25 ottobre 2008

Presentato il «Messaggio al popolo di Dio» approvato all'unanimità dai 254 padri sinodali (Accornero)


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«La Bibbia è la nostra identità: riscopriamola»

Presentato il «Messaggio al popolo di Dio» approvato all'unanimità dai 254 padri sinodali: quattro i punti cardine Monsignor Ravasi: «È il grande codice della cultura occidentale». Ma oggi l'ignoranza della Scrittura è abissale

Pier Giuseppe Accornero

Città del Vaticano

Da una parte il grande Goethe sosteneva che «la Bibbia è la lingua materna dell'Europa», dall'altra parte qualche sera fa un concorrente del quiz di Gerry Scotti non ha saputo rispondere alla domanda «Chi ha recitato per primo il Padre Nostro?».
Ciò significa che sul piano teorico culturale – come asserisce l'arcivescovo Gianfranco Ravasi, biblista di fama internazionale e figura televisiva molto nota – «la Bibbia è il grande codice della cultura occidentale, senza il quale non si comprende la nostra identità, la cultura, l'arte, la pittura, la musica, la letteratura, il pensiero, la stessa etica comune», ma che sul piano pratico l'ignoranza della Scrittura è abissale, almeno in Italia, nonostante gli oltre quarant'anni del dopo Concilio (1962-65) che insiste sul dovere prioritario di ogni battezzato di conoscere e studiare, meditare e pregare la Sacra Scrittura.
Allora ha ragione il Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio, che Papa Benedetto concluderà domani con la Concelebrazione in San Pietro, a chiedere: «Cari fratelli e sorelle, custodite nelle vostre case la Bibbia, leggete, approfondite e comprendete pienamente le sue pagine, trasformatele in preghiera e testimonianza di vita, ascoltatela con amore e fede nella liturgia. Cresca e si approfondisca la conoscenza e l'amore per la Parola di Dio», anche perché la Bibbia «ci presenta il respiro di dolore che sale dalla terra, va incontro al grido degli oppressi e al lamento degli infelici, vive la tragedia della sofferenza più atroce e della morte».
Tutte cose che con originalità, freschezza e modernità di linguaggio dice il «Messaggio al popolo di Dio» del Sinodo redatto in cinque lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco).
È stato approvato all'unanimità con un'ovazione dai 254 padri sinodali. Dietro c'è la mano, la cultura biblica, l'uso di un linguaggio moderno dell'uomo-rivelazione di questo XII Sinodo, l'arcivescovo Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura e presidente della commissione per il messaggio che ha presentato ai giornalisti insieme a monsignor Santiago Jaime Silva Retamales, vescovo ausiliare di Valparaiso in Cile. Ma c'è anche l'impegno a «stare con gli ultimi» del cardinale Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, salesiano e arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras), punto di riferimento dell'episcopato latinoamericano, del quale la Libreria editrice vaticana ha appena pubblicato «Il coraggio di prendere il largo».
Il messaggio descrive la Bibbia con quattro immagini «come quattro punti cardinali». La prima è «la Voce divina» che risuona «all'origine della creazione spezzando il silenzio del nulla e dando origine alle meraviglie dell'universo», che penetra «nella storia ferita dal peccato e sconvolta dal dolore e dalla morte».
La seconda è «il Volto, Gesù Cristo, figlio di Dio ma anche uomo mortale, legato a un'epoca, a un popolo e a una storia, che vive l'esistenza faticosa dell'umanità fino alla morte ma risorge glorioso e vive per sempre». Grazie al Gesù storico e al Cristo della fede il Cristianesimo non è «una religione del libro» ma ha al centro la persona di Cristo.
La terza immagine è «la Casa della Parola di Dio», cioè la Chiesa che si sorregge su quattro «colonne»: 1) l'insegnamento, cioè leggere e comprendere la Bibbia nell'annuncio, nella catechesi, nell'omelia (da rifondare); 2) «la frazione del pane», cioè l'Eucaristia, fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa; 3) la preghiera che «ritma» i giorni e i tempi della Chiesa e dei cristiani; 4) «la comunione fraterna» perché sulla base delle Scritture «incontriamo i fratelli e le sorelle delle altre Chiese cristiane».
La quarta immagine è «la strada» perché «la Parola di Dio deve correre per le strade del mondo che sono anche quelle della comunicazione informatica, televisiva, virtuale. La Bibbia deve entrare nelle famiglie, nelle scuole, negli ambiti culturali, nel mondo del lavoro» e «lungo le strade incontriamo uomini e donne di altre religioni che ascoltano e praticano i dettami dei loro libri sacri e che con noi possono edificare un mondo di pace e di luce». Evidente il riferimento agli ebrei: «La Parola genera un incontro intenso con il popolo giudeo al quale siamo intimamente legati dall'amore comune all'Antico Testamento».
Infine, come insiste Papa Benedetto, l'esegesi biblica e l'analisi storico-letteraria sono «un compito necessario, e se lo si esclude si può cadere nel fondamentalismo che nega l'incarnazione di Dio nella storia e non riconosce che la Parola si esprime in un linguaggio umano, che deve essere decifrato, studiato e compreso e ignora che l'ispirazione divina non cancella identità e personalità degli autori. L'esegesi non va separata dalla fede e dalla tradizione della Chiesa».

© Copyright Eco di Bergamo, 25 ottobre 2008

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