21 gennaio 2008

L’Italia contro l’intolleranza In 200mila a San Pietro ridanno voce a Ratzinger (Scafi per "Il Giornale")


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L’Italia contro l’intolleranza In 200mila a San Pietro ridanno voce a Ratzinger

di Massimiliano Scafi

Duecentomila anime, certifica a metà mattina la solerte gendarmeria pontificia. Duecentomila facce, sparse tra Castel Sant’Angelo e il colonnato del Bernini, puntate a mezzogiorno verso un uomo vestito di bianco che si affaccia alla finestra, prega e invita al dialogo. Le facce dei giovani con i capelli lunghi e la chitarra e quelle dei preti e delle monache che si alzano la tonaca e fanno il girotondo in mezzo alla piazza. Le facce di bambini con la bandierina papalina e di turisti con fotocamera e quelle di circostanza dei politici dei due poli. Sotto il sole di San Pietro, c’è un pezzo di popolo della Repubblica italiana che vuole «abbracciare» Benedetto XVI. Ma questo non è l’esercito di Dio e nemmeno il nuovo Pci, il partito clericale italiano. «Questa - dice Camillo Ruini - è la risposta della gente che ama il Santo Padre».

No, insistono, la politica non c’entra. Lo aveva detto l’altro giorno l’uomo che ha organizzato tutto, il cardinale vicario: «Non è un comizio, è una preghiera, il Vaticano non vuole interferire». Lo ripete adesso addirittura il vicepremier Francesco Rutelli: «È vero, qui la politica non c’entra nulla. Quello di oggi è un qualcosa di più grande, è gesto di riconciliazione, di affetto e di amicizia dei romani nei confronti del Pontefice. Se si trasforma la fede in un derby non si va da nessuna parte». Certo, bisogna «denunciare le barbarie illiberali», come dice Fabrizio Cicchitto, «difendere la libertà di pensiero», come precisa Dario Franceschini, e forse anche «affermare i valori dell’identità cristiana in Italia», come aggiunge Pier Ferdinando Casini.

Però, almeno a parole, nessuna crociata e nessuna nostalgia per il Papa re. E in piazza, come ha preteso il Vaticano, niente bandiere di partito. Queste di San Pietro non sono dunque le truppe del Pontefice, ma come racconta Juan Carlos, portavoce di un gruppo di fedeli venuti dal Brasile, «persone che vogliono dimostrare il loro affetto a Benedetto XVI». È chiaro, i fatti della Sapienza hanno lasciato tracce. Basta leggere qualche striscione: «Il sonno della ragione genera mostri», da Francisco Goya, «Liberi di ascoltarti», «Cristo è la vera Sapienza». Basta ascoltare Carmelo Lentino, segretario dei Giovani Insieme: «È una risposta all’intolleranza, un riscatto per l’intero mondo studentesco, necessario per cancellare l’immagine cupa offerta nei giorno scorsi». E basta sentire monsignor Rino Fisichella, rettore della Pontificia università lateranense: «Il segno che vogliamo dare è che quando il Papa parla, in qualsiasi luogo, merita di essere ascoltato».
E così adesso lo ascoltano tutti mentre «da professore» dice: «Dovete essere rispettosi delle opinioni altrui e cercare verità e bene». Il discorso di Ratzinger è accolto da applausi e boati e seguito anche sui maxischermi. Nella folla che ondeggia spiccano la sciarpa rosa di Clemente Mastella, la bandiera americana, qualche tricolore, il bianco-giallo dei vessilli della Santa Sede agitati da alcune scolaresche, il cappello nero dei preti, un blu dei jeans di molti ragazzi, il bianco-verde dei fazzoletti al collo della delegazione della Cisl capitanata dal segretario Raffaele Bonanni.

In piazza c’è un gruppo di pakistani, ci sono studenti della Sapienza e della Gregoriana, ci sono i legionari del Regnum Christi arrivati da Busto Arsizio, ci sono perfino 500 monarchici con onorificenze spediti da Vittorio Emanuele. Ci sono famiglie, palloncini, frati scalzi, suore imbandierate, Cl, Focolari, Sant’Egidio. Fuci e l’associazione genitori delle scuole cattoliche.

E ci sono i politici. Veltroni ha mandato i suoi due vice, Franceschini numero due del Pd e la Garavaglia prosindaco. Berlusconi lo stato maggiore di Forza Italia: da Biondi a Cicchitto, da Letta a Tajani a Pisanu. Compatto il plotone teodem: Carra, Binetti, Bobba, Baio. Ci sono gli ex popolari Fioroni e Lusetti. C’è tutta An tranne Gianfranco Fini, ci sono i leghisti e c’è l’Udc al completo: Casini, Cesa, D’Onofrio, Buttiglione. Chiudono l’elenco Giulio Andreotti e Francesco Cossiga: i due grandi vecchi hanno assistito al battesimo della nuova Dc?

© Copyright Il Giornale, 21 gennaio 2008, consultabile online anche qui

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