20 febbraio 2008

Il segretario di Stato vaticano oggi all'Avana. Il nunzio Bonazzi: Stato e Chiesa più vicini (Vailati)


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Il segretario di Stato vaticano oggi all'Avana Il nunzio Bonazzi: Stato e Chiesa più vicini

Piero Vailati

«È difficile percepire il sentire profondo della gente, ma penso che l'annuncio di Fidel Castro non sia arrivato del tutto inatteso. Certo, per i cubani è una notizia di grande rilevanza, perché determina una situazione completamente nuova».

Monsignor Luigi Bonazzi, originario di Gandino, dal 2004 è nunzio apostolico a Cuba dove già dallo scorso anno, spiega «si è sviluppato un dibattito a tutto campo sulla situazione nel Paese. Un dibattito soprattutto via Internet, non tanto riflesso nei media ufficiali, ma che ha coinvolto migliaia di persone che rappresentano le intellettualità del Paese. E la conclusione unanime è stata che Cuba ha bisogno di cambiamenti significativi, anche strutturali. Ora, al di là di ogni speculazione, quello annunciato da Castro è il "cambiamento dei cambiamenti"».
E in questo scenario, per una singolare coincidenza, oggi arriva a Cuba il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato del Vaticano. Un momento di dialogo tra due mondi che in passato hanno vissuto forti tensioni, pur senza mai arrivare – a differenza di altre aree del pianeta – alla rottura delle relazioni diplomatiche.

«Soprattutto nei primi due decenni successivi alla rivoluzione del 1959 – quando fu proclamato l'ateismo di Stato – i cattolici hanno attraversato momenti di grandi difficoltà. Emarginati, o addirittura esclusi da incarichi di lavoro o da ruoli nella società che pure avrebbero meritato di ricoprire. Addirittura, molti non hanno potuto neppure entrare nelle università. Poi questa situazione è andata via via evolvendo, perché il tempo fa sempre il suo lavoro. La caduta del muro di Berlino ha comportato anche un processo di revisione all'interno dello stesso regime comunista fino all'eliminazione, nel 1993, della cosiddetta "clausola della professione atea" che il cittadino doveva fare per poter partecipare a pieno titolo alla vita del Paese. Parallelamente si è avviato un lento processo anche nella Chiesa cattolica. E tutto questo ha portato alla storica visita di Papa Wojtyla nel 1998. Da allora sono passati altri dieci anni, che hanno permesso a Stato, Chiesa e comunità cattolica di guardarsi negli occhi con più fiducia e rispetto reciproci. E si è camminato ancora».

Anche se restano, comunque, ostacoli abbastanza ingombranti da rimuovere.

«Diciamo che da un punto di vista personale di ostacoli non ce ne sono, la libertà interiore del credente non è condizionata. Ma oggi la Chiesa a Cuba sconta le vicende che negli anni passati hanno provocato prima un forte esodo, e poi una ripresa molto lenta delle vocazioni. E una Chiesa che con 320 sacerdoti vuole servire un Paese con 11 milioni di persone ha bisogno anche di altri mezzi che aiutino a fare arrivare la testimonianza del Vangelo: radio, tv, giornali. E poi, oltre ai sacerdoti, mancano anche le chiese: negli ultimi cinquant'anni a Cuba non è stato possibile costruire edifici di culto, mentre in ogni città sono sorti interi quartieri nuovi. Ecco perché quello della comunicazione diventa un fattore decisivo, sul quale c'è ancora quasi tutto da fare. Il difficile è far capire che la Chiesa che fa la Chiesa, annunciando Cristo e la sua opera (che è giustizia, promozione sociale, carità, attenzione agli ultimi) non fa concorrenza allo Stato, ma ne aiuta anzi l'opera per lo sviluppo del Paese».

Quanti sono i cattolici praticanti a Cuba?

«Non è una stima facile. C'è una forte appartenenza per così dire "giuridica", cioè legata al battesimo, che può superare anche il 50%, ma la pratica è piuttosto tenue: i vescovi con sincerità riconoscono che non si va oltre il 2%. Che comunque sono già tanti per una Chiesa che ha pochi preti e praticamente nessun mezzo di comunicazione».

Il cardinale Bertone, alla vigilia della partenza per Cuba, non ha escluso – pur con molta cautela – una prossima visita di Papa Benedetto XVI.

«C'è già un desiderio esplicito da parte dei vescovi, non so se ci sia analoga volontà nelle autorità, che peraltro potrebbe esplicitarsi proprio in questi giorni. Le premure mostrate nei confronti della visita del cardinal Bertone mi inducono però a pensare che anche le autorità sarebbero ben disposte».

Una delle tappe più significative del viaggio di Bertone sarà la diocesi di Guantanamo, eretta dieci anni fa in occasione della visita di Giovanni Paolo II, dove operano diversi sacerdoti bergamaschi.

«Tre sono là dal 1999, e un quarto si è aggiunto da un paio d'anni fa. Uno di loro, don Valentino Ferrari, parroco di Baracoa, è stato incaricato dal vescovo di organizzare tutta la parte logistica della celebrazione liturgica e dell'inaugurazione dell'episcopio. Un momento importante per una diocesi povera, nella quale i nostri missionari stanno facendo un grandissimo lavoro. E sono felicissimi della loro esperienza».

© Copyright Eco di Bergamo, 20 febbraio 2008

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