16 ottobre 2008

Card. Ruini: "Giovanni Paolo II e le visite alle parrocchie della sua diocesi" (Osservatore Romano)


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Le visite alle parrocchie della sua diocesi

Missionario a Roma

Per il trentesimo anniversario dell'elezione di Papa Wojtyla è uscito il libro di Angelo Zema Giovanni Paolo II parroco di Roma. Le visite alle parrocchie della diocesi (Città del Vaticano, Lateran University Press, 2008, pagine 242, euro 15). Pubblichiamo la presentazione del porporato che è stato vicario di Roma dal 1991 al 2008.

di Camillo Ruini

Le visite alle parrocchie romane sono state una componente essenziale dell'attività pastorale del servo di Dio Giovanni Paolo II. Sono state un segno chiaro dell'affetto e della premura con cui egli ha guidato la diocesi di Roma, un suo grande desiderio personale e una sorta di preciso filo conduttore, che attraversa tutto il suo pontificato. Soprattutto, si sono concretizzate in un servizio alle persone, attraverso il suo insegnamento e la sua testimonianza, con cui si è fatto compagno di strada di tutti i cristiani di Roma.
Da un lato, infatti, è possibile delineare un vero e proprio magistero che si dipana da quel 3 dicembre 1978, data del primo incontro con le parrocchie romane alla Garbatella, fino all'ultima visita, a Sant'Enrico, il 17 febbraio 2002, e ancora fino agli ultimi appuntamenti in Vaticano: attraverso queste visite Papa Wojtyla si è impegnato con grande determinazione per dare alla Chiesa e alla città di Roma la coscienza del loro ruolo nel mondo. Si può dire che, in un certo senso, è passato di qui una sorta di "programma pastorale", con indicazioni preziose nel campo dell'evangelizzazione e della catechesi, della testimonianza di carità, della liturgia, di temi chiave come la famiglia e la difesa della vita, solo per citarne alcuni.
Dall'altro lato, lo stile delle visite ha indicato con chiarezza il servizio di amore reso ai suoi fedeli: Giovanni Paolo II dava a tutti la sensazione immediata di essere amati, di vedere in lui il Buon Pastore che ha cura del suo gregge. E la gente percepiva subito questo linguaggio. Avendolo seguito tante volte in mezzo alla folla, come facevo sempre in qualità di suo vicario, vedevo quante persone si commuovevano semplicemente per la possibilità di essergli accanto e di poter avere un contatto con lui.
Non posso dimenticare l'insistenza, direi quasi l'ansia, con cui mi domandava: "Quando andiamo a visitare le parrocchie?". Un'ansia che cresceva via via che peggioravano le sue condizioni di salute. E quando non ha più potuto andare di persona nelle parrocchie, come si ricorderà, ha voluto ricevere altre sedici comunità parrocchiali in Vaticano. Ancora nel gennaio 2005 aveva in mente di ricevere appena possibile quelle che ancora lo attendevano: un desiderio che ha portato con sé, entrando nella casa del Padre.
Ogni visita era preparata con cura: Giovanni Paolo II, infatti, voleva conoscere la realtà della parrocchia in cui si sarebbe recato, e teneva a conoscerla proprio dalla voce dei sacerdoti a cui era affidata. Così ogni incontro era preceduto dal pranzo o dalla cena con i parroci e i vicari parrocchiali, insieme al vescovo di settore e al cardinale vicario, in un clima di grande familiarità e semplicità. Molte volte ho potuto constatare quanto questi incontri abbiano toccato il cuore dei sacerdoti di Roma.
Numerose visite alle parrocchie - è bene sottolinearlo - sono state compiute durante lo svolgimento di due grandi eventi pastorali che, per volontà di Papa Wojtyla, hanno segnato la vita della Chiesa di Roma dalla metà degli anni Ottanta fino alle soglie del grande Giubileo del 2000: il Sinodo pastorale diocesano e la missione cittadina. Il primo (...) si è rivelato una grande scuola pratica dell'ecclesiologia di comunione del concilio Vaticano ii, e ha poi avuto uno sviluppo fecondo e originale nella missione cittadina, una sorta di testamento pastorale che Giovanni Paolo II ha affidato alla sua diocesi, guardando a una Chiesa non ripiegata su se stessa, non sfiduciata, a una Chiesa che brucia dell'amore di Cristo. Uno sguardo che egli ha sempre rivolto alle comunità della sua diocesi, assicurando una parola di incoraggiamento e di speranza di fronte alle inevitabili difficoltà del cammino di fede.
Ovunque al primo posto c'è stata la dimensione della preghiera: come non ricordare l'importanza attribuita da Papa Wojtyla alla celebrazione eucaristica, momento centrale di ogni visita alle parrocchie, o la grande intensità della sua preghiera, nel ringraziamento dopo la messa celebrata in una parrocchia? Davvero la preghiera era il suo respiro vitale, che gli consentiva di dare vigore all'azione evangelizzatrice. Un'azione che (...) l'ha condotto perfino nella casa di una famiglia romana, mostrandolo visibilmente primo missionario della sua città.
Tutta la cura dedicata da Giovanni Paolo II alla Chiesa (...) è stata del resto orientata alla missione e all'evangelizzazione, partendo dalla consapevolezza che solo in Gesù Cristo, morto e risorto, si realizza la salvezza dell'uomo.

(©L'Osservatore Romano - 16 ottobre 2008)

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