23 dicembre 2007

Conversione di Blair: i commenti del Corriere della sera e del Giornale


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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

Guido Santevecchi

LONDRA — La domanda gli arrivava puntuale, di solito alla conferenza stampa di Natale a Downing Street, e Tony Blair replicava sempre col sorriso pronto, scivolando via: «È diventata una tradizione, chiedermi della conversione almeno una volta l'anno; sapete anche la risposta: mia moglie è cattolica, io sono qui a parlare di governo». Il suo consigliere (nonché «anima nera», secondo gli avversari) Alastair Campbell invece una volta se la prese e tagliò corto: «We don't do God», più o meno «Noi non ci occupiamo di Dio».
Non era vero, il primo ministro pensava molto a Dio e alla religione. E ieri finalmente ha fatto sapere di aver concluso il suo percorso lasciando la Chiesa anglicana per diventare «cattolico romano».
Il rito della conversione si è svolto nella cappella della residenza del cardinale Cormac Murphy-O'Connor, presso la cattedrale di Westminster a Londra. «Sono lieto di averlo accolto, per molto tempo era venuto regolarmente a messa con la famiglia e negli ultimi mesi ha seguito un programma di preparazione», ha detto il cardinale. «Gioia e rispetto » anche in Vaticano, dove Blair era stato a giugno prima di lasciare Downing Street e aveva evidentemente ottenuto la benedizione del Papa per il grande passo.
Fair play da parte dell'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, leader della Chiesa anglicana che «accompagna con preghiere e auguri Tony Blair in questo pellegrinaggio cristiano». Ma sulla sua Via di Damasco, l'uomo della Terza Via socialdemocratica trova e lascia polemiche. Ann Widdecombe, deputata conservatrice convertita nel 1993, ha ricordato che l'azione di governo di Blair è andata spesso contro gli insegnamenti della Chiesa cattolica, per esempio in materia di leggi sull'aborto. «Vorrei sapere se si è ricreduto, perché i principi religiosi non ammettono eccezione».
Pochi giorni fa Blair ha rivelato che la religiosità ha avuto una «grande importanza» nella sua vita di governo. Solo che quando era a Downing Street era convinto che fosse decisamente meglio non dirlo «perché, francamente, nel nostro sistema politico se ne parli la gente ti considera pazzo... se parli di religione ti metti nei guai, perché gli elettori pensano che vai a sederti in un angolo, ti metti in comunicazione con "il signore di sopra", poi torni e dici "bene, ho avuto la risposta ed è tutto"».
Ha deciso di gettare la maschera anche Alastair Campbell, il genio del «We don't do God»: «In realtà Tony si è occupato di Dio e anche molto », racconta ora, anche se resta un po' scettico sul pio Blair: «Non è il classico tipo di persona religiosa, perché è piuttosto irriverente, impreca parecchio e se gli passa accanto una bella donna la segue con lo sguardo». Campbell ha rivelato anche che quando era in giro per il mondo il primo ministro chiedeva sempre agli assistenti di trovare una chiesa la domenica. La frequentazione delle chiese cattoliche, per seguire la moglie Cherie e i figli, aveva infilato Blair in una polemica con il cardinale Basil Hume che nel 1996 gli aveva intimato di smettere di fare la comunione cattolica a Londra. Il giovane leader laburista aveva risposto a Sua Eminenza: «Mi chiedo che cosa ne penserebbe Gesù».
L'interesse per la conversione dell'ex primo ministro, in un Paese dove la regina è anche Defender of the Faith (cristiana anglicana), ha un significato storico e politico.
Il Sunday Times esce questa mattina con un titolo a tutta pagina: «La Gran Bretagna è un Paese cattolico». I dati del 2005 censivano 4,2 milioni di cattolici in Inghilterra e Galles, meno di un quinto dei 25 milioni di anglicani battezzati.

Ma quando si considera la presenza praticante in chiesa, si scopre che poco più di un milione di anglicani va a messa regolarmente tutte le domeniche, mentre con l'immigrazione massiccia dalla Polonia cattolica la Chiesa di Roma ha visto crescere le presenze nelle sue parrocchie.

© Copyright Corriere della sera, 23 dicembre 2007


Natale cattolico per Tony Blair Ora la conversione è ufficiale

di Redazione

È arrivata per Natale la prevista conversione di Tony Blair al cattolicesimo. Venerdì sera, l’ex premier britannico - anglicano di nascita - è stato formalmente accolto dalla Chiesa romana, e ha ricevuto la comunione dalle mani del cardinale di Londra, Cormac Murphy O’Connor, durante una messa nella cappella privata a Westminster, residenza dell’arcivescovo cattolico.
Una cerimonia semplice, perché i sacramenti anglicani sono riconosciuti a Roma, e il passaggio da una comunità cristiana all’altra non ha richiesto alcun nuovo battesimo per l’ex premier. Blair, 54 anni, attuale inviato del «Quartetto» per la pace in Medio Oriente, ha così realizzato un desiderio coltivato da molto tempo: quello di abbracciare la stessa fede della moglie Cherie e dei suoi quattro figli.
«Che una personalità così autorevole abbia scelto di unirsi alla Chiesa cattolica non può che suscitare gioia e rispetto», ha commentato a Roma il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi. Il direttore della sala stampa vaticana ha però voluto evitare i trionfalismi, ricordando che si tratta pur sempre di «una vicenda spirituale personale».
«Sono veramente felice di accogliere Tony Blair nella Chiesa cattolica», ha dichiarato l’arcivescovo O’Connor nel comunicato con cui ieri ha dato notizia dell’avvenuta conversione. «Per molto tempo (Blair) ha frequentato la messa insieme alla sua famiglia, e negli ultimi mesi ha seguito un corso di formazione per prepararsi alla piena comunione», ha spiegato. «Le mie preghiere - ha aggiunto - sono per lui, per la moglie e per la sua famiglia, in questo gioioso momento del loro comune percorso di fede».
La cerimonia di ieri nella Westminster cattolica ha concluso la cronaca di una conversione annunciata da anni: le voci di un passaggio di Blair al cattolicesimo erano cominciate dopo i suoi primi incontri (tre) con Giovanni Paolo II e si erano rafforzati poi con le udienze con Benedetto XVI, nel giugno del 2006 e nel 23 giugno 2007.
In realtà Blair ha preferito aspettare e percorrere un cammino privato più lungo, evitando così che le sue scelte religiose entrassero in collisione con la ragion di Stato. Se si fosse convertito al cattolicesimo mentre era ancora premier, il suo gesto avrebbe potuto irritare la Chiesa nazionale anglicana, di cui la regina è capo, o violare le controverse leggi che secondo alcune interpretazioni non consentono che il premier britannico sia cattolico.
Per molto tempo è rimasto un cattolico in pectore che, con moglie e figli, assisteva sempre alla messa domenicale. Senza però prendere l’ostia consacrata, un’abitudine che gli era stata vietata, nel 1996, dall’allora arcivescovo di Westminster, il cardinale Basil Hume.

© Copyright Il Giornale, 23 dicembre 2007

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