12 agosto 2008

Card. Re: "La storia sta rendendo giustizia a Papa Paolo VI" (Osservatore Romano)


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Il cardinale Re a Varese per il trentesimo della morte

La storia sta rendendo giustizia a Papa Paolo VI

di Alberto Manzoni

Giovanni Battista Montini maturò una personalità, una coscienza e una spiritualità formate anzitutto grazie all'esempio dei suoi genitori. Essi fecero sì che il futuro Papa Paolo VI, assieme ai tanti e vari doni ricevuti da Dio nella propria vita, a sua volta portasse alla Chiesa e alla società quei contributi spirituali, morali e culturali che già tanti - purtroppo non tutti - conoscono e la cui importanza appare sempre più chiara. Su questo aspetto, relativo ai caratteri indelebilmente impressi nel Montini dall'ambiente familiare, si è soffermato il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, nella messa presieduta ieri, domenica, presso il santuario di Santa Maria del Monte, sopra Varese, a ricordo del Sommo Pontefice, che rese l'anima a Dio il 6 agosto 1978. Un rito con il quale si sono concluse le celebrazioni promosse nella Chiesa ambrosiana per ricordare il trentesimo anniversario della morte del servo di Dio Paolo VI, già arcivescovo di Milano.
Il cardinale Re, originario della stessa terra bresciana da cui proveniva Montini, è stato accolto dal vescovo Luigi Stucchi, ausiliare di Milano e vicario episcopale della zona pastorale di Varese, e dal parroco don Angelo Corno. Entrambi hanno poi concelebrato l'Eucaristia con il porporato e con altri due sacerdoti, il diocesano don Giuseppe Vertemati e il carmelitano scalzo olandese padre Bonifatius Honings, legato da amicizia a monsignor Pasquale Macchi, che fu segretario di Paolo VI.
Erano presenti numerosi fedeli, che hanno unito alla devozione mariana in vista della solennità dell'Assunta, la preghiera a ricordo dell'indimenticato Pastore. La Messa è stata seguita anche dalle monache di clausura Romite Ambrosiane, che conducono la loro vita di preghiera e raccoglimento nel monastero attiguo al santuario, dove il cardinale Re si è poi recato per una breve visita.
Il prefetto della Congregazione per i Vescovi, che si è detto "particolarmente lieto di ricordare Paolo VI in questo santuario", nell'omelia ha passato in rassegna i molti e fondamentali aspetti per i quali è necessario tenere viva la memoria della figura e dell'opera di Montini, al quale "la storia sta rendendo giustizia, perché man mano che il tempo passa più si comprende la grandezza di questo Papa, che la Provvidenza ha chiamato a servire la Chiesa fra due altre grandi figure, Papa Giovanni XXIII e Papa Giovanni Paolo II".
"La grandezza del suo pontificato e l'importanza del suo magistero" si possono racchiudere - come lo stesso cardinale Re aveva fatto nel suo intervento del 6 agosto nella basilica vaticana - in alcuni grandi motivi: la centralità di Gesù Cristo in tutto il suo vivere e operare; l'essere uomo di dialogo; l'idea della "civiltà dell'amore" da costruire nel mondo; il rimanere nella storia come "Papa del Concilio Vaticano ii" da lui guidato nello svolgimento e nelle fasi di attuazione; il suo grande amore per la Chiesa; la sua attenzione per il mondo odierno, con le conquiste della scienza, ma anche con la consapevolezza "delle ansie e delle inquietudini degli uomini e delle donne di oggi", che egli amò "con il cuore di Cristo". Il porporato ha poi ricordato quei gesti da molti considerati dei "primati" ma che nella sostanza hanno confermato la profondità dello spirito e della mente di Paolo VI: fu il primo Papa a salire su un aereo, a recarsi in Palestina, a togliersi la tiara e a indossare la mitria, a parlare all'assemblea generale dell'Onu; riformò la curia romana, istituì la giornata mondiale della pace, visitò tutti e cinque i continenti.
Ma alla base di tutto questo ritroviamo un'indole e una formazione che il cardinale Re ha voluto ricordare come primo punto: "Molti ne ricorderanno la figura esile, fragile pure come salute, anche se superò gli ottant'anni. Ma aveva un'intelligenza acutissima e una forza di volontà straordinaria. Era mite, molto rispettoso degli altri. Come indole assomigliava alla mamma, piuttosto contemplativo e riflessivo, ma nell'azione risultò, a imitazione del padre, un testimone coraggioso. Un giorno a Jean Guitton disse che alla sua mamma doveva il senso di Dio e della preghiera, la contemplazione, la vita interiore, a suo padre invece doveva il coraggio e soprattutto la volontà di non arrendersi al male e di testimoniare il bene". "Come Papa fu anzitutto un uomo di una grande spiritualità - ha proseguito il porporato -. La sua preoccupazione fu sempre quella di scoprire nella preghiera la volontà di Dio e di attuarla. Aveva acutissimo il senso di Dio, di vivere alla sua presenza ed era profondamente convinto che al mondo nessuno esiste per caso o per sbaglio, ma tutti esistiamo perché Dio ci ha amati; e quello che conta, diceva, è realizzare nella propria vita la volontà di Dio. E si comprende questo amore a Dio Padre, se pensiamo che da arcivescovo volle che la Missione, promossa per dare un risveglio religioso alla città di Milano, avesse come tema proprio quello della paternità di Dio".
"Paolo VI - ha concluso il cardinale - fu un grande dono alla Chiesa in quel momento difficile. E fu un grande dono all'umanità perché nonostante critiche e attacchi seppe reggere con forza e con saggezza il timone della Chiesa. Come sapete è in corso anche la sua causa di beatificazione. Sono stati, parecchi anni fa, i vescovi di Argentina e Brasile i primi a chiedere che si iniziasse l'iter, perché erano convinti che la testimonianza data dal servo di Dio Paolo VI nella sua vita poteva essere d'esempio a cui gli altri potevano guardare, un modello a cui ispirarsi. E quindi l'augurio che vorrei esprimere, in questo santuario che fu caro al suo cuore, è questo: che la testimonianza di Paolo VI continui a illuminare il cammino della Chiesa e dell'umanità".
Il porporato ha toccato ancora brevemente il tema della cura della spiritualità, al termine dell'Eucaristia, lasciando un "incoraggiamento perché questo santuario, posto qui in alto, in questo luogo mariano, dove ci sono anche tanti ricordi del Papa Paolo VI, sia sempre, nella società rumorosa e affaccendata di oggi, un'oasi di pace e di raccoglimento, dove lo spirito può aprirsi a Dio". Infine, la visita al monastero di clausura, dove ha parlato con le Romite anche delle figure dei Papi Paolo VI e Giovanni Paolo II. "Ho detto loro - ha poi confidato al termine della visita - che loro sono nel cuore della Chiesa. Il cuore non si vede in un organismo, ma è quello che fa funzionare l'organismo facendo circolare il sangue. Anche le suore di clausura non si vedono, ma la loro testimonianza è importante. Ed è importante per il bene della Chiesa la loro dedizione alla preghiera".

(©L'Osservatore Romano - 11-12 agosto 2008)

FOTO: Sacro Monte di Varese

1 commento:

Anonimo ha detto...

Verba vana!
Se Paolo VI ha subito bastonate in vita ma soprattutto dopo la morte ci si dovrebbe chiedere il perchè.
Per esempio sarebbe doveroso dire che Wojtyla non ha mai parlato di Paolo VI per valorizzarne il magistero.
In trent'anni se ne sono perse di occasioni per ricordare Montini.
Se ora viene rivalutato il caro Re ringrazi Ratzinger.