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DAL NOSTRO INVIATO A BRESSANONE
Salvatore Mazza
Ormai è diventata quasi un’abitudine.
Ma non semplice routine. Il desiderio di Benedetto XVI di incontrare «a tu per tu» i sacerdoti , i «suoi» sacerdoti, è la manifestazione del suo volersi fare vicino, in modo quasi informale, ai ministri della Chiesa, dimostrare prossimità ai loro problemi, farli in qualche modo propri.
Al di fuori dalle rigidità che, anche involontariamente, il protocollo impone.
È successo sempre, nel corso delle sue «vacanze» in montagna. A Introd, in Valle d’Aosta, a Lorenzago di Cadore, e ora a Bressanone.
Succede con regolarità ogni anno con i preti di Roma.
Papa Ratzinger l’inaugurò nell’agosto del 2005 con i vescovi tedeschi, a Colonia, e da allora è stato replicato in diverse occasioni, più o meno con lo stesso schema: un tempo privilegiato per porre domande e dare risposte, a porte chiuse. E questo non per qualche motivo di «segretezza» – i testi integrali di questi dialoghi, una volta trascritti dalle registrazioni, vengono in genere diffusi il giorno successivo o al massimo due giorni dopo – ma per consentire il massimo di libertà ai suoi interlocutori.
Uno stile che Benedetto XVI ama al punto da averlo, per così dire, «trapiantato» anche nello schema dei Sinodi.
In quello dell’ottobre del 2005 sull’Eucaristia, infatti, a conclusione di ogni giornata la novità nell’organizzazione dei lavori fu lo spazio che il Papa – sempre presente in aula in questi momenti – volle venisse lasciato alla « discussione libera » , dove chiunque potesse intervenire senza bisogno di prenotazione o di depositare prima un testo scritto. Una sorta di brain storming accolto con grandissimo favore dai partecipanti, con il Pontefice spesso direttamente interpellato e pronto a dare in presa diretta le sue risposte. Per questo la «novità», introdotta ad experimentum nel 2005, verrà riproposta nel Sinodo dell’ottobre prossimo sulla Parola di Dio nella vita della Chiesa.
© Copyright Avvenire, 7 agosto 2008
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