6 febbraio 2008
Secondo "Il Riformista" è vietato "offrire al Vaticano una chance per rilanciare ancora"
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feti rileggiamo con attenzione il testo degli atenei capitolini
La Carta di Roma non è un attacco alla 194
Così si offre al Vaticano una chance per rilanciare ancora
Cari giornalisti, commentatori, politici, forse è il caso di prenderci un break. Lo scontro tra laici e cattolici sui temi della bioetica è attualissimo, appassionante, decisivo per ridefinire gli equilibri di potere all'interno del paese. Nessuno può dubitare che occuparsene sia una priorità per il mondo della politica e dell'informazione. Ma il fuoco è già vivace e non c'è davvero bisogno di continuare a spargere benzina trasformandoci tutti in piromani. Eppure nei giorni scorsi è successo qualcosa del genere, in occasione del dibattito sulla rianimazione dei nati prematuri. Ancora ieri il caso teneva banco sulle prime pagine dei quotidiani e ai lettori più attenti non sarà sfuggita una certa schizofrenia tra fatti e commenti. Alcuni articoli hanno iniziato con qualche colpevole ritardo a sgonfiare la bolla dopo averla creata, mentre svariati pezzi di reazione continuavano ad alzare i toni tenendo viva la fiamma.
Se gli atenei romani avessero effettivamente chiesto di rianimare e tenere in vita sempre e comunque i prematuri sotto le 22 settimane, anche quelli abortiti, anche contro la volontà della madre - come pure abbiamo letto e sentito - ci sarebbero state ottime ragioni per accapigliarsi e gridare allo scandalo. Perché un simile scenario configurerebbe una teorizzazione crudele dell'accanimento terapeutico, perseguita abbattendo il pilastro del consenso informato su cui si regge la moderna medicina, attraverso l'imposizione di trattamenti che sotto una certa soglia di età sarebbe opportuno considerare "sperimentali". Così li definisce, ad esempio, il britannico Nuffield Council on Bioethics nel suo rapporto del 2006, perché gli interventi intensivi sotto le 22 settimane sono più utili per far avanzare la medicina neonatale del futuro che alla salute dei prematuri rianimati oggi.
Il problema però è che quella che è stata ribattezzata la Carta di Roma dice ben altro. Il testo non risuona della solita retorica sulla sacralità della vita e appare, tutto sommato, piuttosto laico: «Con il momento della nascita la legge attribuisce la pienezza del diritto alla vita e quindi all'assistenza sanitaria. Pertanto un neonato vitale va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio e assistito adeguatamente. L'attività rianimatoria esercitata alla nascita dà quindi il tempo necessario per una migliore valutazione delle condizioni cliniche, della risposta alla terapia intensiva e della possibilità di sopravvivenza e permette di discutere il caso con il personale dell'Unità e i genitori. Se ci si rendesse conto dell'inutilità degli sforzi terapeutici, bisogna evitare ad ogni costo che le cure intensive possano trasformarsi in accanimento terapeutico».
Si tratta di concetti che possono essere chiosati criticamente per la loro genericità. Che meriterebbero di essere integrati con riflessioni articolate e avanzate, come quelle del già citato Nuffield Council on Bioethics, che invoca una partnership of care tra medici e genitori modulandola diversamente a seconda dell'età gestazionale del prematuro. E potrebbe non essere del tutto fuori luogo il timore che una volta attaccati i tubi, poi nella realtà diventi difficile staccarli. Ma nessuno può, in buona fede, interpretare questo testo come l'attacco finale sferrato contro la 194 o contro il diritto a essere lasciati morire in pace quando si è senza speranza sin dalla nascita.
Se però la malizia giornalistica si inserisce già nella cronaca dei fatti, se la carenza di dettagli viene presentata come uno stratagemma offensivo, è fatale che si arrivi al cortocircuito. La slavina di commenti fuori fuoco e reazioni tarate su una realtà virtuale, a dispetto delle buone intenzioni di tanti protagonisti, finisce per regalare alle gerarchie cattoliche e ai loro ferventi collaboratori un nuovo giro di carte e nuove chance per rilanciare. In fondo il meccanismo è lo stesso che è scattato in occasione dell'annullamento della visita di papa Ratzinger alla Sapienza.
Lo show mediatico e politico ha trasformato una critica legittimamente (e forse maldestramente) espressa in sede accademica in un atto di prevaricazione e di censura laicista. E alla fine dei conti delle vere intenzioni dei fisici firmatari non è importato nulla quasi a nessuno. Possibile che non si riesca a fermare la giostra per consentirci di scendere?
© Copyright Il Riformista, 5 febbraio 2008
Beh, caro Riformista, le intenzioni dei docenti firmatari erano e sono ben chiare tanto e' vero che, nonostante la vittoria (di Pirro) le firme contro il Papa continuano ad essere raccolte secondo uno schema gia' visto tante volte: piu' siamo e piu' pensiamo di essere credibili.
Discutiamo tutti insieme di problemi seri e non buttiamo sempre in toni da crociata.
Il documento dei ginecologi romani non dice nulla di nuovo...e' vero! E' il codice civile che considera persona l'essere umano nato vivo. La novita' sta nel fatto che, finalmente, qualcuno ha avuto il coraggio di scriverlo a chiare lettere, senza compromessi.
Raffaella
R.
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