanno che era un anglicano divenuto agnostico, è una prova di come la fede possa obnubilare le coscienze. Un errore che a un esamino propedeutico di Cultura laica generale non si lascerebbe correre.
© Copyright Eco di Bergamo, 5 febbraio 2008
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