25 ottobre 2008

Secondo Repubblica sarebbero in corso ulteriori indagini del Vaticano sul "caso" Cantini


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Don Cantini, il caso non è chiuso

MARIA CRISTINA CARRATU'
FRANCA SELVATICI

La sentenza pronunciata dal Pontefice contro don Lelio Cantini è severa e inappellabile. Tuttavia il caso non è chiuso. All' esame della Congregazione per la dottrina della fede vi sono altri elementi da approfondire: i rapporti dell' ex parroco della Regina della Pace con la Curia, i legami con i giovani parrocchiani da lui avviati al seminario e alla vita sacerdotale, fra i quali il vescovo ausiliario Claudio Maniago, il ruolo della sua strana perpetua, nonché collaboratrice e veggente, Rosanna Saveri, la consistenza del suo patrimonio, che secondo alcune testimonianze si sarebbe formato anche a spese di parrocchiani indotti a cospicue donazioni. Si moltiplicano, quindi, le voci di una possibile, se non probabile, apertura di una istruttoria anche su queste ulteriori aspetti della vicenda. Nei 44 anni - dal 1961 al 2005 - in cui ha guidato la parrocchia della Regina della Pace a Novoli, don Lelio ha goduto all' interno della diocesi di un vasto prestigio, anche perché aveva avviato al sacerdozio numerosi giovani parrocchiani. Ora qualcuno si chiede se questo prestigio non abbia finito per oscurare le flebili voci che pure si sono levate per denunciare gli abusi commessi fra le mura della parrocchia. La prossima tappa dell' indagine potrebbe riguardare le coperture di cui don Cantini sembra avere lungamente goduto. Ora l' anziano sacerdote è stato condannato, per espressa volontà di papa Ratzinger, al massimo della pena per abuso plurimo e aggravato nei confronti di minori, sollecitazione a rapporti sessuali durante la Confessione, abuso nell' esercizio della potestà ecclesiastica nella formazione delle coscienze. E' stato ridotto allo stato laicale e obbligato alla dimora vigilata, sotto pena di scomunica in caso di disobbedienza. Un alto prelato della Congregazione per la dottrina della fede ha spiegato a Repubblica che Benedetto XVI «è stato irremovibile» e ha accolto in pieno la proposta del promotore di giustizia (il pubblico ministero nel procedimento canonico) di irrogare a don Lelio la pena più severa, ossia la riduzione allo stato laicale. Proprio - spiega l' alto prelato - per dare un «segnale forte» a tutta la Chiesa e un monito ai suoi vescovi, perché d' ora in poi vicende del genere vengano portate alla luce senza tentennamenti e colpite col massimo del rigore. I vescovi - manda a dire il Pontefice - non dovranno più guardare in faccia nessuno, si trattasse anche del padre spirituale della seconda più alta carica della loro Curia. Un modo indiretto per chiedere scusa anche in Italia alle vittime dei preti autori di reati sessuali, facendo del caso don Cantini il simbolo di un nuovo corso di intransigenza «nazionale». Peraltro le vittime fiorentine si attendono anche scuse dirette, magari da parte del nuovo arcivescovo Giuseppe Betori.

© Copyright Repubblica (Firenze), 24 ottobre 2008 consultabile online anche qui.

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