21 gennaio 2008

Nelle parole del card. Bagnasco preoccupazione per la situazione dell'Italia. La rinuncia del Papa suggerita dalle autorità italiane (Osservatore R.)


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Il cardinale Angelo Bagnasco al Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana

Preoccupazione per la situazione dell'Italia
Fiducia nel buon senso degli italiani


Si è aperta lunedì pomeriggio la riunione del Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale italiana (Cei). Pubblichiamo ampi stralci della prolusione del presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco:

Venerati e Cari Confratelli,

all'inizio del nostro Consiglio Permanente vogliamo rinnovare al Santo Padre Benedetto XVI la nostra incondizionata e cordiale condivisione, insieme all'ammirazione per il suo diuturno servizio pontificale a bene della Chiesa tutta (...)

Questa comunione affettiva ed effettiva la rinnoviamo a pochi giorni da un grave episodio di intolleranza che ha indotto il Santo Padre a soprassedere rispetto alla visita da tempo programmata alla Sapienza. Università che da oltre settecento anni vive in quella Roma dove Vescovo è il Papa.

Il clima di ostilità, creato da una minoranza assolutamente esigua di docenti e studenti, ha infine suggerito questa amara soluzione, essendo venuti meno - come ha scritto il Cardinale Tarcisio Bertone al Rettore - "i presupposti per un'accoglienza dignitosa e tranquilla".

Una rinuncia quindi che, se si è fatta necessariamente carico dei suggerimenti dell'Autorità italiana, nasce essa stessa da un atto di amore del Papa per la sua città. Tutt'altro, dunque, che un tirarsi indietro, come qualcuno ha pur detto, ma una scelta magnanime per non alimentare neppure indirettamente tensioni create da altri e che la Chiesa certo non ama, pur dovendole spesso suo malgrado subire.

Grande è stata la sorpresa e ancor più grande la tristezza dinanzi a quanto accaduto, in particolare per quella considerazione che da sempre la Chiesa nutre nei confronti dell'istituzione universitaria - basterebbe pensare a come e dove sono nate le Università - e che il discorso del Santo Padre preparato per l'occasione è stata riproposta con argomentazioni assolutamente pregnanti e originali. La risposta che Benedetto XVI ha dato alla domanda sulla "vera, intima origine dell'Università", la risposta - dicevo - è da iscriversi idealmente sul frontespizio di ogni ateneo: soddisfare "la brama di conoscenza che è propria dell'uomo. Egli vuole sapere che cosa sia tutto ciò che lo circonda. Vuole la verità". È con questa vocazione squisitamente propria dell'università che deve in ultima istanza confrontarsi anche chi si è sottratto all'incontro col Papa. Di qui il rammarico - non solo nostro, ma generale - nel dover constatare che il "luogo" privilegiato dello studio e del confronto tra intelligenze libere - qual è l'Università, che per questo diventa scuola di vita - si sia precluso di fatto ad una presenza di universale autorevolezza e ad un apporto accademico altissimo, cui ambiscono Università di tutto il mondo.

Questi d'altra parte sono gli esiti del settarismo illiberale, antagonista per partito preso, che, assumendo per pretesto la nota e ormai ben indagata vicenda di Galileo, hanno superficialmente manipolato la posizione a suo tempo espressa da Joseph Ratzinger, facendone una bandiera impropria per imporre la loro chiassosa volontà.

Come cittadini e come Vescovi d'Italia non possiamo non essere preoccupati. Seppur ci conforta che l'assenza forzata all'incontro è presto diventata una presenza assai più dilatata del previsto.

L'importante discorso non solo è stato letto alla Sapienza, ma è stato anche pubblicato su numerosi giornali, guadagnando allo stesso un ascolto incomparabile. La straordinaria folla di fedeli e di cittadini che ieri, domenica, sono convenuti su invito del Cardinale Vicario in Piazza San Pietro per la recita dell'Angelus, è la testimonianza fedele dei sentimenti forti che albergano nel popolo italiano. Il che ci induce, nonostante tutto, a guardare avanti e ad avere fiducia (...)

Per l'inizio del tempo di Avvento, Benedetto XVI ha offerto alla Chiesa universale la sua seconda enciclica: "Spe salvi", che ha suscitato una vasta eco all'interno della comunità cristiana ma anche nell'opinione pubblica generale. Il che, se da una parte dice qualcosa dell'arsura in cui vivono gli uomini d'oggi, dall'altra ci conforta sul fatto che proposte forti sotto il profilo dei contenuti si possono proficuamente fare anche in una temperie rarefatta come l'attuale. Con uno stile felicemente personale, il Papa elabora una proposta sorprendente che va al cuore e alla mente dei fedeli e dei Pastori. Attraverso una tessitura testimoniale, egli conduce un serrato ragionamento in cui storia, filosofia e teologia si intrecciano per decodificare il desiderio di vita buona e felice che c'è nel cuore dell'uomo e di ogni epoca.
Mostrando come, ad un certo punto del cammino dell'umanità, le due grandi idee-forza, la ragione e la libertà, si sono come sganciate da Dio, per diventare autonome e contribuire all'edificazione di un "regno dell'uomo" praticamente contrapposto al Regno di Dio, il Papa evidenzia il diffondersi di una mentalità materialista, che ha fatalmente illuso e deluso. Se per l'uomo moderno la novità sta nella correlazione, anzi nella sinergia, tra scienza e prassi, e l'attesa viene riposta nella successione stupefacente delle scoperte che hanno contrassegnato gli ultimi secoli, ecco che prende piede l'"ideologia del progresso", ossia una "visione programmatica" per la quale la restaurazione del paradiso perduto non si attende più dalla fede, ma appunto dallo sviluppo scientifico (...)
Non credo di sbagliare se dico che è l'Italia, in particolare, ad avere oggi bisogno della speranza (...) Diagnosi più circoscritte circa i punti della crisi pubblica che ci affligge peraltro non mancano e il Presidente della Repubblica, nell'incontro prenatalizio con i dirigenti della politica, non ha mancato di farvi riferimento. A noi Vescovi interessa, se possibile, guardare più in profondità, alla crisi interiore che è in parte causa e radice della stessa crisi pubblica, seppur non ci sfuggono le tante, innumerevoli testimonianze di bene che prendono forma sul territorio (...)

La Chiesa non vuole e non cerca il potere, come pure viene scritto in questa stagione su taluni giornali. Con la sua testimonianza pubblica e grazie alla capillarità della sua presenza vicina alla gente, la Chiesa vuole aiutare il Paese a riprendere il cammino, a recuperare fiducia nelle proprie possibilità, a riguadagnare un orizzonte comune (...)

La Chiesa, ad esempio, dice sì alla famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Per questo si oppone alla regolamentazione per legge delle coppie di fatto, o all'introduzione di registri che surrogano lo stato civile.

Non la muove il moralismo, o peggio il desiderio di infliggere pesi inutili o di frapporre ostacoli gratuiti. Al contrario, abbiamo a cuore davvero il futuro e il benessere di tutti. Conferendo diritti e privilegi alle persone conviventi, apparentemente non si tolgono diritti e privilegi ai coniugi, ma si sottrae di fatto ai diritti e ai privilegi dei coniugi il motivo che è alla loro radice, ossia l'istituto matrimoniale che nessuno - a questo punto - può avere l'interesse a rendere inutile o pleonastico, o a offuscare con iniziative, quali il divorzio breve, che avrebbero la forza di incidere sulla mentalità e il costume, inducendo atteggiamenti di deresponsabilizzazione (...) La struttura della famiglia non è paragonabile ad una invenzione stagionale e questo per almeno due motivi. Il primo è relativo alla indubitabile complementarietà tra i due sessi; il secondo, riguarda il bisogno che i figli hanno, e per lunghi anni, di entrambe le figure genitoriali, quanto meno per il loro equilibrio psichico e affettivo (...)

La Chiesa, mentre fermamente si oppone alle discriminazioni sociali poste in essere a motivo dell'orientamento sessuale, dice anche la propria contrarietà all'equiparazione tra tendenze sessuali e differenze di sesso, razza ed età. C'è un gradino qualitativo che distanzia le prime dalle seconde, e non è interesse di alcuno misconoscere la realtà che appartiene alla struttura dell'essere umano in quanto tale (...)

È ancora per dire sì alla dignità della persona che la Chiesa denuncia la logica relativistica che domina nei consessi internazionali, per la quale l'"unica garanzia di una umana convivenza pacifica tra i popoli, (è) il negare la cittadinanza alla verità sull'uomo e sulla sua dignità nonché alla possibilità di un agire etico fondato sul riconoscimento della legge morale naturale": sono parole di Benedetto XVI, pronunciate alle Organizzazioni non governative cattoliche che erano andate a visitarlo il 1° dicembre scorso (...)

Una vasta eco ha avuto nel mese di dicembre la moratoria contro la pena di morte votata nell'assemblea dell'Onu da 104 Paesi. Com'è noto, per raggiungere questo risultato, molto ha lavorato l'Italia, che infatti è stata riconosciuta come la vera artefice dell'importante pronunciamento. Ci piace qui rilevare come questo obiettivo, al nostro interno, sia stato perseguito sia dalla società civile che dai responsabili politici, in una fruttuosa complementarietà che ha procurato all'iniziativa diplomatica il più vasto consenso popolare.

Era in qualche modo inevitabile che, votata la moratoria contro la pena di morte comminata dagli Stati come sanzione ai delitti più gravi, si ponesse l'attenzione ad un'altra gravissima situazione di sofferenza del nostro tempo qual è, con l'aborto, l'uccisione di esseri innocenti e assolutamente indifesi. È vero che concettualmente non c'è perfetta identità tra le due situazioni, ma solo una stringente analogia, che tuttavia non fa certo derivare la condanna dell'aborto da quella della pena di morte, giacché il delitto di aborto è, come avverte il Concilio Vaticano II (GS n. 51), abominevole di per sé, ed è un'ingiustizia totale.
Come non valutare benefica la discussione che, nel nostro Paese, si è aperta nel corso delle ultime settimane, e come non essere grati a chi per primo, da parte laica, ha dato evidenza pubblica alla contraddizione tra la moratoria che c'è e quella che fatichiamo tanto a riconoscere? (...)
Da parte della Chiesa non esiste alcuna "intenzionalità bellica" (...) Chiediamo, almeno come cittadini di questo Paese, che si verifichi ciò che la Legge - intitolata alla "tutela della maternità" - ha prodotto e ciò che invece non si è attivato, soprattutto in termini di prevenzione e di aiuto alle donne. Inoltre, come si può, solo per questa legge, deliberatamente ignorare il portato delle nuove conoscenze e i progressi della scienza e della medicina e non tener conto che oltre le 22 settimane di gestazione c'è già qualche possibilità di sopravvivenza? Per questo occorre razionalmente non escludere almeno l'aggiornamento di qualche punto della legge, pur continuando noi vescovi a dire che non ci può mai essere alcuna legge giusta che "regoli" l'aborto (...)
Grande impressione ha suscitato a ridosso delle feste natalizie il rogo che nell'acciaieria torinese della ThyssenKrupp ha procurato la morte - immediata o successiva - di ben sette operai, alcuni dei quali ancora giovani. Il confratello Arcivescovo di Torino, Cardinale Severino Poletto, ha pronunciato nelle omelie delle quattro Messe esequiali parole doverosamente severe, alle quali noi cordialmente ci associamo. Sono drammi che le nostre comunità parrocchiali conoscono uno ad uno, e a cui i nostri sacerdoti sono vicini. E bisogna dire che anche il cordoglio politico non è mancato e non manca. Le organizzazioni imprenditoriali e le singole aziende devono fare un passo avanti in quell'autodisciplina rigorosa e metodica che nel rispetto coscienzioso delle leggi potrà dare risultati importanti. Dal canto suo, la politica non può più limitarsi alle parole o ai provvedimenti che nascono evasivi. Bisogna che ciascuno, per la sua parte di responsabilità, senta che la popolazione è stanca di promesse e misura qui, più che in altri campi, l'affidabilità e credibilità del sistema Paese.
Affidabilità e credibilità sono vistosamente in gioco anche nella vicenda delle immondizie che da troppo tempo sta affliggendo Napoli e la Campania senza che l'opinione pubblica locale e nazionale riesca a capire come stiano effettivamente le cose: fino a dove c'entra la malavita organizzata e le complicità di cui essa gode, e dove comincia la mala-politica, la latitanza amministrativa, il palleggiamento delle responsabilità, l'ignavia delle istituzioni. Il confratello Arcivescovo di Napoli, Cardinale Crescenzio Sepe, insieme ai Vescovi della Campania, hanno preso posizione ferma, e noi non possiamo che essere solidali con loro.
Altro versante problematico, nel quale la Chiesa sa di dover dire il suo sì agli italiani, è quello della moralità sociale e della legalità pubblica che sono dimensioni proprie della cittadinanza rispetto ai vincoli collettivi. Situazioni specificatamente delicate si presentano - com'è noto - in alcuni territori del Paese, quelli più interessati dalla malavita organizzata, dalla 'ndrangheta e dalla mafia, fenomeni che da tempo tendono peraltro a ramificarsi all'esterno, in regioni un tempo immuni e anche - come s'è visto l'estate scorsa - all'estero. Non possiamo, a questo riguardo, non apprezzare ciò che sta avvenendo per iniziativa delle associazioni di volontariato, chiamate Addiopizzo o in altro modo, e anche di importanti associazioni di categoria (...) Un analogo appello accorato era prima venuto dai confratelli della Calabria. A questi Vescovi e alle loro Chiese va la solidarietà convinta della nostra Conferenza, insieme all'impegno per una accorta vigilanza in ogni regione d'Italia.
Nel 60° anniversario della Carta Costituzionale che, specialmente nella sua prima parte, è così antropologicamente significativa - e dunque vera nel senso di non superata - e in un momento della vita sociale così delicato e con varie sfide aperte, non possiamo come Vescovi non rivolgerci all'intera classe politica per esprimerle la nostra considerazione e il nostro incoraggiamento.
Nessuno si stupisca se in questo quadro diciamo una parola ai politici di ispirazione cristiana, a coloro che tali sono e così si sono presentati al corpo elettorale, al quale devono rispondere (...) Sui temi moralmente più impegnativi, assecondare nelle decisioni una logica meramente politica, ossequiente cioè le strategie o le convenienze dei singoli partiti, è chiaramente inadeguato. Lo è per una coscienza schiettamente morale, ma lo è ad un tempo per una coscienza anche religiosamente motivata (...) Quando si tratta di avviare proposte legislative che vanno in senso contrario all'antropologia razionale cristiana, i cattolici non possono in coscienza concorrervi. Non c'è chi non veda infatti che una cosa è operare perché un male si riduca, altra cosa è acconsentire, in partenza, che leggi intrinsecamente inique vengano iscritte in un ordinamento. E non si tratta, qui, di un'imposizione esterna, ma di una scelta da operare liberamente in una coscienza "già convenientemente formata" (GS n. 43). Rispetto alla quale non possono esistere vincoli esterni di mandato, in quanto la coscienza è ambito interno, anzi intrinseco, alla persona, e dunque obiettivamente non sindacabile (...)
Sul fronte sociale, le testimonianze che direttamente raccogliamo nei nostri contatti con la gente ci avvertono che nell'anno appena trascorso si sono aggravate le condizioni economiche di molte famiglie (...)

Ogni nuovo figlio, oltre che una speranza di vita, rappresenta purtroppo un rischio in più di impoverimento. "Di fatto - sottolineava in conclusione la stessa Caritas - l'Italia incoraggia le famiglie a non fare figli".

Rispetto a questo contesto, l'azione di governo attraverso la legge finanziaria ha dato risposte assai parziali come il bonus - pure importante - per gli incapienti. A fronte di misure positive volte alla generalità dei contribuenti, quali gli sconti per i proprietari di abitazione e per gli affittuari a basso reddito, è urgente una strategia incisiva d'intervento strutturale volta al sostegno della famiglia nei suoi compiti di allevamento e cura dei figli (...) Le cifre relative alla povertà segnalano come sia necessario porre mano con urgenza - anche in riferimento alla continua, allarmante crescita dei prezzi - a una politica di rinforzo degli stipendi più bassi e delle pensioni minime, e in questo contesto esprimere un sostegno alle famiglie non limitato ai soli redditi, ma mirata ai carichi familiari (...)

(©L'Osservatore Romano - 21-22 gennaio 2008)

IL TESTO INTEGRALE DELLA PROLUSIONE DEL CARDINALE BAGNASCO

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