21 febbraio 2008

Le intuizioni del Papa sulla vera speranza (Parte II). Intervista a padre James Schall (Zenit)


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Le intuizioni del Papa sulla vera speranza (Parte II)

Intervista a padre James Schall, docente di Filosofia politica

di Carrie Gress

ROMA, giovedì, 21 febbraio 2008 (ZENIT.org).- Il più grande imbarazzo per il mondo di oggi è constatare che la voce più intelligente con cui confrontarsi è quella del papato, afferma padre James Schall.
Il gesuita, professore di filosofia politica presso la Georgetown University, è autore di “The Order of Things”, e di “Another Sort of Learning”, entrambi pubblicati da Ignatius Press.
Nella seconda parte di questa intervista rilasciata a ZENIT, padre Schall evidenzia nella recente enciclica “Spe salvi” come Benedetto XVI presti attenzione sia alla cura della mente che dell’anima.

La prima parte dell'intervista è stata pubblicata il 20 febbraio.

Il paragrafo n. 15 della Spe salvi traccia una bella similitudine fra il monastero e l’anima. Cosa vuole sottolineare il Santo Padre attraverso questa immagine?

Padre Schall: Un brano degli scritti di Josef Pieper, di derivazione tomistica se non aristotelica e platonica, affronta proprio tale questione. Il passaggio si trova in “Josef Pieper -- an Anthology” e si chiama “The Purpose of Politics”. È lungo solo qualche paragrafo. Lo indico sempre agli studenti come il più fondamentale passaggio sulla politica e sulla filosofia politica. In sostanza dice che la politica non è comprensibile se non si tiene conto anche dell’ordine trascendente e che non è possibile costruire una società sana basandosi solo sulla politica.
Scrive Pieper citando San Tommaso d’Aquino: “Per il bene della comunità umana è necessario che ci siano delle persone dedicate alla vita contemplativa. Perché è la contemplazione che preserva, nell’ambito della società umana, la verità che è allo stesso tempo non usabile e misura di ogni possibile uso; è quindi la contemplazione che mantiene chiaro il vero fine e che dà senso ad ogni azione nella vita” (trad. libera da “An Anthology”, 123). Questi concetti si ritrovano anche in molto di ciò che il Papa scrive sulla legge naturale quale metro e misura dell’azione umana.
Detto in maniera sintetica: nessun ordinamento politico può essere in sé sano e utile se non comprende anche coloro che non si dedicano alla politica. Questo non significa in alcun modo negare alla politica la sua importanza, bensì evitare che questa diventi la cosa più importante in una società. Certamente una società che fa della politica la cosa più importante è già una società totalitaria, come affermava implicitamente Aristotele.
Il Papa, nel trattare questa questione nella “Spe salvi”, si riferisce alla tradizione monastica e a Sant’Agostino. Il Papa è attento a precisare che questa vita contemplativa non si oppone ad alcuna impostazione della vita temporale. Anzi, mette in risalto il rapporto fra la contemplazione e il lavoro. Del resto, l’elevazione del lavoro ad una dignità superiore a quella della schiavitù o di altra forma di oppressione, deriva proprio dal concetto benedettino di “ora et labora”.
Il Papa cita a questo proposito un certo Pseudo-Rufino che sostanzialmente afferma ciò che anche Pieper dice: “Il genere umano vive grazie a pochi; se non ci fossero quelli, il mondo perirebbe”. È veramente un’affermazione notevole. Non solo dimostra l’assoluta necessità di avere persone che costantemente ricordino alla società che c’è qualcosa che va al di là di questo mondo, ma dimostra l’importanza della contemplazione per mantenere una mente retta.
Il rapporto delicato fra volontà e intelletto costituisce il dramma centrale della filosofia e della rivelazione. È per questo che è stato sempre affermato che i grandi disordini dell’anima, così come i grandi movimenti volti al bene, hanno origine nel cuore degli intellettuali, degli accademici e dei religiosi, ben prima di diffondersi nella collettività. Questo è ciò che significa “immanentizzare l’eschaton”.

Cosa pensa del ruolo del Papa nel mondo di oggi come voce universale rivolta non solo ai cattolici?

Pare Schall: Il Papa rappresenta oggi l’unica voce universale nel mondo attuale. E ciò deriva dalla Sapienza che ha fondato la Chiesa sulla Roccia che è Pietro. Il più grande imbarazzo del mondo di oggi è che la voce più intelligente con cui si confronta, o con cui deliberatamente rifiuta di confrontarsi, è quella del papato.

Possiamo dedicare tutto il tempo del mondo a scavare negli scandali della Chiesa o a dissertare su ciò che il papato avrebbe o non avrebbe dovuto fare. Ciò che invece non possiamo fare è leggere i documenti fondamentali della Chiesa, soprattutto quelli degli ultimi Papi, e sostenere che essi non toccano le radici stesse di ogni disordine nella sfera pubblica di questo mondo, non solo in Occidente, ma anche nel mondo islamico, in Cina, in India e così via.

Il Cristianesimo ha una missione nel mondo. Il perché questa si sia sviluppata così lentamente possiamo solo cercare di intuirlo. Ciò che questa enciclica fa è di mostrare che i movimenti nell’ambito della filosofia moderna e delle altre religioni hanno motivazioni intelligibili che è necessario tenere conto in termini di speranza cristiana. Questa enciclica non è rivolta meramente alla cultura occidentale.

Ciò che Benedetto XVI ha illustrato in Deus caritas est, così come in questa enciclica, è che è possibile sperare allo stesso tempo nella vita eterna e in un mondo migliore, ma che non possiamo confondere l’una cosa con l’altra. Un altro aspetto notevole di questo documento, a mio avviso, è il modo in cui tratta i concetti trascendenti classici - unicità, verità, bontà, essere e bellezza - dimostrando la loro esistenza concreta. Nessuno di questi è una mera astrazione. La carità non è un qualcosa che possiamo esportare alla politica. La giustizia è un aspetto presente in ogni campo. La bellezza è la grande categoria platonica che, tuttavia, deve essere fondata sul bene e sulla verità.

L’enciclica conclude trattando della sofferenza e del suo rapporto con ciascuno di questi concetti. È una sezione straordinaria, in cui il Papa cita i filosofi tedeschi che riconoscono in definitiva che è necessario affrontare le questioni del male e della giustizia anche del passato e che non è possibile affrontarle se non attraverso la dottrina e la realtà del giudizio finale e la resurrezione dei corpi. In effetti, secondo lo stesso Platone, la questione non può essere trattata al di fuori del concetto del perdono e della sofferenza vicaria.

Quindi il ruolo del Papa come voce universale è quello di mantenere vivo nel mondo la consapevolezza che dobbiamo sapere chi siamo veramente; che dobbiamo conoscere la giustizia, la sofferenza e l’inferno; che dobbiamo sapere che se neghiamo la dottrina dell’inferno, le nostre ideologie semplicemente lo reinventeranno in questo mondo nella forma di qualcosa di veramente disumano. L’inferno della rivelazione è semplicemente la logica conseguenza dell’uso distorto del nostro libero arbitrio, senza il quale non esisteremmo.

La sofferenza, come ci racconta la rivelazione, è il prodotto del peccato e della morte. I tentativi di negare il peccato e la morte, solitamente generano qualcosa di ancora peggiore. Allo stesso tempo è però necessario cercare di ridurre il dolore e la sofferenza in questo mondo. Questo è uno degli effetti derivanti dalla rivelazione della vita eterna, ovvero, dalla comprensione dell’imperfezione di questo mondo.

Alla fine la nostra speranza si ravviva perché siamo in grado di comprenderla. E di questo dobbiamo ringraziare l’attuale Papa che ci spiega a fondo le cose ultime e come le dobbiamo intendere e poi raggiungere. Un dono per il nostro intelletto ma anche e soprattutto un dono per la nostra anima.

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1 commento:

mariateresa ha detto...

grazie infinite per questi testi, Raffaella.E'acqua fresca di sorgente.