22 febbraio 2008

A colpi di "mouse" tra i segreti dell'Inquisizione a dieci anni dall'apertura degli Archivi per volontà dell'allora cardinale Ratzinger (Osservatore)


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A colpi di "mouse" tra i segreti dell'Inquisizione

Italia e Vaticano assieme nello studio delle fonti a dieci anni dall'apertura degli Archivi della Congregazione per la Dottrina della Fede

Si svolge a Roma, dal 21 al 23 febbraio, il convegno intitolato "A dieci anni dall'apertura dell'Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede: storia e archivi dell'Inquisizione". Pubblichiamo una sintesi dell'intervento che il Direttore Generale per gli Archivi del Ministero italiano per i beni e le attività culturali terrà il 22 presso la Biblioteca del Senato della Repubblica italiana.

di Antonia Pasqua Recchia
Direttore Generale per gli Archivi
del Ministero italiano
per i beni e le attività culturali

Il Convegno organizzato in occasione del decennale dell'apertura degli Archivi della Congregazione per la Dottrina della Fede è una straordinaria occasione di aggiornamento sulle ricerche storiografiche ma anche di riflessione sul fecondo sviluppo delle collaborazioni interistituzionali che si sono susseguite nel tempo e che hanno visto come protagonista, accanto alla Congregazione, la Direzione Generale degli Archivi del Ministero per i Beni e le attività culturali. L'apertura degli Archivi nel 1998 fu un evento di risonanza mondiale, con un vastissimo impatto mediatico e manifestazioni di interesse anche da parte dei non specialisti. (...)
Il rapporto tra conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale è molto complesso. Lo è ancora di più nel caso del patrimonio archivistico, per le implicazioni di carattere storico, ideologico, politico che spesso accompagnano le decisioni di rendere liberamente consultabili fonti di rilevanza anche meno straordinaria di queste; decisioni che per l'Italia sono peraltro obbligatorie in relazione alle cadenze temporali ma che invece per il Vaticano sono state assunte nella piena libertà. Tale complessità non impedisce tuttavia di perseguire con convinzione, da parte della Direzione Generale, una strategia forte orientata alla massima diffusione della conoscenza del patrimonio, anche presso un pubblico più vasto rispetto a quello specialistico e molto strutturato degli studiosi e dei ricercatori delle sale di studio. (...)
Partendo dai risultati è fuor di dubbio che nel vasto ambito degli studi storici riguardanti l'età moderna, uno dei settori più innovativi e interessanti si è rivelato negli ultimi decenni quello dell'Inquisizione romana. La storiografia italiana si è mostrata non solo la più produttiva, ma anche quella che ha offerto nuove linee interpretative generali e nuovi metodi di ricerca in un campo dominato fino a non molto tempo fa dalla storiografia dell'Inquisizione spagnola. Numerosi studiosi italiani hanno tracciato una nuova visione dell'Inquisizione romana, collocandola nella storia della società italiana e non soltanto della Chiesa cattolica.
Altri lavori sono stati volti all'edizione di specifici processi inquisitoriali, come ad esempio quelli del patriarcato di Aquileia, che ricostruisce l'attività giudiziaria mettendo assieme la documentazione ecclesiastica e statale conservata in vari archivi e analizza il funzionamento generale dell'istituzione in tutta la Repubblica di Venezia.
Le grandi questioni storiografiche di tutta l'Inquisizione romana si legano pertanto in un arco cronologico plurisecolare con le documentazioni processuali in sedi periferiche. Questo accostamento mostra quanto la ricerca italiana sull'Inquisizione sia costruita contemporaneamente su due solidi pilastri: i problemi storiografici e lo scavo archivistico.

La sensibilità e la responsabilità professionale dell'archivista hanno fatto subito apprezzare la grande possibilità che si era creata per la ricerca storica con l'apertura degli archivi della Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1998. Questa apertura non soltanto metteva a disposizione una quantità di carte molto superiore a quella degli archivi inquisitoriali fino ad allora consultabili in Italia, ma permetteva anche per la prima volta di studiare direttamente il centro e le sue molteplici relazioni con la periferia. (...)

L'Archivio della Congregazione comprendeva tre fondi diversi: il Sant'Ufficio vero e proprio, la Congregazione dell'Indice e l'Inquisizione locale di Siena. I problemi sul tappeto non erano soltanto di tecnica archivistica, ma anche amministrativi e finanziari. I risultati attuali sono il frutto di un lavoro che ha radici lontane.
Fin dagli anni Settanta del Novecento iniziative particolari ed episodiche avevano indicato e brevemente descritto i fondi inquisitoriali conservati da archivi e biblioteche pubblici ed ecclesiastici, e nel 1991 la Direzione generale per gli Archivi raccolse sistematicamente le notizie riguardanti le fonti inquisitoriali conservate presso gli Archivi di Stato, su sollecitazione di un gruppo di storici.
Con il completamento dell'inventariazione degli archivi conservati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, si è posta con altra forza l'esigenza di completare sistematicamente la ricognizione dei fondi inquisitoriali conservati nel nostro Paese. Tra le prospettive di lavoro dell'intesa del 2002 trae Ministero e Congregazione era previsto anche il raggiungimento di questo obbiettivo ma, in seguito a iniziative separate della Congregazione e di un gruppo di storici che faceva capo a John Tedeschi, si è ritenuto opportuno arrivare alla formalizzazione di un nuovo accordo tra il Ministero per i beni e le attività culturali, la stessa Congregazione e il Centro di ricerca sull'Inquisizione dell'Università di Trieste, per conseguire un coordinamento degli sforzi disgiunti, che mettesse a fattor comune, secondo metodologie e criteri condivisi, i risultati delle diverse iniziative, secondo un progetto ben strutturato.
Il progetto per la descrizione degli archivi e della documentazione inquisitoriale in Italia investe un arco cronologico vastissimo, dal medioevo all'età contemporanea, e interessa tutte le istituzioni implicate nel controllo dottrinale: l'Inquisizione romana in primis, ma anche quella spagnola operante nelle isole maggiori e i tribunali secolari con competenza o di fatto agenti nel campo dei delitti contro la fede. L'accordo, firmato il 9 novembre 2004, è stato preparato da approfondite valutazioni e discussioni tra archivisti e storici in più incontri tenuti nel palazzo del Sant'Ufficio; esso è quindi anche il frutto di una composizione delle esigenze della Direzione generale per gli archivi, dell'Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede e degli Istituti di ricerca universitaria.
Il quadro finale che ne risulta non è più soltanto un elenco articolato e preciso delle carte, ma anche una delineazione dell'istituzione esaminata. La storia istituzionale del Sant'Ufficio e dei tribunali inquisitoriali è poco nota; gli stessi storici faticano ad avere dati fondamentali, come le liste degli inquisitori periferici; si pongono problemi per denominare gli uffici dei giudici di fede, quando questi sono gli ordinari diocesani. Una collaborazione corretta e continua tra archivisti e storici è forse il modo migliore per individuare e risolvere parecchie di queste questioni, come si è cominciato a fare.
I primi risultati di questo censimento, ancora provvisori, sono stati immessi in un'area a ciò destinata del Sistema informativo unificato delle soprintendenze archivistiche (Siusa), e si possono consultare in rete nelle pagine del Censimento degli archivi inquisitoriali in Italia.
In tal modo anche queste importanti fonti entrano in un contesto di comunicazione che diventerà sempre più ampio e strutturato, man mano che si completano i diversi moduli del Sistema archivistico nazionale, vero e proprio portale di accesso alla conoscenza del patrimonio documentario, in grado di dialogare con gli altri sistemi di conoscenza del patrimonio, nazionali ed internazionali, di settore e non.
Ci si propone inoltre di realizzare interventi più mirati e approfonditi del censimento, quali gli inventari, per i nuclei documentali più importanti e consistenti. È quanto sta avvenendo in particolare per il fondo Sant'Ufficio conservato nell'Archivio storico dell'Arcidiocesi di Udine, per iniziativa del Centro di ricerca sull'Inquisizione dell'Università di Trieste.

Il 22 gennaio 1998, nella prima Giornata di studio in occasione dell'apertura dell'Archivio, l'allora Segretario della Congregazione, Tarcisio Bertone, disse: "Sarebbe un frutto assai incoraggiante di questa giornata se non solo il mondo scientifico, ma anche le istituzioni preposte alla custodia dei beni culturali e alla tutela della loro conservazione e sviluppo, si sensibilizzassero in merito e mettessero generosamente a disposizione il loro contributo per le tante cose ancora da farsi, che il dicastero da solo non è in grado di affrontare".
Spesso suggerimenti del genere cadono nel vuoto. In questo caso invece l'auspicio è stato responsabilmente raccolto. Sono state investite cospicue risorse materiali e sono state dedicate risorse umane di altissima qualificazione professionale e motivazione. La direzione generale degli archivi intende imprimere una forte accelerazione a tutte le iniziative volte a ampliare e migliorare l'accesso, nell'ambito di una precisa strategia di diffusione della conoscenza che si ritiene l'unica vincente per lo sviluppo della cultura e per il bene del patrimonio. È dunque certo che, con l'apporto di tutti i soggetti coinvolti, nuova intesa raggiungerà risultati altrettanto importanti che la precedente.

(©L'Osservatore Romano - 22 febbraio 2008)

Severità e ripensamenti, limiti e legalità dei procedimenti istruiti dal Santo Uffizio

All'Indice! Anzi no

Da domani sarà in libreria Inquisitori, censori, filosofi sullo scenario della Controriforma (Roma, Salerno Editrice, 2008, pagine 427, euro 24). Il volume - trentaseiesimo titolo della collana Piccoli saggi - è introdotto da una premessa dell'autore della quale pubblichiamo ampi stralci.

di Saverio Ricci

Dal tempo del saggio di Luigi Firpo Filosofia italiana e Controriforma (1951), e dopo i suoi studi sui processi a Bruno e a Campanella, (...) le indagini intorno alla storia del Santo Uffizio e della censura ecclesiastica, e in generale sul fenomeno europeo delle inquisizioni ecclesiastiche, hanno conosciuto in Italia larghi e fruttuosi ampliamenti, anche per quanto concerne processi e divieti relativi alla filosofia. Da un certo momento, questo sviluppo è proceduto anche in concomitanza con una più ampia ricognizione delle fonti, e poi infine con l'apertura agli studiosi dell'Archivio dell'ex-Santo Uffizio (Congregazione della Dottrina della Fede), intervenuta nel 1998, regnante Giovanni Paolo II. Nel clima di "purificazione della memoria", che per la storia del pensiero comportava per la Santa Sede la cosiddetta "riabilitazione" di Galileo e alcune iniziative sul caso Bruno.
Negli anni di Firpo l'attenzione era stata rivolta soprattutto alla storia della persecuzione delle correnti "spirituali" ed ereticali italiane, ma anche ai filosofi e agli scienziati, ai letterati e agli artisti vittime della macchina inquisitoriale. (...) Più di recente, la storia politico-istituzionale, i presupposti teologici, ecclesiologici e giuridici, l'organizzazione e il funzionamento di quella macchina, e la personalità, la formazione e la cultura dei suoi "meccanici", inquisitori e censori, sono diventati rinnovati oggetti di studio, offrendo allo sguardo dello storico un panorama molto complesso, non un volto statico e uniforme. (...)
Il nuovo orientamento, contestuale a un generale rinnovamento della storiografia internazionale sulle diverse inquisizioni, e a nuove discussioni su Rinascimento e Controriforma, è sentito fin dagli anni settanta, e per merito di non pochi studiosi sia italiani sia stranieri. I lavori di John Tedeschi vi contribuirono in modo molto significativo, segnalandosi in essi che l'immagine del Santo Uffizio si avvertiva ormai non più come di "un tribunale arbitrario, un tunnel degli orrori o un labirinto giudiziario dal quale era impossibile uscire", ma di una "giustizia in senso legale", ricostruibile nella sua storicità, per quanto, alla attuale cultura e spiritualità essa non paia essere stata tale anche "in senso etico". Si veniva producendo una più efficace restituzione del Santo Uffizio alla sua realtà storica, appannandosi la "leggenda nera" della "crudele inquisizione" e i condizionamenti ideologici che l'avevano alimentata; ma restava saldo l'appello a evitare il rischio di fondare una nuova, "assurda leggenda rosa". (...)
Notevoli esiti sono stati conseguiti, oltre che intorno al più celebre e battuto caso di Galileo, anche nello studio di procedimenti istruiti dal Santo Uffizio e dall'Indice contro filosofi naturali, scienziati, medici ed esoteristi, nel tentativo di ricostruire l'orientamento generale delle Congregazioni inquisitoriale e censoria nelle materie scientifico-naturali e magico-naturali. Mentre sono avanzati con decisione i lavori relativi alla storia generale dell'Indice e all'incidenza dell'attività censoria su campi tanto rilevanti (e con quello filosofico collegati per più versi) della letteratura italiana, del connesso territorio, tra erudizione, nuova spiritualità e umanesimo, dell'erasmismo, e ancora del machiavellismo e del pensiero politico, campi sui quali l'azione della censura, ma anche quella inquisitoriale, fu precoce, più vasta, inizialmente più dura, influente e molto avvertita dai contemporanei, rispetto a quella esercitata sulla filosofia e sul pensiero scientifico, sebbene sempre oscillante tra scelte di radicale severità e ripensamenti, limiti e contraddizioni nella concreta attuazione.
D'altro canto, dopo i contributi da Firpo dedicati ai filosofi del Rinascimento, storici della filosofia e del pensiero politico e scientifico hanno approfondito singoli casi, infoltendo le nostre conoscenze o esprimendo nuove interpretazioni o più larghe vedute su quei casi processuali o censori, spesso fra i più noti: Bruno, Patrizi, Campanella, Galileo, Cremonini, Bodin e i politiques, ma anche Francesco Giorgio Veneto e Girolamo Cardano. Di necessità presupponendo la storia della istituzione inquisitoriale in quanto tale, ricostruita con sempre maggiore penetrazione dagli storici generali, dagli studiosi delle strutture curiali ed ecclesiastiche e dell'eresia religiosa, e traendo da essa indubbio vantaggio.
Scopo del presente lavoro è quello di tentare una prima reazione, in un campo vasto, suscettibile di molti ulteriori approfondimenti, tra alcuni casi relativi a filosofi, talvolta meno frequentati, o già studiati, ma la cui conoscenza è ora integrata da nuovi documenti o investita da nuove prospettive, e i risultati della più generale, recente ricerca intorno alla storia del Santo Uffizio e della censura, così da verificare il corso e le effettive caratteristiche del radicamento del controllo del pensiero filosofico nella complessa storia della curia romana e dei suoi uffici.
Il periodo principalmente considerato è quello tra i regni di Pio IV e di Clemente VIII, con "allunghi", nei casi di Montaigne e di Telesio, ben dentro il XVII secolo, per completare, sullo sfondo di nuove condanne e divieti, l'illustrazione di due episodi nati nel precedente, ma risolti definitivamente in quel tempo.
L'asse principale della ricostruzione passa poi attraverso la convulsa vicenda della riforma dell'Indice romano dei libri proibiti per quanto essa concerne la produzione filosofica, il clamoroso caso Patrizi, la questione della expurgatio dei libri di filosofia, per arrestarsi con la riconsiderazione di alcuni processi di Santo Uffizio istruiti contro filosofi, alcuni celebri, altri meno, uno dei quali, del tutto strumentale, riguarda Jan van Heck, in quanto cofondatore di quella Accademia dei Lincei voluta nel 1603 da Federico Cesi, e che nel corso dei primi decenni del secolo sarebbe stata coinvolta in vario modo nelle vicende di Indice e inquisizione, e soprattutto nella condanna del copernicanesimo e del processo a Galileo.
Lontana dall'organizzare fin dal principio dell'attività delle nuove strutture inquisitoriali e censorie una programmatica campagna di "bonifica" del pensiero filosofico in quanto tale, ma anche dal concentrarsi su di esso solo dopo aver estinto l'eresia religiosa fra i credenti, la Chiesa tridentina guardò alla filosofia come a uno dei possibili ambienti di coltura della eterodossia.
Santo Uffizio e Indice trovarono criteri generali di condotta, sul merito, nella tradizione patristica, nei decreti dei concilii, e nella consueta sorveglianza dell'aristotelismo secolare, in continuità con timori, polemiche e condanne medievali. Ma si avvertirono pure, al centro e in periferia, nuove prospettive e nuovi dubbi.
Nella censura, si registrarono spesso dissensi e distonie all'interno delle stesse strutture centrali, ma anche la quasi sempre puntuale "bocciatura", a Roma, di libri filosofici regolarmente approvati in periferia, magari a costo di sforzi auto-censori degli autori, di trattative con revisori e inquisitori locali, di annotazioni ed emendazioni apposte d'ufficio, perché il debito imprimatur fosse concesso.
Si rinnovano le difficoltà e le tensioni antiche tra platonismo, aristotelismo e teologia cristiana, e pertanto si riaggiornano i sempre difficili conti tra filosofia e rivelazione cristiana. Ma d'altra parte, il confronto tra la "scolastica" in cui si è formato il ceto dei censori, dei consultori e degli inquisitori, e il pensiero dei novatores, sempre anti-aristotelici, ma che spesso guardano, al di là di Aristotele, e contro Aristotele, a tradizioni più antiche, o ai Padri della Chiesa, finanche a qualche maestro recente della teologia e della esegesi, e a possibili "concordie", a loro avviso migliori di quelle aristoteliche, delle loro proposte, con la Sacra Scrittura nuovamente interpretata, non fu però sempre riducibile a reciproca diffidenza e ostilità, a radicale mancanza di comunicazione. Si verificano, nel mondo dei teologi, dei censori e degli inquisitori, posizioni differenti rispetto al rapporto tra filosofia e teologia, tra conservazione aristotelico-scolastica e difesa della fede dalla haeretica pravitas, che tuttavia non sempre aiutano, e semmai talvolta ulteriormente complicano o pregiudicano l'espressione del pensiero nuovo.
La Chiesa tridentina non cominciò dai filosofi la sua azione di nuovo disciplinamento, ma al principio della storia del Santo Uffizio, allorché cercò di snidare l'eresia innanzitutto là dove essa avrebbe dovuto essere più detestata e meglio combattuta, ovvero all'interno della Chiesa stessa, tenne ben presto presente il problema.

(©L'Osservatore Romano - 22 febbraio 2008)

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