11 gennaio 2008

Gli "illuminati sapienti" si oppongono alla visita del Papa alla "Sapienza" e attribuiscono a Benedetto una frase non sua (Viva la democrazia!)


Vedi anche:

L’eutanasia al centro di una tavola rotonda domani a Pompei: intervista con mons. Sgreccia (Radio Vaticana)

VATICANO: PAROLE DEL PAPA STRUMENTALIZZATE

Come si fa a trasformare in un «attacco a Roma» il discorso di Papa Benedetto? Semplice: non lo si ascolta sul serio e/o non si legge ciò che ha detto

Il Papa: la politica rispetti la centralità della persona (Avvenire)

"Spe salvi", il sociologo Alberoni: "Nutriamo speranza certi che Dio si cura di noi" (Zenit)

Guerre di religione: Geremicca per "La Stampa" commenta le distorsioni del discorso del Papa agli Amministratori locali

Messori: «Grazie Ferrara, ma...» (Tornielli per "Il Giornale")

Discorso del Papa agli Amministratori di Roma e Lazio: il commento de "Il Giornale"

Mineo (Rainews24 e Tg3): "Questo Papa non chiede perdono!"

Discorso del Papa agli Amministratori di Roma e Lazio: il commento de "La Gazzetta del sud"

Raiuno, con Politi e una giornalista inglese, attacca il Papa. Basta!

"Spe Salvi", Pertici: "La storia e la giustizia nella nuova enciclica di Benedetto XVI"

"L'inferno è solitudine: ecco l' abisso dell'uomo" di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI (da «Perché siamo ancora nella Chiesa», Rizzoli)

Card. Ratzinger: "Il Battesimo è l'arcobaleno di Dio sulla nostra vita, la promessa del suo grande sì, la porta della speranza...("Sul Natale")

Universale, non intollerante. La fede secondo Joseph Ratzinger-Benedetto XVI (da «Perché siamo ancora nella Chiesa», Rizzoli)

Maria Pia Garavaglia (vice sindaco di Roma): "Per noi le parole del Papa sono un grande conforto"

Il 18 maggio il Papa visiterà i bambini ricoverati all'ospedale Gaslini di Genova

Combattere la cristianofobia l'islamofobia e l'antisemitismo (Osservatore Romano)

Il Papa esprime preoccupazione per i problemi della gente, dal caro vita alla sicurezza, dalle nuove povertà all’educazione dei giovani (R. Vaticana)

Onu-bis: le agenzie di stampa alternano il testo del discorso del Papa

Il Papa agli Amministratori locali: "E' necessaria un'opera costante e concreta che garantisca la sicurezza dei cittadini e i diritti degli immigrati"

Cause dei santi, più rigore nella fase diocesana: nuova "Istruzione" vaticana (Cardinale per "Avvenire")

Grazie alla puntuale segnalazione di Eufemia, Gemma, Luisa e Mariateresa, facciamo qualche precisazione sulle polemiche scaturite dall'annunciata visita del Santo Padre all'Universita' La Sapienza di Roma.
Raffaella

Eufemia ci segnala:

In difesa di Galileo e della scienza

Carlo Bernardini

Università La Sapienza di Roma

Condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini ha inviato al Rettore dell'Università La Sapienza di Roma a proposito della sconcertante iniziativa che prevede l'intervento di papa Benedetto XVI all'Inaugurazione dell'Anno Accademico alla Sapienza (lettera che sostiene l'inopportunità dell'intervento e alla quale non è stata data finora risposta).
A sostegno della critica di Marcello Cini aggiungiamo solo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: «All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro
Galileo fu ragionevole e giusto». Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano.

In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa
ancora essere annullato.

(Seguono le firme di 63 professori di Fisica
dell'Università La Sapienza)

© Copyright Repubblica, 10 gennaio 2008

Ma che apertura mentale, ma che esempio di democrazia!
I professori non sono d'accordo con il Papa? Invece di ribattere con argomenti razionali, chiedono che Benedetto XVI non si presenti alla "Sapienza". Bello come esempio per gli studenti. Prima la visita del Papa e' stata rimandata, poi gli e' stato impedito di tenere una lectio magistralis ed adesso si tira fuori una frase, tolta dal contesto di un discorso, per "dimostrare" che il Papa e' contro la scienza. Ma per favore!
Leggiamo quel discorso che gentilmente Gemma e Luisa ci hanno segnalato e vedremo che le critiche a Joseph Ratzinger siano a dir poco fuori luogo
.
Raffaella

Mariateresa ci segnala questo post del sito Galileo assolutamente sbagliato nella parte in cui attribuisce al Papa una frase non sua (questa e' l'obiettivita' che circola in rete):

Alla Sapienza arriva il Papa

Ecco la trascrizione del discorso dell'allora cardinale Ratzinger a Parma che fa chiarezza di tante imprecisioni.
Il testo e' stato trovato da Gemma:


Joseph RATZINGER

La crisi della fede nella scienza

tratto da Svolta per l'Europa? Chiesa e modernità nell'Europa dei rivolgimenti, Paoline, Roma 1992, p. 76-79.

"Nell'ultimo decennio, la resistenza della creazione a farsi manipolare dall'uomo si è manifestata come elemento di novità nella situazione culturale complessiva. La domanda circa i limiti della scienza e i criteri cui essa deve attenersi si è fatta inevitabile. Particolarmente significativo di tale cambiamento del clima intellettuale mi sembra il diverso modo con cui si giudica il caso Galileo.

Questo fatto, ancora poco considerato nel XVII secolo, venne -già nel secolo successivo- elevato a mito dell'illuminismo. Galileo appare come vittima di quell'oscurantismo medievale che permane nella Chiesa. Bene e male sono separati con un taglio netto. Da una parte troviamo l'Inquisizione: il potere che incarna la superstizione, l'avversario della libertà e della conoscenza. Dall'altra la scienza della natura, rappresentata da Galileo; ecco la forza del progresso e della liberazione dell'uomo dalle catene dell'ignoranza che lo mantengono impotente di fronte alla natura. La stella della Modernità brilla nella notte buia dell'oscuro Medioevo (1).

Secondo Bloch, il sistema eliocentrico -così come quello geocentrico- si fonda su presupposti indimostrabili. Tra questi, rivestirebbe un ruolo di primo piano l'affermazione dell'esistenza di uno spazio assoluto; opzione che tuttavia è stata poi cancellata dalla teoria della relatività. Egli scrive testualmente: «Dal momento che, con l'abolizione del presupposto di uno spazio vuoto e immobile, non si produce più alcun movimento verso di esso, ma soltanto un movimento relativo dei corpi tra loro, e poiché la misurazione di tale moto dipende dalla scelta del corpo assunto come punto di riferimento, così ?qualora la complessità dei calcoli risultanti non rendesse impraticabile l'ipotesi? adesso come allora si potrebbe supporre la terra fissa e il sole mobile» (2).

Curiosamente fu proprio Ernst Bloch, con il suo marxismo romantico, uno dei primi ad opporsi apertamente a tale mito, offrendo una nuova interpretazione dell'accaduto.

Il vantaggio del sistema eliocentrico rispetto a quello geocentrico non consiste perciò in una maggior corrispondenza alla verità oggettiva, ma soltanto nel fatto che ci offre una maggiore facilità di calcolo. Fin qui, Bloch espone solo una concezione moderna della scienza naturale. Sorprendente è invece la valutazione che egli ne trae:

«Una volta data per certa la relatività del movimento, un antico sistema di riferimento umano e cristiano non ha alcun diritto di interferire nei calcoli astronomici e nella loro semplificazione eliocentrica; tuttavia, esso ha il diritto di restar fedele al proprio metodo di preservare la terra in relazione alla dignità umana e di ordinare il mondo intorno a quanto accadrà e a quanto è accaduto nel mondo» (3).

Se qui entrambe le sfere di conoscenza vengono ancora chiaramente differenziate fra loro sotto il profilo metodologico, riconoscendone sia i limiti che i rispettivi diritti, molto più drastico appare invece un giudizio sintetico del filosofo agnostico-scettico P. Feyerabend. Egli scrive:

«La Chiesa dell'epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione» (4).

Dal punto di vista delle conseguenze concrete della svolta galileiana, infine, C. F. Von Weizsacker fa ancora un passo avanti, quando vede una «via direttissima» che conduce da Galileo alla bomba atomica.

Con mia grande sorpresa, in una recente intervista sul caso Galileo non mi è stata posta una domanda del tipo: «Perché la Chiesa ha preteso di ostacolare lo sviluppo delle scienze naturali?», ma esattamente quella opposta, cioè: «Perché la Chiesa non ha preso una posizione più chiara contro i disastri che dovevano necessariamente accadere, una volta che Galileo aprì il vaso di Pandora?».

Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande. [...] Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".

(1) Cfr. W. Brandmüller, Galilei und die Kirche oder das Recht auf Irrtum, Regensburg 1982.
(2) E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt/Main 1959, p. 920; Cfr F. Hartl, Der Begriff des Schopferischen. Deutungsversuche der Dialektik durch E. Bloch und F. v. Baader, Frankfurt/Main 1979, p. 110.
(3) E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt/Main 1959, p. 920s.; F. Hartl, Der Begriff des Schopferischen. Deutungsversuche der Dialektik durch E. Bloch und F. v. Baader, Frankfurt/Main 1979, p. 111.
(4) P. Feyerabend, Wider den Methodenzwang, FrankfurtM/Main 1976, 1983, p. 206.

Come si vede (anche dalle note) la frase "incriminata" non e' di Joseph Ratzinger ma di Feyerabend.
E grazie a Luisa leggiamo:

Antonio SOCCI

Il lato debole di Giordano e Galileo

tratto da Il Sabato, 18.1.1992, n. 3, p. 52s.

In nome della ragione sono diventati due miti della modernità. Eppure Bruno e Galilei alla ragione preferivano la magia. Una storia da rifare?

Occhio alle date: 1492-1992. Sono giusto cinquecento anni che è morto il Medioevo. Da allora l'uomo è stato dotato di ragione (prima niente) e la donna di un'anima. Il 12 ottobre 1492 finisce la barbarie della superstizione e il 13 è l'alba della Ragione. Sono le scemenze del sistema scolastico e le reminiscenze del cittadino medio. Il bianco e il nero. I buoni e i cattivi. La luce della ragione e le tenebre della superstizione. E così passa per rivoluzionario uno storico come Jacques Le Goff quando svela una convinzione ormai assodata per gli specialisti: «Le qualità che tutti attribuiscono al Rinascimento, per me spettano al Medioevo».
Le leggende nere sono dure a morire. Ma dovremo abituarci alla verità: un Medioevo razionale e realista e una modernità torbida, ermetica, occulta e superstiziosa. I libri di Gustav Henningsen e di Giovanni Romeo usciti di recente hanno mostrato -ad esempio- che pure la psicosi delle streghe, con i conseguenti massacri, dall'antichità passa direttamente al Rinascimento. Il Medioevo razionale e realista com'era, non ha conosciuto "caccia alle streghe". E' un fenomeno legato direttamente alla riemersione dell'occulto nel Cinquecento e alla psicosi del demoniaco indotta dalla Riforma protestante nei Paesi del Nord. E' ormai accertate che proprio la vituperata Inquisizione -guidata da uomini di grande dottrina e razionalità come lo straordinario Alonso de Salazar Frìas in Spagna- ha preservato i Paesi cattolici da queste sanguinarie fobie di massa. Ed à stata la sola istituzione di legalità e di umanità dove esisteva solo l'arbitrio e l'orrore.
«Il XX secolo» scriveva Romeo in Inquisitori, esorcisti e streghe (nell'Italia della Controriforma) (Sansoni) «si appresta a lasciare in eredità al Terzo millennio che s'apre un'immagine sorprendentemente nuova dei tribunali come quelli inquisitoriali, tradizionalmente relegati dal nostro immaginario collettivo tra gli orrori del fanatismo clericale». I due capitoli più frequentati di questa leggenda nera sono legati ai nomi di Galileo Galilei e Giordano Bruno. Adesso un'esposizione organizzata a Parigi («Cultura italiana del Seicento in Europa e l'Accademia dei Lincei») e un libro uscito in Inghilterra (John Bossy, Giordano Bruno and the embassy affaire, Yale University Press) portano a conclusioni sorprendenti su questi due episodi svoltisi a cavallo del 1600.

LE STELLE DI GALILEO
In una recente conferenza il cardinal Ratzinger ricostruisce questo «mito dell'Illuminismo: Galilei appare come la vittima dell'oscurantismo medievale, ancora persistente nella Chiesa... da una parte troviamo l'Inquisizione come la forza della superstizione, come avversaria della libertà e della conoscenza. Dall'altra parte sta la scienza della natura, rappresentata da Galilei, come forza del progresso e della liberazione dell'uomo dalle catene dell'ignoranza».
Semplice. Troppo semplice. Oggi sappiamo: che fu lo stesso Galilei a immischiarsi in questioni teologiche e a pretendere il pronunciamento del Sant'Uffizio. Che uomini illuminati come il cardinal Bellarmino e papa Urbano VIII non avevano nessun pregiudizio sulle teorie copernicane e anzi sostenevano la ricerca scientifica. Che la Chiesa sollecitò sempre un atteggiamento razionale da Galileo: non trasformare ipotesi scientifiche in dogmi. Che Galileo non solo fu trattato con umanità, ma fu addirittura "mantenuto" dalla Chiesa.
Ratzinger cita due autori moderni. Il marxista Ernst Bloch, per il quale il sistema copernicano e tolemaico hanno la stessa plausibilità: «Dipende dalla scelta dei corpi presi come punti fissi di riferimento... non appare affatto improponibile accettare, così coma si faceva nel passato, che la terra sia stabile e che sia il sole a muoversi».

E' un filosofo della scienza laico, Paul Feyerabend: «Al tempo di Galilei la Chiesa si mantenne ben più fedele alla ragione di Galilei stesso, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina di Galilei. Il suo processo contro Galilei era razionale e giusto, mentre la sua attuale revisione si può giustificare solo con motivi di opportunità politica».

In effetti la Chiesa del tempo di san Roberto Bellarmino difendeva innanzitutto l'aristotelismo scolastico, cioè l'approccio alla realtà più razionale e realistico. E, curiosamente, la nascente scienza galileiana non ha come programma esplicito la guerra ai dogmi della fede e alla dottrina cattolica, ma lancia tutti i suoi strali contro l'aristotelismo. Affondando lo sue radici nell'antica mitologia ermetica e occultista, nella magia e nell'alchimia rinascimentali. Giordano Bruno, ad esempio, nel 1584 con La cena delle ceneri aderisce alle teorie copernicane, ma non dà motivazioni razionali o matematiche. Per lui l'eliocentrismo indica l'imminente ritorno della religione "egizia" o magica, «il solo copernicano annuncia il risorgere vittorioso dell'antica verace filosofia». La sua, secondo Frances A. Yates, «è una nuova interpretazione ermetica della divinità dell'universo, una gnosi sviluppata». Una mitologia inaccettabile per la Chiesa che accettava Copernico come ipotesi scientifica, ma -proprio a difesa della ragione e dell'esperienza- riteneva deliri quelli di Bruno. Che da allora crearono forti sospetti attorno all'eliocentrismo.

GLI INIZIATI
Le parti si ribaltano: la Chiesa a difesa della ragione e del realismo, la scienza che inalbera il vessillo esoterico delle superstizioni. Alla mostra parigina (allestita dal 12 dicembre all'8 gennaio dall'Institut Français) faceva bella mostra in una teca un documento rivelatore. E' un verbale. Si tratta della riunione di fondazione dell'Accademia dei Lincei: è il 25 settembre 1603. I primi cinque soci si riuniscono nel palazzo romano di Federico Cesi a via della Maschera d'Oro, alle 9.50 del mattino. Il verbale -in parte scritto con caratteri cifrati- rivela che giorno e ora sono stati scelti per «captare il favorevole influsso degli astri, specialmente Mercurio». Spiega il curatore del catalogo: «Il testo redatto dal Cesi appare chiaramente come la descrizione di un'operazione magica condotta secondo i canoni dell'ermetismo rinascimentale con la quale si cerca, mediante la manipolazione di metalli e vegetali collegati ai pianeti, di attrarne simpateticamente l'influsso, convogliandolo verso di sé dalla sfera superiore del cosmo». Si legge sul documento consunto e ingiallito: «Su fogli di carta di seta predisposti allo scopo venivano trascritti pitagorici misteri».
Così nasce la prima accademia scientifica del mondo moderno. Nel cui seno sbocciò Galileo Galilei, il massimo frutto. Anch'egli largamente interessato all'astrologia. Fa una certa impressione leggere nel Proponimento linceo di «filosofica milizia» e di iniziazione «ai misteri della Sapienza». Ecco i primi Lincei qualificarsi come «sagacissimi indagatori delle scienze arcane e dediti dell'arte paracelsica» ovvero «amanti delle scienze e indagatori delle arti spagiriche».

TUTTI "FRATELLI"
L'interesse esoterico per la magia e il disvelamento degli arcani segreti non è una deviazione iniziale: è il substrato delle stesse ricerche empiriche in cui eccellerà Galileo. Il quale infatti convive nell'Accademia con il "mago" Giambattista Della Porta. Non c'è contraddizione. Eugenio Garin lo dimostra nel saggio introduttivo all'esposizione. Questa «fraternitas, che ha tutte le caratteristiche di un ordine rigidissimo, quasi di una setta» prevede diversi tipi di approccio alla conoscenza.
«L'atteggiamento del Cesi (il capo dell'Accademia, ndr) si iscriveva in una tradizione di sapore ermetico e magico, che nei vari piani della realtà vedeva gradi dell'essere espressi in "linguaggi" da interpretare, mentre solo gli iniziati potevano raggiungere il significato più profondo del "mistero" della natura, decifrando l'ultimo geroglifico dell'essere».
Tutti i bei nomi della scienza moderna nuotano in questo magma. Da Copernico che evoca Ermete Trismegisto, a Keplero che dichiarava di studiare l'astronomia «more hermetico».
Prendiamo Francis Bacon. D'Alembert nel Discorso preliminare all'Enciclopedia ne fa il profeta della scienza moderna: «Nato nel cuore della notte più profonda fa conoscere la necessità della fisica sperimentale». Erano secondo Luigi Firpo «tempi per il sapere umano ancora pieni di oscurantismo», ma con Bacone «si può dire che il Medioevo è finito». Ma scrive la Yates: «L'antico giudizio su Bacon, considerato un moderno ricercatore scientifico e sperimentatore, emerso da un passato di superstizione, non è più valido... (Bacon) scaturisce proprio dalla tradizione ermetica, dalla magia o dalla Kabbalah del Rinascimento».
Ecco perché poi mister Bacon, con le menti illuminate dei vari Boyle, Grozio e Cartesio, nonché Lutero e Calvino, fu tra i piromani banditori della "caccia alle streghe" (oltre che dell'assolutismo elisabettiano). I libri di Frances A. Yates, l'autorevole studiosa del Warburg Institute di Londra, sono una miniera. E' lei che mostra il parallelismo della Nuova Atlantide di Bacon con la Fama Fraternitatis dei Rosacroce.
E le origini rosacrociane della stessa Royal Society, la grande accademia scientifica inglese che nacque sotto la bandiera di Bacon e il volere del re ufficialmente nel 1662 (e sul modello dell'Accademia dei Lincei). Si scopre così che pure «la chimica di Robert Boyle era figlia del movimento alchimistico, e che vi era uno straordinario sfondo alchimistico persino nel pensiero di Isaac Newton».
Tutto l'ambiente scientifico vive in questo mondo di suggestione esoterica e qua e là fa continuamente capolino la misteriosa Fraternità dei Rosacroce. Secondo Thomas De Quincey la massoneria è la forma che questa strana setta, di origine tedesca, assume in Inghilterra. E' c'è un fatto curioso. Due dei promotori della Royal Society sono Elias Ashmole e Robert Moray. Il 16 ottobre 1646 Ashmole annota nel suo diario di essere stato iniziato nella loggia massonica di Warrington, nel Lancashire. E il 20 maggio 1641 è documentata l'iniziazione di Moray in una loggia di Edimburgo. Questi sono i due più antichi documenti storici sull'esistenza di logge massoniche (già fiorenti, dunque, a metà del Seicento). La Yales in L'Illuminismo dei Rosacroce (Einaudi) conclude: «(dai Rosacroce) la massoneria attinse solo un filone, mentre gli altri confluirono nella Royal Society, nel movimento alchimistico e in varie altre direzioni».
E' curioso osservare che una di queste direzioni -se è vera la scoperta di Bossy su Giordano Bruno- è lo spionaggio: i servizi segreti sembrano proprio una delle vocazioni più antiche dell'esoterismo. Ci sarebbe proprio Bruno, infatti, dietro il misterioso pseudonimo Henry Fagot, la spia annidata nell'ambasciata francese a Londra che, nel 1583, svela un complotto dei cattolici (perseguitati) per rovesciare la sanguinaria Elisabetta.
Il cerchio si chiude attorno alla Corona inglese che si avvia a sbaragliare la Spagna cattolica e scatenare la sua potenza imperialistica. Davanti al dispiegarsi di questa enorme potenza (anche politica e militare) se ci fu un errore tragico da parte della Chiesa fu semmai quello di non essersi opposta abbastanza. Non solo sullo scacchiere politico. Il bel catalogo della mostra sui Lincei, a proposito della magia propiziatoria eseguita dai Lincei all'atto di fondazione, ricorda: «Anche gli Astrologica di Tommaso Campanella contengono il resoconto di un'analoga cerimonia propiziatoria celebrata dall'autore a Roma, nel 1628, assieme a papa Urbano VIII». (Quell'Urbano VIII la cui elezione fu salutata con entusiasmo dai Lincei e da Galileo per la sua apertura intellettuale e il suo interesse verso i fermenti culturali del momento).
Il potere moderno cominciava a vincere. E la battaglia più sottile, quella fatale, la Chiesa in questi anni la perde appunto con se stessa. John Bossy così conclude il suo libro su L'Occidente cristiano (Einaudi): «Il "cristianesimo" una parola che fino al Seicento indicava un gruppo di persone... da allora, come attesa la maggioranza delle lingue europee, si rifiorisce a un "ismo", ovvero a un insieme di credenze».

15 commenti:

Anonimo ha detto...

Sarebbe opportuno mandare la rettifica su Galileo a Repubblica (sperando che la pubblicano e non travisio). Saluti, Eufemia

Anonimo ha detto...

Ringrazio tutti coloro che hanno ricercato queste informazioni perchè permettono di difenderci e difendere il Santo Padre (che comunque non ha bisogno di noi) da accuse gravi e infondate! Staremo a vedere cosa accadrà durante la visita alla Sapienza (che purtroppo a giudicare da chi la frequenta sta cambiando nome...)! Marco

gemma ha detto...

Bernardini dice: !.....in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: «All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto». Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano".

Il Papa ha chiaramente citato quella frase nel corso di un ragionamento, aggiungendo poi altre citazioni e senza farla sua. Esattamente come nel corso di un altro ragionamento fece con Manuele il Paleologo ed esattamente come usano fare la maggior parte dei docenti di discipline umanistiche nelle facoltà di paesi democraticie laici in cui vige la libertà di espressione e di ragionamento. Ogni storico che fa una citazione di Hitler o di Stalin è per questo d'accordo col suo operato? E quando il prof Cacciari cita Ratzinger o Giovanni Paolo II lo fa per condiscendenza clericale?
Mi dispiace notare come la reazione di scienziati sedicenti fedeli alla ragione si stia svolgendo con la stessa irrazionalità che in altri luoghi alimenta l'intolleranza fondamentalista.
Là bruciavano i fantocci, qua non ci si sta comportando molto diversamente. Liberi di contestare il Papa, ma non si tiri in ballo la ragione a sproposito, offendendola.
E la scienza, quella che tra l'altro ha prodotto armi atomiche e chimiche, di ditruzione di massa, perchè dovrebbe essere sacra e intoccabile? Sia criticabile e discutibile nella stessa misura in cui lo è diventato Dio.
Qualche tempo fa, quando abbiamo affrontato questa discussione per la prima volta, dissi che speravo che Sua Santità declinasse l'invito. Lo spero ancora, non per resa, ma perchè credo che chi solo qualche anno fa ha parlato alla Sorbona o ha discusso con Habermas (senza che quest'ultimo si sentisse oscurato) non debba chiedere permesso per entrare alla Sapienza

Anonimo ha detto...

Cara Gemma l'ho detto e lo ripeto .....la stessa figuraccia di Regensburg. Con la differenza che ora altri hanno preso il posto di coloro che bruciavano i fantocci, mettendo in bocca a Benedetto XVI allora Card. Ratzinger, parole mai dette.
Anch'io Marco mi chiedo cosa accadrà durante la visita del Pontefice alla Sapienza che sicuramente non merita più di portare questo nome.

Unknown ha detto...

E tuttavia il Papa ha detto che e' un bene il cambiamento dell'atteggiamento su Galileo. Nel senso che e' un bene ripensare le colpe della Inquisizione (che , a proposito di democrazia e diritto, non eccelleva proprio in tale materia) e i meriti di Galileo. La cosa peggiore pero', e' che il Papa, da Cardinale, con questo ragionamento non solo avalla il processo a Galileo, ma il diritto di un'istituzione religiosa di entrare con tutti i mezzi nel dibattito scientifico, non semplicemente dicendo la propria opinione (cosa legittima), ma lanciando strali e anatemi su chi la pensa diversamente.
Per quanto riguarda le armi di distruzione di massa che cita Gemma, scusami ma la questione mi fa solo ridere. Sappiamo benissimo che ad ogni scoperta segue la ricerca da parte della classe politica sul come utilizzarla. Le colpe di chi usa le scoperte e le invenzioni a fini bellici non devono ricadere su chi scopre e inventa, ma su chi usa quelle scoperte e invenzioni per uccidere altre donne e uomini. Forse la colpa di Hiroshima e Nagasaki e' piu' di Truman che degli scienziati del Progetto Manhattan, no? O forse anche chi bombarda e uccide puo' essere accolto come un "costruttore di pace" come e' stato accolto Bush dai frati a Gerusalemme?
La cosa pero' che piu' mi intristisce e' vedere questo astio nei confronti della scienza e degli scienziati, vecchi, presenti e futuri. Gente che ha messo a disposizione la propria vita per aumentare le Conoscenze dell'Umanita' tutta e migliorare le loro condizioni di vita. Gente che ha dato la possibilita' all'Umanita' di non affidarsi piu' a Zeus che lancia i fulmini o a Apollo col carro con il Sole dentro, che ha dato dignita' all'Uomo, togliendolo dal centro dell'Universo ma facendo in modo che potesse comprendere l'Universo di cui faceva parte.
Saluti
Maurizio

Anonimo ha detto...

Ciao Maurizio, il Papa non rivendica affatto il diritto della CHIESA ATTUALE di processare gli scienziati. Oggi la Chiesa non scomunica e non pretende l'abiura dagli scienziati. Nel 1600, consentimi, la situazione era ben diversa.
Forse ti potra' sembrare strano ma l'inquisizione fu un passo avanti nella disciplina processuale ecclesiastica proprio perche' prevedeva una "inquisitio", cioe' un'inchiesta, una raccolta di prove. In altre parole: nessuno poteva essere condannato senza un regolare processo. Del resto anche il processo penale italiano, fino al 1988, era "inquisitorio" (ora e' accusatorio perche' la prova si forma nel processo).
I tempi cambiano ed anche le competenze dei tribunali ecclesiastici.

Anonimo ha detto...

ciao a tutti
qualcuno ha modo di recuperare il discorso dell'allora Card. Ratzinger a Parma? Perchè ciò che è stato citato da Manuela è in realtà il passo di un volume publicato.
sapete....meglio essere ben informati...qui abbiamo a che fare con volpi non da poco, e con lupi che satnno cercando in tutti i modi di sbranare il Papa tramite la stampa....
grazie

io cercherò di approfondire su Passi Nel Deserto

don paolo

Anonimo ha detto...

Eccolo:

Joseph RATZINGER

La crisi della fede nella scienza

tratto da Svolta per l'Europa? Chiesa e modernità nell'Europa dei rivolgimenti, Paoline, Roma 1992, p. 76-79.

"Nell'ultimo decennio, la resistenza della creazione a farsi manipolare dall'uomo si è manifestata come elemento di novità nella situazione culturale complessiva. La domanda circa i limiti della scienza e i criteri cui essa deve attenersi si è fatta inevitabile. Particolarmente significativo di tale cambiamento del clima intellettuale mi sembra il diverso modo con cui si giudica il caso Galileo.

Questo fatto, ancora poco considerato nel XVII secolo, venne -già nel secolo successivo- elevato a mito dell'illuminismo. Galileo appare come vittima di quell'oscurantismo medievale che permane nella Chiesa. Bene e male sono separati con un taglio netto. Da una parte troviamo l'Inquisizione: il potere che incarna la superstizione, l'avversario della libertà e della conoscenza. Dall'altra la scienza della natura, rappresentata da Galileo; ecco la forza del progresso e della liberazione dell'uomo dalle catene dell'ignoranza che lo mantengono impotente di fronte alla natura. La stella della Modernità brilla nella notte buia dell'oscuro Medioevo (1).

Secondo Bloch, il sistema eliocentrico -così come quello geocentrico- si fonda su presupposti indimostrabili. Tra questi, rivestirebbe un ruolo di primo piano l'affermazione dell'esistenza di uno spazio assoluto; opzione che tuttavia è stata poi cancellata dalla teoria della relatività. Egli scrive testualmente: «Dal momento che, con l'abolizione del presupposto di uno spazio vuoto e immobile, non si produce più alcun movimento verso di esso, ma soltanto un movimento relativo dei corpi tra loro, e poiché la misurazione di tale moto dipende dalla scelta del corpo assunto come punto di riferimento, così ?qualora la complessità dei calcoli risultanti non rendesse impraticabile l'ipotesi? adesso come allora si potrebbe supporre la terra fissa e il sole mobile» (2).

Curiosamente fu proprio Ernst Bloch, con il suo marxismo romantico, uno dei primi ad opporsi apertamente a tale mito, offrendo una nuova interpretazione dell'accaduto.

Il vantaggio del sistema eliocentrico rispetto a quello geocentrico non consiste perciò in una maggior corrispondenza alla verità oggettiva, ma soltanto nel fatto che ci offre una maggiore facilità di calcolo. Fin qui, Bloch espone solo una concezione moderna della scienza naturale. Sorprendente è invece la valutazione che egli ne trae:

«Una volta data per certa la relatività del movimento, un antico sistema di riferimento umano e cristiano non ha alcun diritto di interferire nei calcoli astronomici e nella loro semplificazione eliocentrica; tuttavia, esso ha il diritto di restar fedele al proprio metodo di preservare la terra in relazione alla dignità umana e di ordinare il mondo intorno a quanto accadrà e a quanto è accaduto nel mondo» (3).

Se qui entrambe le sfere di conoscenza vengono ancora chiaramente differenziate fra loro sotto il profilo metodologico, riconoscendone sia i limiti che i rispettivi diritti, molto più drastico appare invece un giudizio sintetico del filosofo agnostico-scettico P. Feyerabend. Egli scrive:

«La Chiesa dell'epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione» (4).

Dal punto di vista delle conseguenze concrete della svolta galileiana, infine, C. F. Von Weizsacker fa ancora un passo avanti, quando vede una «via direttissima» che conduce da Galileo alla bomba atomica.

Con mia grande sorpresa, in una recente intervista sul caso Galileo non mi è stata posta una domanda del tipo: «Perché la Chiesa ha preteso di ostacolare lo sviluppo delle scienze naturali?», ma esattamente quella opposta, cioè: «Perché la Chiesa non ha preso una posizione più chiara contro i disastri che dovevano necessariamente accadere, una volta che Galileo aprì il vaso di Pandora?».

Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande. [...] Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".

(1) Cfr. W. Brandmüller, Galilei und die Kirche oder das Recht auf Irrtum, Regensburg 1982.
(2) E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt/Main 1959, p. 920; Cfr F. Hartl, Der Begriff des Schopferischen. Deutungsversuche der Dialektik durch E. Bloch und F. v. Baader, Frankfurt/Main 1979, p. 110.
(3) E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt/Main 1959, p. 920s.; F. Hartl, Der Begriff des Schopferischen. Deutungsversuche der Dialektik durch E. Bloch und F. v. Baader, Frankfurt/Main 1979, p. 111.
(4) P. Feyerabend, Wider den Methodenzwang, FrankfurtM/Main 1976, 1983, p. 206.

gemma ha detto...

si è ancora liberi in questo mondo di affermare che le scoperte della scienza non sempre sono state o potrebbero essere usate a fin di bene e almeno discuterne, o dobbiamo inchinarci di fronte alla scienza e ai suoi scienziati come nuova e unica infallibile divinità dell'universo ? Non è esentabile da critiche la Chiesa, del passato e del presente, in quanto gestita da uomini, ma per lo stesso motivo non lo è a pare mio nemmeno la scienza.
Purtroppo, anche la scienza, per quanto nobile ed edificante, non sempre è "pura" , completamente svincolata da interessi personali, politici e industriali e chi vive negli ambienti di ricerca questo l sa che può accadere. Poi, ciascuno è libero di pensarla come vuole ma nel paese in cui vivo, gradirei che chiunque potesse dire la sua, anche quando non ci piace, ed entrare nell'Università "di tutti". La selezione delle persone e delle idee e lo sbarramento all'ingresso lo si fa, se si vuole, a casa propria
Comunque, almeno ora sappiamo che oltre a Maometto anche Galileo è innominabile, anche solo nel contesto di un ragionamento, tutto in nome della ragione naturalmente. Non so quanto a lui farebbe piacere...

piero ha detto...

Innanzitutto ringrazio chi ha reso accessibile il discorso completo dell'allora Cardinal Ratzinger. L'ho cercato immediatamente dopo aver letto la lettera di Bernardini su Repubblica (riportata nella rassegna stampa dell'Istituto Nazionale di Astrofisica www.inaf.it) in quanto non potevo credere che la frase riportata di Feyerabend fosse stata fatta propria da Ratzinger ("per la contraddizion che nol consente" direbbe Dante): infatti...

Ora, alcune considerazioni pacate: si potrebbe facilmente fa fare una figuraccia non solo a Bernardini, ma anche a tutti gli altri docenti della sapienza, tra cui spicca il nome di Maiani, neo-Presidente del CNR, per aver firmato come pecoroni una lettera basata su una frase fuori contesto. Un errore imperdonabile per dei fisici e scienziati docenti che dovrebbero "insegnare" ai loro allievi di controllare sempre, senza essere offuscati dal prinipio di autorità, le fonti. Ma sarebbe tempo perso. Innanzitutto per l'età dello scrivente (Bernardini), ma soprattutto perché si sta avvicinando rapidamente il 2009, IV Centenario delle prime osservazioni con il telescopio di Galileo (Anno dichiarato anche recenemente e giustamente dall'ONU come anno dell'Astronomia), quindi ogni menzione di Galileo fa letteralmente "perdere il lume della ragione" agli scienziati della generazione di Bernardini (strano non aver ancora sentito la professoressa Hack, forse dorme ed è bene informarla...).
È (sinceramente e seriamente) un vero peccato perché dopo il discorso di Ratisbona ("Non agire secondo ragione (con il logos) è contrario alla natura di Dio") e la Spe Salvi ci sono veramente i presupposti per lavorare tutti insieme, con onestà intelletuale, a cercare di capire, con la ragione e con il cuore, qual'è il nostro destino.
Forse bisognerebbe mandare a Bernardini e ai suoi "'ccecati" seguaci la frase conclusiva del discorso di Ratisbona:"È a questo grande logos, a questa vastità della ragione, che invitiamo nel dialogo delle culture i nostri interlocutori. Ritrovarla noi stessi sempre di nuovo, è il grande compito dell'università." Invito scomodo per "certi" interlocutori, evidentemente...
Non è detto che non faccia...

Buona Domenica a tutti

Anonimo ha detto...

Chi ha la pretesa di essere il portatore di una verità universale non ha titoli per parlare di ricerca scientifica. Studiate perché un Paleologo era ospite di un islamico (aiutino: 1204, IV Crociata). Leggete un po' di filogogia biblica e lasciate stare le persone normali ce non dredono nella metafisica. Ma ho dei dubbi! Non sapete neppure leggere l'intervento del 1990.

Anonimo ha detto...

Beh, caro Fabrizio, forse Lei dovrebbe consultare un buon dizionario o un libro di italiano.
Lei sa leggere l'intervento del 1990? Come mai noi, poveri derelitti, abbiamo capito tutti la stessa cosa?
Il Papa non ha titolo per poter parlare all'universita'? Le ricordo che Joseph Ratzinger è stato docente nelle piu' prestigione universita' (STATALI) tedesche e mai alcuno gli ha impedito di parlare.
Spero che "La Sapienza" non sia la prima a costringere un intellettuale ad interrompere il discorso.
O forse dovremmo sperarlo? Ma si'...si organizzi il teatrino, si forzino i blocchi (letto sull'Unita'!), si mostri all'estero di che pasta sono fatti certi italiani (ammesso che non lo sappiamo gia'...) e, finalmente, tutti capiranno, al di la' di ogni ragionevole dubbio, dove abitano oscurantismo e intolleranza.
R.

piero ha detto...

Caro Fabrizio,

facciamo un passo indietro (non nel tempo, stiamo discutendo di un fatto che avviene questa settimana dell'anno 2008). Io mi batto perchè ognuno possa esprimere liberamente il proprio pensiero, sempre che non sia personalmente offensivo o violento. Ripudio ogni tipo di violenza, anche verbale, che impedisca in qualche modo a qualcuno di esprimere il proprio pensiero (per questo non posso più guardare i dibattiti televisivi, ridotti come sono a delle zuffe da cortile). Con questa premessa (che spero tu condivida, altrimenti non leggere oltre, pazienza...), tu affermi "Chi ha la pretesa di essere il portatore di una verità universale non ha titoli per parlare di ricerca scientifica.". Bene, secondo te solo il Papa ha questa pretesa? non pensi che altri abbiano questa pretesa? per esempio coloro che pensano (in maniera molto forte, quindi "pretendono") che il metodo scientifico abbia la possibilità di arrivare alla "realtà" e quindi alla Verità, nonostante Einstein, Heisenberg e Goedel (e altri) abbiano dimostrato razionalmente (principio di indeterminazione e teorema sull'incompletezza della matematica)che ciò è impossibile? oppure i filosofi che sostengono (fortemente) la loro visione universale e metafisica della vita. Leggi per esempio quanto ha scritto il filosofo Emanuele Severino sul Corriere della Sera il 12/1/08 (Titolo: "Falso, i limiti li deve stabilire la filosofia" - si trova nella rassegna stampa del 12-13 gennaio al sito www.inaf.it). Oltre a quanto afferma Severino in questo articolo, come saprai, la concezione della realtà del suo sistema filosofico è altamente metafisica: cosa aspetti a scivere al Rettore di Ca' Foscari perchè lo cacci con ignominia, in modo che lasci in pace chi non crede nella metafisica?
Seriamente, ciò che dovrebbe caratterizzare il "vero" spirito laico è la capacità di combattere il pensiero con il pensiero, non con la violenza o con i preconcetti. È vero, la Chiesa terrena nel passato, assieme a tanti altri, ha fatto proprio questo e, come gli altri, ha sbagliato, ma, non come tutti, ha riconosciuto quegli sbagli e oggi non dobbiamo temere roghi in Campo dei Fiori.
Quindi, da dove viene, oggi, l'acrimonia dei Fisici della Sapienza? Cosa temono? Avrebbero protestato nello stesso modo se il Rettore avesse invitato Severino
a parlare della sua "Gloria"? Mi sembra che ci facciano proprio una pessima figura, quasi volessero "vendicarsi" del caso Galileo processando Benedetto XVI senza permettergli di parlare (o turandosi le orecchie per non sentire). Per paura de 'ché?
Concludo con una "perla" contenuta nella lettera del fisico Marcello Cini, che precede quella del collega Bernardini e che mi sembra nessuno abbia ancora notato. Testualmente Cini dice:"Come professore emerito dell'università La Sapienza...non posso non esprimere pubblicamente la mia indignazione per la Sua proposta...Sul piano formale, prima di tutto. Anche se nei primi secoli dopo la fondazione delle università la teologia è stata insegnata accanto alle discipline umanistiche, filosofiche, matematiche e naturali, non è da ieri che di questa disciplina non c'è più traccia nelle università moderne, per lo meno in quelle pubbliche degli stati non confessionali. Ignoro lo statuto dell'università di Ratisbona dove il professor Ratzinger ha tenuto la nota lectio magistralis sulla quale mi soffermerò più avanti, ma insisto che di regola essa fa parte esclusivamente degli insegnamenti impartiti nelle istituzioni universitarie religiose..." Ora, l'affermazione che la Teologia sia sparita dalle Università moderne è totalmente falsa, a meno che Cini non cosideri la Germania, per esempio, uno Stato confessionale. Cini dice di ignorare lo statuto dell'Università di Regensburg (e evidentemente anche quello di Tuebigen, Muenchen, etc.), ma è ignoranza facilmente colmabile con un giro in rete (tra l'altro, in Germania, è quasi norma l'esistenza nelle Università di due facoltà teologiche, una cattolica e una protestante, anche nella cattolicissima Baviera...).
Spero che i giovani abbiano uno scatto d'orgoglio e capiscano per conto loro che essere rivoluzionari oggi significa lottare perché tutti, ma proprio tutti, abbiamo uguale diritto di esprimere le proprie idee e tutti, proprio tutti, siano oggetto di rispetto. A questo proposito segnalo un pacato e "laicamente" equilibrato commento sul Corriere di oggi.

Anonimo ha detto...

Come si fa' a commentare il principio di indeterminazione senza aver studiato fisica?

Esso non nega affatto che si possa arrivare alla verità con il metodo scientifico!

Esso, nella sua formulazione originale, afferma che la varianza sulla misura del momento di una particella e inversamente proporzionale alla varianza sulla misura della posizione di essa.

Anonimo ha detto...

Caro Vittore,
non è sufficiente studiare la fisica, bisogna anche capirla. La definizione che dai del principio di indeterminazione è corretta: per chi non ha studiato fisica, ma vuole capire di che si tratta e perché l’ho citato, diciamo che la fisica moderna, nell’osservazione di fenomeni a livello atomico ha dovuto ammettere, per poter interpretare i risultati sperimentali, che esistono “quantità” associate a “entità fisiche” (per es., in linguaggio più comune, particelle) che non possono essere “misurate contemporaneamente” con una precisione piccola a piacere. Queste “quantità”, dette coniugate, sono, appunto, momento e posizione, oppure energia e tempo. Un’analogia visiva che aiuta a capire il principio si ha immaginando di voler fotografare un’auto in corsa e di voler determinare contemporaneamente, dalla foto, la velocità e la posizione dell’auto: se il tempo di posa è lungo la foto risulterà “mossa” e dalla misura dello spazio occupato dall’immagine “allungata” dell’auto diviso il tempo di posa, potrò calcolare la velocità (media) dell’auto, ma non potrò dire dove si trovava esattamente. Viceversa, se il tempo di posa è piccolo, l’immagine mi dirà dove si trovava l’auto, ma saprò molto meno della sua velocità. Si tratta di una analogia perché l’auto è un oggetto macroscopico, costituito da miliardi di miliardi di particelle elementari, ma alla fine, ciò che “delimita” l’oggetto “automobile” sono pur sempre atomi ed elettroni.

Perché questa “sbrodolata” e perché ho tirato in ballo il principio di indeterminazione (assieme al teorema di Gödel)? Perché sta alla base della meccanica quantistica, grande successo della fisica teorica del secolo scorso e meraviglioso progresso nella conoscenza delle caratteristiche dell”entità” del mondo fisico: ci siamo dovuti convincere che, per poter descrivere, interpretare e predire (il potere predittivo della meccanica quantistica è formidabile!) i “fenomeni” sperimentali, dobbiamo rinunciare ad una conoscenza “completa” del mondo fisico. Possiamo solo costruire dei modelli razionali (basati quindi sul principio di causalità e di non contraddizione) del mondo fisico, modelli utili per interpretare e predire gli esperimenti, ma, per così dire, “provvisori”. A livello elementare, il “mondo fisico” esiste in una forma che potremmo definire “virtuale” o “potenziale” che si “materializza” solo quando lo “interroghiamo” con degli esperimenti. Nella vita di ogni giorno non ce ne accorgiamo e non credo (assieme ad Einstein!) che la Luna esista solo “in potenza” se non la guardo, ma le conseguenze della visione non-deterministica della fisica ha conseguenze epistemologiche di grande portata, soprattutto, oggi, in Cosmologia.

Ecco il punto: “oggi” (400 anni dopo Galileo e Newton), le analogie tra Cosmo-logia e Teo-logia sono ridiventate evidentissime. I soggetti di entrambe le discipline di ricerca sono “unici” (il Cosmo e Dio), ma ora hanno entrambi nuovamente le caratteristiche del “mistero”, cioè sono sì intelleggibili razionalmente, ma sono “inesauribili”. Dalla nostra condizione umana (terrena) non è, né sarà possibile, raggiungere una “comprensione” completa del Cosmo e, analogamente, di Dio. Quindi, sia la Cosmo-logia che la Teo-logia sono in cammino, in evoluzione, non possono pretendere di “possedere” completamente la Verità, ma hanno entrambe “fede” nel poter razionalmente procedere “verso” la Verità. I metodi epistemologici adottati dalle due discipline hanno delle diversità, ma sono entrambi “razionali” (vedi sopra) e rigorosi. Entrambi sono quindi degni di rispetto dal punto di vista della Ragione. Tra l’altro, questa visione delle cose, permette di riconoscere, senza problemi, che teorie fisiche e teologiche, considerate “corrette” (ora diremmo “adeguate”) in una certa epoca, oggi sono da considerarsi sorpassate, ma non per questo perdono validità “intrinseca” se riportate nell’ambito (o epoca) della loro originale fomulazione.

Sic stantibus rebus, non si comprende proprio come Marcello Cini, nella sua lettera al Rettore, adduca come argomento formale per rifiutare al Papa l’accesso a parlare alla Sapienza in occasione dell’inaugurazione dell’A.A., il fatto che (secondo lui!) la Teologia sia sparita dagli insegnamenti delle Università non-confessionali. A parte l’inesattezza oggettiva di simile affermazione (basta varcare il Brennero, oppure leggere l’articolo sull’Avvenire di oggi riguardo la Sorbona ), la sua affermazione indica un disprezzo a-critico e irrazionale della Teologia come disciplina di ricerca, disprezzo che, per gli stessi motivi, gli si potrebbe rivoltare contro (infatti è già notevolissimo il danno che Cini, Bernardini e gli altri 67 hanno fatto all’immagine della Fisica in Italia).

Naturalmente non sono così ingenuo da non riconoscere che il metodo scientifico ha una caratteristica distintiva (il metodo sperimentale) rispetto al metodo della Teologia, che permette di “falsificare” (attenzione: non di “verificare assolutamente” – K. Popper docet) le teorie interpretative della fisica. Il prezzo da pagare per questa maggiore attendibilità oggettiva (indipendente quindi dal soggetto) è la intrinseca limitatezza dell’ambito di conoscenza: con il metodo scientifico conosco (progressivamente) solo il modo fisico, non posso, per esempio, trarre indicazioni etiche. La maggiore conoscenza delle proprietà dell’atomo è eticamente “neutra”, la posso utilizzare per produrre energia (forse nel futuro anche “pulita”), ma anche per distruggere vite umane con la bomba. Se credo alla realtà della mia “coscienza”, la Scienza Fisica e il metodo scientifico, non mi sono sufficienti per cercare di “capire” chi sono io e, in generale, l’Uomo (il Fenomeno Umano, come direbbe Teilhard de Chardin). Le discipline razionali che mi permettono di progredire in questa conoscenza globale prendono il nome di Filosofia e Teologia: la differenza tra le due è che la seconda (intesa come Teologia Cristiana, in ogni sua accezione storica) si basa sulla “fiducia” assoluta che io ripongo in una persona storica, Gesù Cristo, ciò che va sotto il nome di “Fede”. Ma, attenzione, per controbattere frasi fatte udite in questi giorni (ove ve ne fosse necessità, dopo il chiarissimo e profondo discorso del Papa consegnato alla Sapienza), i) la Fede, in quanto atto personale di adesione, non si può mai imporre (altrimenti è altra cosa), ii) avere Fede non significa “possedere” la Verità, significa possedere la Speranza di arrivare (non in questa dimensione spazio-temporale) alla Verità, di essere quindi “salvati” alla fine del nostro percorso terreno (direi nel mondo fenomenologico). Spe salvi facti sumus. Coloro che alla Sapienza hanno detto che chi “pretende” dogmaticamente di detenere la Verità non può avere accesso al tempio del sapere scientifico, non ha capito proprio nulla del Cristianesimo, e conseguentemente della Teologia Cristiana. Cristiana, appunto, caratterizzata in maniera assolutamente distintiva non solo, come già detto, per la Fede nell’Uomo – Figlio di Dio, Gesù Cristo, ma per conoscere il “metodo” che permette di percorrere con sicurezza il cammino di Speranza che porta alla Verità, alla Salvezza: la Carità.

Non mi sembra un caso che il Pontefice “teologo” Benedetto XVI abbia dedicato le sue due prime Lettere Encicliche alla Carità (Deus Caritas) e alla Speranza (Spe salvi) e sono pronto a scommettere che sta già lavorando a quella sulla Fede (Raffaella, perché non organizzi un premio per chi indovina il titolo?).
È un vero peccato che i Fisici della Sapienza non abbiano la curiosità, la pazienza e l’umiltà (qualità essenziali per un uomo di scienza) di leggere queste rivisitazioni di Benedetto XVI degli elementi fondamentali e fondanti del Cristianesimo, quasi relegandoli a residui di oscurantismo. Potremmo “non curarci di lor…”, ma la loro colpa imperdonabile di “cattivi maestri” è quella di dar voce e supporto a giovani che d’ora in poi potranno pensare che la chiusura a-critica al dibattito sia una virtù.

Chiudo con un aneddoto personale a proposito di buoni e cattivi maestri: quando ero alle scuole medie (epoca pre-conciliare!!), il nostro professore di lettere (ora uno dei maggiori poeti viventi), “laico e anticlericale”, ci fece imparare a memoria l’inno alla Carità di S. Paolo (“Si linguis hominum loquar et angelorum…”). Il significato di questo piccolo evento si è ingigantito con gli anni perchè il fatto di avere sempre a disposizione “quelle” parole, mi permette di riflettere sul loro profondo significato in ogni situazione. Quello era un vero “maestro”!

P.S. Ho scritto questo commento ieri in treno. Oggi (19/1) un interessante intervento di Emanuele Severino sul Corriere della Sera mette in chiara evidenza come il “conflitto” Scienza-Fede sia ormai superato, mentre quello “vero” oggi è tra Religione e Filosofia. I “fisici” emeriti della Sapienza dovrebbero imparare, oltre che da Benedetto XVI, anche da un filosofo che difende con forza le sue idee mantenendo il rispetto (e l’ammirazione – leggete l’articolo) per il suo interlocutore teologo.