17 febbraio 2008

Il Papa detta le nuove regole per le messe all'aperto (Rodari per "Il Riformista")


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Ratzinger detta le nuove regole per le messe all'aperto

di Paolo Rodari

Che le liturgie pontificie stiano cambiando parecchio anche grazie all’arrivo del nuovo maestro delle cerimonie del Papa, il ligure di scuola siriana monsignor Guido Marini, è cosa risaputa. Dietro Marini ovviamente c’è il Papa, per il quale la liturgia di sempre va celebrata oggi in modo nuovo, come da tempo insomma non si è più fatto, e cioè seguendo passo-passo (nuovo o antico messale che sia) le regole, sì da offrire un insieme composto e rispettoso di quanto “accade”.
Della cosa, il Pontefice, ne ha parlato anche pochi giorni fa (il 7 febbraio), nel tradizionale e volutamente improvvisato botta e risposta che, come ogni anno all’inizio della Quaresima, avviene a porte chiuse tra lui e i sacerdoti e i diaconi di Roma.

Tra le dieci domande rivolte a Ratzinger, una era dedicata alle messe celebrate con grandi folle, quelle - per intendersi - che sempre più sono divenute prassi consolidata nel pontificato di Giovanni Paolo II.
Quelle, ancora, che per motivi logistici sono ad esempio sempre più frequenti nei ritiri spirituali dei grandi movimenti ecclesiali.

Il Papa ha ascoltato in silenzio la domanda rivoltagli, ha risposto e poi, nei giorni seguenti, ha preso in merito una decisione importante.

Ma andiamo con ordine. La domanda posta al Pontefice era ineccepibile nella formulazione e recitava così: «Come conciliare il tesoro della liturgia in tutta la sua solennità con il sentimento, l’affetto e l’emotività delle masse di giovani chiamati a parteciparvi?». Benedetto XVI ha subito risposto che, in effetti, il problema esiste: «È un grande problema - ha detto - quello delle liturgie alle quali partecipano masse di persone».
Il Papa ha ricordato che tutto iniziò con la domanda, espletata nel 1960 durante il grande congresso eucaristico internazionale di Monaco, di come far sì che al centro di quegli avvenimenti vi fosse la celebrazione dell’eucaristia. Adorare, si disse a Monaco, lo si può fare anche a distanza, ma per celebrare è necessaria una comunità limitata che possa interagire con il mistero.
A Monaco in molti si espressero in modo negativo rispetto all’ipotesi della celebrazione dell’eucaristia all’aperto, magari con centomila persone e più. Ma fu il liturgista austriaco Josef Andreas Jungmann, uno degli architetti della riforma liturgica, a creare «il concetto di “statio orbis”» e dunque a legittimare le celebrazioni oceaniche: in sostanza, se esiste la “statio Romae”, e cioè il luogo dove i fedeli si raccolgono per poi andare insieme all’eucaristia, allora può esistere anche (è il caso dei congressi eucaristici) la “statio orbis”, e cioè il luogo di raccolta del mondo.
È grazie a Jungmann, insomma, che oggi ci sono le grandi celebrazioni di massa. Eppure, per Ratzinger, esse rappresentano un problema e un risposta definitiva - come ha detto lui stesso lo scorso 7 febbraio - «ancora non è stata trovata» anche perché, «se concelebrano, per esempio, mille sacerdoti, non si sa se c’è ancora la struttura voluta dal Signore».
Intanto, ha detto il Papa, almeno occorre ritrovare «un certo stile per conservare quella dignità che è sempre necessaria per l’eucaristia». Nell’ultima grande celebrazione di massa cui Ratzinger ha partecipato, ad esempio, e cioè il recente raduno di Loreto, tutti i problemi di questa celebrazione si sono verificati e la cosa, ha detto, «non è dipesa da me, piuttosto da quanti si sono occupati della preparazione».
E così, ecco la soluzione, per ora ancora parziale, ma comunque necessaria, in vista delle prossime messe oceaniche: le due in occasione del viaggio apostolico negli Stati Uniti (il 17 aprile nel nuovo Nationals Park e il 20 aprile al Yankee Stadium di New York) e quelle previste in occasione della giornata mondiale della gioventù di Sydney. Negli Usa, e poi in Australia, il Papa ha deciso di non delegare più a terzi l’organizzazione delle celebrazioni. E così ha chiesto che, nei prossimi giorni, fosse il suo cerimoniere, monsignor Guido Marini, a volare oltre Oceano (sia Pacifico che Atlantico) col preciso incarico di studiare gli spazi adibiti per le funzioni liturgiche al fine di assumersi la responsabilità diretta dello svolgimento delle celebrazioni in quegli spazi. Affinché il risultato siano messe sì oceaniche, ma almeno segnate il più possibile da compostezza e rigore.

© Copyright Il Riformista, 16 febbraio 2008 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari

3 commenti:

Anonimo ha detto...

No, stavolta non va bene. Credo che Rodari non faccia un favore a nessuno mescolando elementi eterogenei anche se collegati tra di loro – benché non nel modo in cui l’autore vuole far apparire la situazione.
Andiamo per ordine: è ovvio che celebrazioni liturgiche in genere, e in particolare la celebrazione del mistero eucaristico, richiedono massima attenzione se tali celebrazioni sono svolte da una massa di persone non (più) governabile in termini liturgici. Mettiamo per il momento tra parentesi il problema della scarsa preparazione e disposizione dei partecipanti e lo – ahimè – scarso senso liturgico ampiamente diffuso tra il popolo; dopo decenni di liturgia come “event” e manifestazione del volersi sentire bene e sostenuti all’interno di un numeroso e indifferenziato gruppo senza preoccuparsi della formazione di tale gruppo rispettivamente dei suoi componenti non c’è da aspettarsi altro.
Ciò che sta alla base della riflessione del Pontefice davanti al clero di Roma è semplice e esigente: Sua Santità concepisce la liturgia in quanto retta dall’alto, dal sommo mistero che si infonde nel mondo e che poi si diffonde in esso attraverso i fedeli, e non viceversa. Se tale è la premessa, allora è necessaria una costante riflessione sulla ars celebrandi che esplica la lex orandi la quale costituisce la lex credendi.
E ora arrivo al punto che non va nel articolo di Rodari: si suggerisce che con Mons. Guido Marini, diretto latore delle concezioni del Pontefice, si è giunti, rispetto alle celebrazioni previste in USA e Australia, alla “novità” che tali celebrazioni “ora” sono di diretta responsabilità del maestro delle cerimonie pontificie. Naturalmente non è vero: il maestro delle cerimonie si occupa sempre e da sempre delle liturgie celebrate anche durante i viaggi del Pontefice. Lo fece Piero Marini, lo fa Guido Marini. Dunque: la novità non è da vedere in questo. Sarà da vedere piuttosto nel modo di interazione con le equipe locali di preparazione. Ricordo in questo contesto che già alla GMG di Colonia (2005), il Pontefice fece una cosa “inaudita” (della quale inizialmente lo criticarono, della quale alcuni lo derisero - per poco tempo: la veglia di preghiera di centinaia di migliaia di persone concepita come adorazione eucaristica silenziosa).
Un articolo come quello di Rodari mette in una luce ambigua le vere “novità” in materia liturgica. Lunghi dall’essere un “sostenitore” delle concezioni liturgiche di S.E. Piero Marini (anzi), vorrei insistere, però, sulla necessità di un non-emotivo o pseudopolitico accompagnamento delle varie “novità” – altrimenti si finisce di nuovo in una discussione come quelle suscitate tempo fa e alla quale per esempio gli amici di korazym hanno fatto seguire nei modi e nei fatti un lavoro di presentazione del fatto che serve essenzialmente a creare il sospetto della lontananza dalla vera comprensione dell’operato di Benedetto XVI (si veda il loro ampio dossier “pro-Piero-Marini" che meriterebbe più che un punto interrogativo...).
Concentriamoci allora allo sforzo necessario di una nuova comprensione, allo sforzo esigente di accompagnare intellettualmente competenti e pieni di fede nella verità tramandata dalla Santa Chiesa la grandezza del messaggio (anche operativo) del Pontefice felicemente regnante.
SERAPHICUS

Anonimo ha detto...

Post scriptum:
mi scuso per aver omesso il riferimento alle pubblicazioni di korazym. Lo aggiungo ora. Potrà, forse, interessare e magari rappresentare qualche spunto interessante per un'ulteriore riflessione, per intravedere quali connotazioni può assumere un certo punto "dolente" - sia per l'una che per l'altra parte:

Mons. Marini risponde agli attacchi: ''Alcuni media che si dicono cristiani inventano notizie''
http://www.korazym.org/news1.asp?Id=27567

Luisa ha detto...

Altre persone,come il prelato dell`Opus Dei durante il Sinodo dei Vescovi aveva emesso dei dubbi su queste liturgie all`aperto.
Io stessa, avendo partecipato a diverse liturgie, a Roma, come in Val d`Aosta, prima dell`Angelus in presenza del Santo Padre, ho assistito a scene che mi avevano scioccata al momento della santa Comunione, con delle "bousculades", persone che ne approffittavano per restare davanti...provocando l`ira ....Ostie cadute per terra e calpestate...
Senza rinunciare alla gioia di celebrare insieme anche all`aperto, capisco che una nuova riflessione sullo svogersi formale della Santa Liturgia sia necessario, affinchè tutti possano participare in coscienza, e con dignità a quello che è il fulcro della nostra fede.
Senza dimenticare che alla base è ciascuno di noi che dovrebbe essere cosciente di ciò che si celebra, del significato della Santa Messa, di CHI ci apprestiamo a ricevere, di CHI teniamo fra le mani quando ci accostiamo alla Comunione, insomma c`è anche la responsabilità di ognuno di noi, e per i giovani, grande è anche la responsabilità dei formatori.
E non dimentichiamo anche le famose norme di sicurezza che mi sembrano allontananare sempre più il Santo Padre dai fedeli, logisticamente, ma questo non è per me il fattore più importante.