11 febbraio 2008

Rispunta Melloni: non una parola sul "caso Sapienza" ma tante frecciatine al Papa...


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Su segnalazione di Eufemia, leggiamo questa intervista a Melloni...poi commentiamo...
R.

«Va rispiegato ai giovani il senso del Concilio II»

Melloni, intellettuale cattolico: il disprezzo antisemita ripudiato dalla Chiesa può tornare a galla

di FRANCESCA NUNBERG

ROMA - Arroccarsi, dialogare, scandalizzarsi, comprendere: mai come in questo momento i rapporti interreligiosi si frangono in un caleidoscopio di reazioni. Alberto Melloni, ordinario di Storia del cristianesimo all'università di Modena-Reggio, è uno dei non ebrei inseriti nella “black list” dei 162 docenti.
Ha lavorato molto su Nostra aetate e ha appena presentato alla Gregoriana un libro curato dalla Fondazione per le scienze religiose che dirige a Bologna e la Hebrew University a Gerusalemme; con lui il rabbino capo Riccardo Di Segni, Andrea Riccardi fondatore di Sant’Egidio e Neville Lamdan, ex ambasciatore di Israele presso la Santa Sede.

Lo storico Gadi Luzzatto Voghera afferma che sono le forme di cattolicesimo più intransigente ad alimentare l'antisemitismo in Italia. Condivide o può indicare cause diverse?

«Non credo che si debba sottovalutare nessuna delle due pentole in cui si cucina ancora oggi il disprezzo antisemita: una è quella di una difesa dei diritti palestinesi che scivola in un odio per lo stato d'Israele come tale e che reinterpreta l'antisemitismo politico passato nella cultura araba, sia islamica che cristiana; l'altra è quella dell'integralismo cattolico che, ora in nome della tradizione, ora in nome della missione, ripropone quell'insegnamento del disprezzo che la Chiesa cattolica ha ripudiato nel Concilio Vaticano II».

Luzzatto afferma che da questo pontificato viene un attacco continuo ai fondamenti del Concilio. Un'accusa fuori luogo?

«L'eredità del Vaticano II è larga e profonda nella chiesa cattolica: non è il prodotto di una ermeneutica, ma di un fatto storico e di una azione dello spirito, che per quel che riguarda il rapporto fra Israele e la Chiesa è stata una vera conversione. Questo è un fatto che sovrasta la sensibilità di tutti. Il problema oggi è che nel mutare delle generazioni le scelte del Concilio - in questo caso il riconoscimento di ciò che Israele pensa di sé come un dato teologico essenziale alla fede cristiana - vanno riconsegnate e fatte proprie da una nuova generazione: se questo manca, se su questo viene meno la funzione dell'episcopato, c'è il rischio che mentalità vecchie di cui s'è già conosciuta la potenzialità negativa tornino a galla».

La preghiera del venerdì santo recentemente modificata da Ratzinger che continua a prevedere la "salvezza" degli ebrei come si inserisce in questo clima?

«La preghiera Pro conversione iudaeorum del messale di San Pio V è stata cambiata già tre volte: la modificò Papa Giovanni che nel 1959 non volle che si dicesse più dopo la Shoah la parola “perfidi”; l'ha cambiata un’edizione del messale di San Pio V del 1962, fatta perché non capitasse che nella Chiesa che celebrava il Concilio fosse lecito dirla come prima; l'ha riformata la Santa Sede in applicazione del Concilio e Paolo VI vi ha introdotto una diversa teologia. Fare ora una nuova preghiera vecchia che per ovvi motivi ricorre alla teologia precedente il Concilio, è una decisione che rischia di eccitare di revanche antiebraica ambienti integralisti».

L'assemblea rabbinica italiana ha preso una posizione molto ostile al riguardo, affermando che così il dialogo tra ebrei e cattolici si interrompe. Come la vede?

«Non credo che la questione di quella preghiera sia terminologica: riguarda le teologie di riferimento. E non riguarda il liturgically correct o la presenza di preghiere “antipatiche” nei libri dell'uno o dell'altro. Il dialogo fra due fedi suppone ed esige la trasparenza delle intenzioni e la franchezza: per cui è comprensibile la reazione forte dei rabbini. Vale però anche il contrario: il dialogo non è una forma di cortesia, ma un aiuto che ciascuno dà all'altro perché sia se stesso: e negare questo aiuto non aiuta».

Esiste un reale pericolo di antisemitismo? Dopo il boicottaggio annunciato alla Fiera del libro di Torino, ieri a Parigi Kantor ha citato addirittura la Notte dei cristalli. Che ne pensa?

«Il rischio è un compagno di strada da cui è difficile liberarsi: il problema, forse, è l'indifferenza al rischio, la sottovalutazione dei tanti razzismi che diventano poi facilmente antisemitismo e dell'antisemitismo che come tale è il paradigma di un odio distruttivo dei legami sociali».

E c'è su questo tema una saldatura tra destra cattolica fondamentalista e sinistra radicale estrema?

«Non credo: ciascuno fa le sue sciocchezze in piena autonomia».

© Copyright Il Messaggero, 11 febbraio 2008 consultabile online anche qui

Melloni, Lei, che e' docente universitario, che cosa ne pensa del fatto che al Papa sia stato impedito di parlare alla Sapienza?
Anche questo fa parte dello "spirito del Concilio"?
Come mai Lei non ha detto una sola parola nelle settimane scorse e coglie ora l'occasione per dare addosso al Papa?
Chissa'...io una riposta ce l'ho
...
R.

3 commenti:

lapis ha detto...

insegnamento del disprezzo? teologia anteriore al Concilio?
davvero non riesco a capire di che cosa parla Melloni. Qualcuno mi spieghi, per favore; non voglio pensare che il problema, il paventato ostacolo al dialogo sia l'aver ribadito che per noi cristiani l'unico Salvatore dell'umanità è Gesù Cristo.

ondeb ha detto...

Mi piace riportare in tema quello che ha scritto il card. Biffi nel suo ultimo libro, in cui riporta uno degli interventi che tenne durante l'ultimo conclave:

"Infine vorrei segnalare al nuovo papa la vicenda incredibile della 'Dominus Iesus': un documento esplicitamente condiviso e pubblicamente approvato da Giovanni Paolo II; un documento per il quale mi piace esprimere al cardinal Ratzinger la mia vibrante gratitudine. Che Gesù sia l’unico necessario Salvatore di tutti è una verità che in venti secoli – a partire dal discorso di Pietro dopo Pentecoste – non si era mai sentito la necessità di richiamare. Questa verità è, per così dire, il grado minimo della fede; è la certezza primordiale, è tra i credenti il dato semplice e più essenziale. In duemila anni non è stata mai posta in dubbio, neppure durante la crisi ariana e neppure in occasione del deragliamento della Riforma protestante. L’averla dovuta ricordare ai nostri giorni ci dà la misura della gravità della situazione odierna. Eppure questo documento, che richiama la certezza primordiale, più semplice, più essenziale, è stato contestato. È stato contestato a tutti i livelli: a tutti i livelli dell’azione pastorale, dell’insegnamento teologico, della gerarchia."

(Giacomo Biffi, "Memorie e digressioni di un italiano cardinale", Cantagalli, Siena, 2007)

mariateresa ha detto...

Infatti, cari ondeb e lapis, il problema è proprio quello, la Dominus Jesus.Non si può dire.
Il dialogo deve basarsi su un galateo verbale dove la preoccupazione principale è non urtare l'interlocutore. Non basta essere rispettosi, bisogna diventare diversi da quello che si è.Conoscevo questo pensiero del cardinale Biffi. E' proprio così, nemmeno con Ario e Lutero.
Bisogna rendersi indistinguibili.