17 febbraio 2008

Secondo Franceschelli (Il Riformista) "S'avanza il neoguelfismo"


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Contro l'avanzata del neoguelfismo i laici non vengano meno al loro impegno

Le elezioni assecondano le derive più oscurantiste

Orlando Franceschelli

Si dice che non capire la storia condanni a ripeterla. Non perché si riesca a sottrarsi alle nuove sfide del presente. Ma perché di fatto si finisce per affrontarle mediante schemi culturali e politici del passato. Come conferma anche l'attuale ritorno di neoguelfismo. Denunciato più volte su questo giornale. Non per fomentare polemiche anticlericali. Ma per contribuire a mettere finalmente in sintonia anche la cultura e la politica del nostro Paese con le acquisizioni più significative delle società moderne. Più precisamente: col pluralismo garantito dalla stessa Costituzione e alimentato dalla convivenza costruttiva tra differenti valori etico-politici. È un simile rapporto conflittuale tra cattolicesimo e democrazia moderna che anche l'odierno guelfismo riporta alla luce. E persino acutizza.
Ovviamente il guelfismo è un fenomeno complesso. Qui tuttavia basta richiamarne una caratteristica decisiva che lo accompagna fin dal medioevo: la funzione - come si esprime Gramsci - di "sindacalismo teorico" attribuita alla Chiesa. Presentata come l'istanza suprema cui si deve ricorrere per dirimere le questioni intellettuali ed etiche. A una simile tutela finì per appellarsi anche il guelfismo risorgimentale di Gioberti. Sostenitore di un cattolicesimo liberale avversato dalla curia e dai gesuiti nostalgici della teocrazia. Ma intenzionato anche a «cristianeggiare la società tutta quanta», come Gioberti scrisse espressamente nei Prolegomeni alla seconda edizione (1846) del suo Primato morale e civile degli Italiani . Nel tentativo di difendersi dalle accuse dei gesuiti, ma di fatto lasciando cadere anche ogni reale apprezzamento di valori etico-politici ispirati e garantiti da un'effettiva separazione tra Stato e Chiesa.
Oggi, al cospetto delle cosiddette questioni eticamente sensibili (procreazione assistita, Dico, testamento biologico), il neoguelfismo si presenta come rivendicazione di valori non negoziabili e sostenuti da una gerarchia che si comporta da depositaria unica della verità sull'uomo. Mentre la cultura e le istituzioni moderne laicamente emancipate dalla religione sarebbero minate da un'"abdicazione dell'intelletto" che, da un lato, rinuncerebbe alla stessa ricerca della verità. E, dall'altro, corroderebbe col relativismo nichilistico gli stessi diritti etico-politici conquistati da cittadine e cittadini ritenuti dalla gerarchia mai politicamente e moralmente adulti.
Sia chiaro: in discussione non è il diritto della Chiesa a un proprio ruolo anche pubblico. Né, ancor meno, la testimonianza evangelica cui si sente profeticamente chiamato il popolo di Dio. O il ruolo che il cristianesimo ha svolto - e svolge - nella promozione della dignità umana. Come ogni giorno ci ricordano anche i teologi e i settori del mondo cattolico non dimentichi del Vaticano Secondo. In discussione è la pretesa appunto neoguelfa di assegnare alla gerarchia la funzione di tutore etico-politico delle moderne democrazie.
I rischi e le tensioni cui espone una simile incapacità neoguelfa di convivere laicamente con ragioni e valori diversi da quelli cattolici, non sembrano difficili da cogliere. E dovrebbero risultare evidenti proprio a chi, almeno a parole, si dichiara interessato innanzitutto al contributo di umana sensibilità e solidarietà di cui il cristianesimo può essere capace.
Ma il neoguelfismo, alimentato sempre da una miscela di minorità verso la gerarchia e arroganza verso la società civile, induce a guardare in tutt'altra direzione. Anzi: sorretti dalla componente più politicizzata della Cei (ruinismo) e dagli atei devoti che ne amplificano le campagne politiche, oggi i neoguelfi non esitano a presentare se stessi persino come unici paladini della vita. Minacciata dalla presunta cultura del nulla e della morte che accomunerebbe tutti gli altri protagonisti della sfera pubblica: dagli scienziati che congiurano nei laboratori, alle donne costrette di nuovo a difendere la legge sull'aborto e la propria dignità da accuse di assassinio e da intimidazioni persecutorie che evidentemente era pia illusione ritenere consegnate per sempre al passato.
Certo: persino più delle questioni religiose, proprio quelle eticamente sensibili di oggi sono fortemente esposte ad essere utilizzate come un formidabile instrumentum regni . E persino per calcoli bassamente elettorali. Come puntualmente vediamo accadere sotto i nostri occhi in questi giorni. Perciò sarebbe davvero ingenuo sperare che le prossime battaglie elettorali non assecondino le derive più oscurantiste e virulenti dell'attuale recrudescenza neoguelfa.
Un motivo in più, tuttavia, per ricordare ai laici l'opportunità del loro impegno. Consapevole delle nuove sfide, persino epocali, che abbiamo di fronte. E perciò anche della minaccia che alla loro ragionevole soluzione è portata non solo dalle campagne neoguelfe. Ma anche da ogni tentativo di sterili accomodamenti con esse. In questo caso, proprio le soluzioni più costruttive continuerebbero a rimanere di fatto precluse. Condannando ancora una volta l'Italia a un deficit di moderna laicità che le stesse sfide del presente rendono meno auspicabile che mai.

© Copyright Il Riformista, 16 febbraio 2008

Quanta paura! Si rilassi e si rassegni, Franceschelli: saranno gli Italiani a decidere a chi assegnare il proprio voto, non i giornali ne' le analisi di chi pensa di spiegare il Vaticano Secondo meglio del Papa.
Come mai i cosiddetti laici tentano di difendersi attaccando la Chiesa? Signori, prendetevela con noi cittadini, non con le gerarchie cattoliche che fanno unicamente il loro dovere.
Non c'e' nessuna deriva (deriva?) neoguelfa. Semplicemente noi, poveri tapini, che qualcuno chiama cretini, tanto per fare la rima, abbiamo finalmente tolto la testa dalla sabbia ed iniziamo a comprendere che e' giusto farsi sentire.
Il pensiero unico tanto caro a certi laici(sti) sta cedendo proprio in virtu' di quel prulalismo invocato da Franceschelli.
Perche' usare sempre gli stessi argomenti?
Davvero non si vuole far tacere la Chiesa? Lo si dimostri! Si faccia in modo che non accadano piu' aberrazioni del pensiero unico come quella che ha portato alla cacciata del Papa dall'universita'!
Ecco questa si' intemidazioni persecutoria, questa si' che e' una deriva, questa si' che e' mancanza di pluralismo!

R.

Si legga anche:

La lista contro l'aborto divide i cattolici (La Rocca per "Repubblica")

Chi ha voglia (e PAZIENZA!) puo' cimentarsi con la lettura della solita omelia di Scalfari (sempre lo stesso chiodo...):

Walter, il Cavaliere e l'Italia al bivio

Grazie al "Papa di Repubblica" sappiamo che "Benedetto XVI dal canto suo sembra lasciar mano libera all'uno e all'altro (Ruini e Bertone, nota di Raffaella) anche se nei documenti e nelle dichiarazioni da lui direttamente emanati appare assai più vicino al dio degli eserciti che a quello della misericordia.

Che stess...sempre le stesse cose...ma guardi che io sono stufa eh?
Che noia...che barba...che barba...che noia!

Raffaella (in versione Sandra Mondaini)

1 commento:

mariateresa ha detto...

cara, sembra un caso di monomania.