17 gennaio 2008

L'università di Roma chiude le porte al papa. Ecco la lezione che non ha voluto ascoltare (Sandro Magister)


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Su segnalazione di Luisa, leggiamo:

L'università di Roma chiude le porte al papa. Ecco la lezione che non ha voluto ascoltare

Un manipolo di docenti e studenti ha costretto Benedetto XVI a cancellare la sua visita a "La Sapienza". Ma il papa professore non si è arreso: ha reso pubblico con un giorno d'anticipo il discorso che aveva scritto per l'occasione. Che è il seguito della memorabile lezione di Ratisbona, sulle questioni ultime della fede e della ragione

di Sandro Magister

ROMA, 17 gennaio 2008 – L'hanno accolto nella Moschea Blu di Istanbul. Gli hanno offerto la cattedra nell'università di Ratisbona. Lo attendono a New York per un discorso alle Nazioni Unite.

Ma l'università di Roma "La Sapienza" no. Gli è preclusa. Benedetto XVI ha dovuto rinunciare a leggere un discorso, giovedì 17 gennaio, nella principale università della diocesi di cui è vescovo. L'università che già aveva accolto le visite di Paolo VI nel 1964 e di Giovanni Paolo II nel 1991.

L'inaudita revoca della visita del papa è stata annunciata alle 5 della sera di martedì 15 gennaio da uno scarno comunicato della sala stampa vaticana
Il giorno dopo, mercoledì 16, il cardinale segretario di stato ha così scritto al rettore dell'università che aveva invitato Benedetto XVI, il professor Renato Guarino:

"Essendo purtroppo venuti meno, per iniziativa di un gruppo decisamente minoritario di professori e di alunni, i presupposti per un'accoglienza dignitosa e tranquilla, è stato giudicato opportuno soprassedere alla prevista visita per togliere ogni pretesto a manifestazioni che si sarebbero rivelate incresciose per tutti.
"Nella consapevolezza tuttavia del desiderio sincero coltivato dalla grande maggioranza di professori e studenti di una parola culturalmente significativa, da cui trarre indicazioni stimolanti nel personale cammino di ricerca della verità, il Santo Padre ha disposto che le sia inviato il testo da lui personalmente preparato per l'occasione, [...] con l'auspicio che in esso tutti possano trovare spunti per arricchenti riflessioni ed approfondimenti".


E nel pomeriggio di quello stesso giorno "L'Osservatore Romano" è uscito con il testo completo della lezione che il papa avrebbe dovuto leggere il giorno dopo all'università "La Sapienza".

È una lezione che si ricollega a quella pronunciata da Benedetto XVI nell'università di Ratisbona il 12 settembre 2005. Sulla natura i compiti di una università, sul rapporto tra verità e libertà, tra fede e ragione, tra la filosofia, la teologia e gli altri rami del sapere, tra la Chiesa e il mondo contemporaneo.

Una lezione d'importanza capitale per comprendere il pensiero di papa Joseph Ratzinger. il suo incessante invito alla ragione "a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana".

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La rivincita di papa Benedetto. E “L’Osservatore” fulmina Prodi

Scoop dell’”Osservatore Romano”. Con un giorno d’anticipo, il giornale della Santa Sede ha pubblicato integralmente il discorso che Benedetto XVI avrebbe dovuto leggere nell’Università di Roma “La Sapienza” nel corso della sua visita programmata per giovedì 17 gennaio e annullata ieri.

Papa Joseph Ratzinger dedica l’intero suo discorso a descrivere la natura e la missione dell’università, che a suo giudizio sta nella brama di conoscenza e di verità che è propria dell’uomo.
Eccolo riprodotto in questa pagina di www.chiesa: Non vengo a imporre la fede ma a sollecitare il coraggio per la verità.

Basta leggerlo per capire la distanza abissale che separa i ragionamenti di Benedetto XVI da quelli di coloro che hanno fatto naufragare la sua visita in università, disonorando la “laicità” di cui si facevano vanto.

Su la prima pagina dell’”Osservatore Romano”, il direttore Giovanni Maria Vian ha affiancato al lancio del discorso del papa questo editoriale dal titolo “La paura della verità”, con nel secondo paragrafo una trasparente critica dell’ignavia di Romano Prodi:

*

Quello che era inimmaginabile è accaduto: la visita di Benedetto XVI alla Sapienza in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico non si terrà. La notizia ha scosso l’Italia e ha poi cominciato a fare il giro del mondo, mentre cresce la marea delle reazioni, sincere o strumentali: incredule, addolorate, indignate, enfatiche, in alcuni casi persino più o meno soddisfatte. L’ondata decrescerà, naturalmente, ma resta il fatto grave che il Papa ha dovuto rinunciare a recarsi nella prima università di Roma, la città di cui è vescovo, nell’ateneo più grande del Paese del quale è primate. Perché si è arrivati a tanto? La risposta è semplice: a causa dell’intolleranza, radicalmente antidemocratica, di pochi, anzi di pochissimi.

E ora, come nella favola dell’apprendista stregone, tra quanti, a diversi livelli, hanno lasciato, in modo irresponsabile, che montasse questa opposizione preconcetta e ottusa — che va distinta da possibili dissensi, ovviamente legittimi quando siano espressi in modi civili e con metodi democratici — alla visita papale, vi è addirittura chi si preoccupa e rammarica. Dopo aver osservato nei giorni precedenti un silenzio pressoché totale. E la gravità del fatto, senza precedenti nella storia della Repubblica italiana, è confermata dalla lettera al Papa del capo dello Stato, un gesto sincero e nobile che attenua in parte l’incidente.

L’intenzione di Benedetto XVI era evidente: dimostrare interesse e simpatia nei confronti della più vasta comunità accademica italiana, da decenni afflitta da molteplici problemi e che vive in questi ultimi tempi la crisi più ampia delle istituzioni universitarie, in Italia e più in generale nel contesto europeo. Per dire la sua sul ruolo dell’università, certo, ma con una chiarezza ragionevole e desiderosa di confronto che si accompagna a una mitezza fuori del comune. Da teologo e pastore quale è sempre stato. Senza dimenticare la statura intellettuale e accademica, di respiro davvero internazionale, in genere riconosciutagli anche dai suoi avversari.

Per di più in una istituzione laica e autonoma la cui storia secolare è profondamente intrecciata a quella del papato — sin dalla fondazione nel 1303 da parte di Bonifacio VIII, e con benemerenze culturali indubbie — e dove i successori di Pietro si sono di conseguenza sentiti quasi come a casa propria, come sottolineò il 15 marzo 1964 durante la sua visita Paolo VI, antico studente nell’ateneo romano, e come mostrò il 19 aprile 1991 Giovanni Paolo II, quel giorno ospite dell’antico studium urbis.

In continuità con i suoi predecessori, Benedetto XVI avrebbe voluto tornare in un luogo dov’era già stato da cardinale il 15 febbraio 1990 per sostenere la necessità di una dialettica positiva tra fede e ragione, ma ha dovuto rinunciare. Già Paolo VI, avvertendo l’atteggiamento oppositorio fondato su luoghi comuni e toni polemici di quanti mantengono occhi chiusi e animo ostile, volle rassicurarli: il Papa — disse — non forzerà il loro raziocinio chiuso, non scardinerà alcuna porta e starà fuori a bussare, come il «testimone» descritto dall’Apocalisse (3, 20), dicendo a chi non apre: studia, capisci te stesso, leggi nella tua anima, guarda l’esperienza autentica che il nostro tempo sta vivendo proprio nella negazione dei valori religiosi e delle verità trascendenti, e troverai, in così diffuso tormento, un numero ingente di paurose rovine; a cominciare dalla più ampia e desolata: la disperazione, l’assurdo, l’arido nulla.

Ora anche Benedetto XVI bussa senza stancarsi alla porta di ogni essere umano, fiducioso che la ragione non vorrà chiudersi alla fede, all’incontro con Cristo. Davvero c’è qualcuno che onestamente può considerare questo atteggiamento oscurantista, prevaricatore, nemico della scienza? Chi può davvero temere quest’uomo mite e ragionevole, questo pastore che appena eletto alla sede di Roma ha dichiarato di avere assunto il suo ministero nella consapevolezza di non essere solo? E il Papa non è solo: tutta la Chiesa oggi prega per lui, come pregava per Pietro a Gerusalemme, e sono moltissimi anche i non cattolici e i non cristiani che gli sono vicini. Senza paura di confrontarsi con la verità.

Settimo Cielo, il blog di Sandro Magister

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Secondo me, degli ex Pd, l'unico che ci guadagna finora è Veltroni, che aveva confidato a Odifreddi, suo protégé, di andare ad assistere al discorso del papa alla Sapienza solo per dovere istituzionale. Siccome D'Alema mi sembra purtroppo fuori gioco, è meglio tenersi Prodi che quella saponetta di Veltroni.Cordiali saluti, Eufemia

gemma ha detto...

saponetta :-) mai definizione è stata più azzeccata Eufemia. Per le pulizie io preferisco il detersivo, almeno non scivola