7 agosto 2008

Il Papa: La Cina si apra al Vangelo. L'analisi di Marco Politi


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Il Papa: La Cina si apra al Vangelo

MARCO POLITI

VAL BADIA

La Cina si apra al Vangelo. Pregnante come i versi di una poesia cinese è l' appello che papa Ratzinger lancia a Pechino perché dia spazio a Cristo.
Così appassionato Benedetto XVI non è stato mai e il luogo da cui il pontefice tende la mano è denso di simbolismi. Oies in Val Badia - quindici abitanti - ha dato i natali al santo Giuseppe Freinadametz, un missionario verbita di queste valli che nel 1879 si avventurò in Cina. Come tanti è arrivato sicuro della propria superiorità, come tanti ha poi capito che bisogna entrare nelle viscere di una cultura millenaria per dialogare sul serio con i discendenti del Celeste Impero. Freinadametz non è mai più voluto tornare in Europa. La statua nella chiesa di Oies lo raffigura con la barba e i baffi all' ingiù, tipica dei cinesi di un tempo, con il berretto tondo cinese, con la casacca dalle maniche lunghissime. Una foto nel piccolo museo mostra la capanna di legno e di fango, dal tetto di paglia, in cui fu ospitato da un cinese battezzato. Con gli occhi a mandorla è anche il Cristo abbracciato ai bambini, in un quadro accanto ad altre reliquie. Tra i cinesi Freinadametz ha insistito di morire. E proprio da qui, alla vigilia della prova del fuoco che attende Pechino, Benedetto XVI ha scandito il suo appello. Questo santo, ha detto, è un segno per il futuro: «Sappiamo che la Cina diventa sempre più importante nella vita politica, economica ed anche nella vita delle idee. E' importante - ha esclamato dinanzi alla piccola folla assiepata nella modernissima chiesa, ma sui prati antistanti ce n' era qualche migliaio - che questo grande continente si apra al Vangelo».
E qui Ratzinger ha aggiunto un tocco di poesia. «San Giuseppe Freinademetz - ha raccontato - voleva non solo vivere e morire come un cinese, ma anche nel cielo rimanere cinese».

Un messaggio trasparente per indicare la sintonia tra il cristianesimo e le culture del mondo, che il pontefice ha voluto ulteriormente esplicitare per rassicurare i governanti di Pechino. La fede non è alienazione «per nessuna cultura e nessun popolo», ha rimarcato, perché tutte le culture possono incontrare Cristo e «non vanno distrutte».

Il santo della Val Badia - ha concluso Ratzinger - ha vissuto identificandosi con il popolo cinese nella certezza che «questo popolo si aprirà alla fede di Cristo». L' appello rivela il desiderio del Vaticano di arrivare finalmente a negoziati definitivi con Pechino. «Fanno un passo avanti e due in dietro», si lamentano in Segreteria di Stato. Ma allo stesso tempo la Santa Sede è attentissima a valorizzare ogni segnale positivo. Il cardinale Bertone ha pubblicamente apprezzato che a Pechino in queste settimane resteranno aperte «tre chiese nelle quali si potrà andare a pregare ed assistere alla messa». Il governo ha inoltre invitato ufficialmente alle Olimpiadi il vescovo di Macao e il vescovo coadiutore di Hong Kong. E comunque in Vaticano sono abbastanza soddisfatti per la «concertazione» in merito all' ordinazione di un certo numero di vescovi cinesi. Sotto la superficie si stanno sviluppando, poi, molte micro - iniziative. Don Francesco Sottaro, parroco di Oies, ci racconta che a Pechino opera una "comunità di don Benzi" che si cura di handicappati. Ci ha lavorato per un anno una giovane del paese, Verena. Don Giuseppe Da Pra' , decano della Val di Fassa, riferisce di un pellegrinaggio locale appena tornato da Shanghai, da Pechino e dallo Shandong, dove visse santo Freinadametz. Hanno visitato parrocche e partecipato a messe. «Comunità vivaci, con tanti giovani. E lì - confida sorridendo - pregano forse con più fervore che da noi».

© Copyright Repubblica, 6 agosto 2008 consultabile online anche qui.

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