7 agosto 2008
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Il Papa e i Sacramenti: da giovane ero più severo
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DAL NOSTRO INVIATO A BRESSANONE
SALVATORE MAZZA
Arte, creazione, Sacramenti. E, certo, ministero del prete, pastorale. Sono stati molti, e importanti, i temi toccati ieri mattina nell’incontro tra Benedetto XVI e gli oltre quattrocento preti della diocesi di Bolzano- Bressanone, col loro vescovo Wilhelm Egger. Sei domande, e altrettante risposte. Novanta minuti. Dei quali, al di là dell’«importanza» delle parole del Papa, molto probabilmente quello che resterà è quel suo pensiero, delicato e ammirato, per Papa Wojtyla, «gigante della fede», e testimone «umile» della Passione di Cristo nel modo in cui «ha accettato la distruzione del suo corpo». A dare il 'la' a questa dedica appassionata è stata la terza domanda della serie, rivoltagli da don Willy Fusaro, 42 anni, un sacerdote affetto da sclerosi multipla diagnosticatagli lo stesso anno della sua ordinazione sacerdotale, il 1991, e oggi costretto a vivere in carrozzella. Una domanda sul senso cristiano della sofferenza, e sull’esempio dato da Papa Wojtyla. Alla quale Benedetto XVI ha risposto sottolineando come il pontificato di Giovanni Paolo II si possa «dividere in due fasi». La prima è quella «del gigante della fede», nella quale «con coraggio incredibile e forza straordinaria, gioia di fede e lucidità, ha aperto strade nuove e portato fino ai confini della terra il messaggio del Vangelo», facendo «cadere i muri tra i due mondi».
E c’è poi la seconda fase, quella della decadenza fisica. «Per me – ha aggiunto Ratznger – questi ultimi anni non erano di minore importanza », in quanto «con questa testimonianza umile della sua passione ha portato la croce del Signore con umiltà, e con questa umiltà profonda con cui ha accettato la distruzione del suo corpo ci ha mostrato visibilmente la verità della passione di Cristo». A riferire i contenuti dell’incontro, svoltosi nel Duomo di Bressanone – secondo consuetudine – a porte chiuse, è stato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. Sei domande, quattro in tedesco e due in italiano, dieci minuti per ogni risposta, introdotte da un saluto di Egger il quale, ricordato anche l’anniversario della morte di Paolo VI, ha presentato l’incontro come «una singolare catechesi del mercoledì», un’udienza caratterizzata da domande che «vengono direttamente – ha spiegato – dai sacerdoti», scelte tra quelle che «meglio rappresentano il sentire di tutti e anche la nostra realtà diocesana».
Domande sulla pastorale giovanile (dal seminarista Michael Horrer, reduce dalla Gmg di Sydney) e sul rapporto fra fede e ragione (dal francescano Willibald Hopfgartner); sulla sofferenza (don Fusaro) e sul rispetto per l’ambiente – quest’ultima proposta da don Karl Golser, professore di teologia morale, che fu collaboratore dell’allora cardinale Ratzinger alla Congregazione per la dottrina della fede («lei potrebbe rispondere meglio di me», ha scherzato il Papa ricevendo la domanda). E ancora sulle tante questioni legate alla vita sacerdotale (don Franz Pixner, decano di Kastelruth) e infine quella di don Paolo Rizzi, sulla pastorale dei Sacramenti, se essere o meno 'larghi' nell’amministrazione di Battesimo e Confermazione.
«Molto interessante», l’ha definita Lombardi, la risposta data da Benedetto XVI a quest’ultima domanda: «Quando ero più giovane ero più severo», ha confidato il Papa, poi «col tempo ho capito che bisogna seguire l’esempio del Signore sulla via della misericordia, che accoglie anche un barlume di desiderio di comunione nella fede». Gesù, ha spiegato Lombardi, fu misericordioso ed accolse coloro che erano desiderosi di incontrarlo. Il che, ha poi precisato il Papa, non significa che i Sacramenti vadano amministrati se manca la fede.
Quanto al discorso sulla creazione e alla responsabilità dei cristiani verso l’ambiente, secondo il Papa il Creatore non va «tenuto fuori» dalla storia. E se in passato non sempre si è sottolineato a sufficienza il collegamento tra l’insegnamento della Chiesa sulla redenzione e quello sulla creazione, questo è invece un tema sul quale i cristiani possono esercitare la loro fede, anche dando esempio agli altri con «stili di vita» rispettosi dell’ambiente. Se infatti si «nega» Dio, il mondo è ridotto a «materia», e in un mondo «chiuso nel suo materialismo» è più facile per l’essere umano erigersi ad arbitro delle altre creature e della natura.
© Copyright Avvenire, 7 agosto 2008
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