30 ottobre 2008

Documento della Congregazione per l'Educazione Cattolica: "L'importanza di formare anche i formatori" (Osservatore Romano)


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L'importanza di formare anche i formatori

Nella mattinata di giovedì 30 ottobre, nella Sala Stampa della Santa Sede, è stato presentato il documento della Congregazione per l'Educazione Cattolica Orientamenti per l'utilizzo delle competenze psicologiche nell'ammissione e formazione dei candidati al sacerdozio che pubblichiamo integralmente.

Per illustrare i contenuti del documento sono intervenuti il cardinale prefetto della congregazione - del testo del porporato pubblichiamo ampi stralci - l'arcivescovo segretario Jean-Louis Bruguès e lo psicologo Carlo Bresciani, consultore della medesima congregazione.

Il documento richiama il contesto socio-culturale attuale che influisce, più o meno, sulla mentalità dei candidati che si presentano al seminario, creando, in certi casi, delle ferite non ancora guarite o particolari difficoltà che possono "condizionare la capacità di progredire nel cammino formativo verso il sacerdozio" (n. 5e).
Infatti, "coloro che oggi chiedono di entrare in seminario riflettono, in modo più o meno accentuato, il disagio di un'emergente mentalità caratterizzata da consumismo, da instabilità nelle relazioni familiari e sociali, da relativismo morale, da visioni errate della sessualità, da precarietà delle scelte, da una sistematica opera di negazione dei valori" (n. 5c). Le conseguenze generiche di questa mentalità e di alcune particolari esperienze vissute prima di entrare in seminario (cfr. n. 5d), colpiscono la personalità dei candidati, in modo particolare la loro maturità affettiva, provocando, in certi casi, fragilità caratteriale, precarietà nelle scelte e incertezza vocazionale. Questi problemi si presentano non soltanto al momento dell'ingresso in seminario, ma talvolta appaiono in modo accentuato anche nel momento previo all'ordinazione sacerdotale.
La formazione sacerdotale nella sua integrità, oltre la dimensione "spirituale" - che costituisce il cuore che unifica e vivifica l'essere prete e il fare il prete - la dimensione "intellettuale" ossia soprattutto teologica e la dimensione "pastorale", comprende anche la dimensione "umana" che, come specifica l'esortazione apostolica Pastores dabo vobis (Pdv), è "fondamento dell'intera formazione sacerdotale" (n. 43).
Si tratta di formare una maturità umana nel senso di responsabilità, coerenza, capacità di dominare se stesso, e così via.
Il documento sottolinea elementi specifici della formazione umana in vista del sacerdozio, ossia la necessaria crescita: affinché il candidato possa "vivere sempre più la ricchezza della propria affettività nel dono di sé al Dio uno e trino e ai fratelli, particolarmente a quelli che soffrono" (n. 2d), affinché sappia superare le ferite che possono diventare un vero ostacolo "in vista di una sempre più stabile e profonda interiorizzazione dello stile di vita di Gesù, Buon Pastore, Capo e Sposo della Chiesa" (n. 5e), affinché possa vivere la castità nel celibato, senza mettere a rischio l'equilibrio affettivo e relazionale (cfr. n. 10), perché abbia una maggiore conoscenza di sé stesso, delle proprie potenzialità e vulnerabilità, confrontando la propria personalità con gli ideali proclamati dalla Chiesa, affinché si senta stimolato ad una adesione personale, libera e cosciente.
Come si può cogliere dalle esigenze elencate, la formazione umana, nella prospettiva del sacerdozio, non è disgiunta da quella spirituale. Infatti, il documento parla di "un'efficace integrazione delle dimensioni umana e morale, alla luce della dimensione spirituale a cui esse si aprono e in cui si completano" (n. 2f). Inoltre, la formazione umana deve avere davanti agli occhi anche la dimensione pastorale della vita di un futuro sacerdote. Questi due elementi - ossia l'influsso dell'odierno contesto socio-culturale e la necessità di una formazione anche umana (direi assai esigente) del futuro sacerdote - pongono la questione dell'eventuale uso delle scienze psicologiche nei seminari.
Avendo presenti queste due costatazioni, vorrei presentare brevemente le idee fondamentali del documento.
"In quanto frutto di un particolare dono di Dio, la vocazione al sacerdozio e il suo discernimento esulano dalle strette competenze della psicologia (n. 5a).
Siccome questo dono di Dio "non viene mai elargito fuori o indipendentemente dalla Chiesa, ma passa sempre nella Chiesa e mediante la Chiesa" (n.1a), spetta alla Chiesa "discernere la vocazione e l'idoneità dei candidati al ministero sacerdotale" (n.1b). In particolare il vescovo, come "primo rappresentante di Cristo nella formazione sacerdotale" - o il superiore maggiore della casa religiosa - ha la responsabilità ultima di riconoscere e confermare la chiamata interiore dello Spirito come autentica chiamata al ministero ordinato (cfr. Pdv, 65). Il documento ricorda il canone 1052 del Codice di diritto canonico, secondo il quale "il vescovo, per poter procedere all'ordinazione, deve avere la certezza morale sull'idoneità del candidato, "provata con argomenti positivi" ( 1) e che, nel caso di un dubbio fondato, non deve procedere all'ordinazione" (n.11c).
Il documento sottolinea il ruolo fondamentale dei formatori e, quindi, la necessità della loro adeguata preparazione in materia di pedagogia vocazionale, affinché, mediante la profonda comprensione della persona umana e delle esigenze della sua formazione al ministero ordinato (cfr. n.4c), possano "essere in grado, per quanto possibile, di percepire le reali motivazioni del candidato, di discernere gli ostacoli nell'integrazione tra maturità umana e cristiana e le eventuali psicopatologie" (n. 4b). La formazione dei formatori in materia prevede anche l'implementazione di adeguati corsi specifici (cfr. n. 4c).
Nella formazione umana, che - come ho già notato - non può essere separata da quella spirituale, il ruolo del tutto particolare ha da svolgere il padre spirituale. Infatti, per superare, con la grazia di Dio, le difficoltà proprie di un progressivo sviluppo delle virtù morali, "l'aiuto del padre spirituale e del confessore è fondamentale e imprescindibile" (n. 5b). Deve restare fermo che "la direzione spirituale non può in alcun modo essere scambiata per o sostituita da forme di analisi o di aiuto psicologico e che la vita spirituale di per sé favorisce una crescita nelle virtù umane, se non ci sono blocchi di natura psicologica" (n. 14b).
Il documento nota l'importanza della grazia divina nella formazione dei candidati al sacerdozio. Infatti, gli obiettivi dell'adeguata formazione "si possono raggiungere soltanto attraverso la diuturna corrispondenza del candidato all'opera della grazia in lui e (...) sono acquisiti con un graduale, lungo e non sempre lineare cammino di formazione" (n. 2e), anzi il documento parla di "affidamento all'aiuto insostituibile della grazia" (n. 9c).
Alla luce dei principi sopra esposti, il ricorso agli esperti nelle scienze psicologiche non può che essere soltanto ausiliare, ossia utile solo "in alcuni casi" per dare il parere circa la diagnosi, o circa l'eventuale terapia, o il sostegno psicologico allo sviluppo delle qualità umane richieste all'esercizio del ministero (n. 5a). In altre parole, si deve ricorrere a loro solo "si casus ferat - ossia nei casi eccezionali che presentano particolari difficoltà" (n. 5f). In ogni modo, risulta chiaro che l'utilizzo delle competenze psicologiche non deve essere una pratica obbligatoria né ordinaria nell'ammissione o nella formazione dei candidati al sacerdozio. In questo senso, il suo ruolo è di integrazione, non di sostituzione, sia nel discernimento iniziale, sia nella formazione successiva.
È importante accorgersi della seguente frase del documento: "L'ausilio delle scienze psicologiche deve integrarsi nel quadro della globale formazione del candidato, così da non ostacolare, ma da assicurare in modo particolare la salvaguardia del valore irrinunciabile dell'accompagnamento spirituale, il cui compito è di mantenere orientato il candidato alla verità del ministero ordinato, secondo la visione della Chiesa" (n. 6d).
Di conseguenza tali esperti "non possono far parte dell'équipe dei formatori" (n. 6a).
Nel documento sono affrontati altri tre argomenti delicati: la qualità degli esperti da scegliere; il diritto alla buona fama e all'intimità del candidato; l'uso esclusivo delle perizie ai fini della formazione.
Comunque, il documento per ben tre volte cita il canone 1052, secondo il quale il vescovo, per poter procedere all'ordinazione, deve avere la certezza morale sulla idoneità del candidato, "provata con argomenti positivi" ( 1) e che, nel caso di un dubbio fondato, non deve procedere all'ordinazione (cfr. 3). Questo canone, infatti, ha rilevanti conseguenze, per quanto concerne la collaborazione del candidato nel far conoscere i risultati delle perizie ai suoi superiori.

(©L'Osservatore Romano - 31 ottobre 2008)

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