13 ottobre 2008

Inchiesta di Luigi La Spina: Dal “Santo” al Sacro, la sfida e la missione di Papa Ratzinger" (La Stampa)


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Su segnalazione di Eufemia pubblichiamo la seguente, interessante, inchiesta di Luigi La Spina per "La Stampa" di ieri.
Leggiamo e poi commentiamo.
R.

INCHIESTA

Chiese piene la missione di Ratzinger

Dal “Santo” al Sacro, sfida di Ratzinger

Luigi La Spina

Notte d’autunno, in piazza san Pietro. L’aria è mite, ma, come quella notte, ogni tanto è agitata da uno sbuffo di vento, improvviso e rabbioso. Solo un gippone della polizia fa un’inutile guardia vicino alle transenne e il fruscio dell’acqua, nelle due fontane, copre appena il rumore dei passi sui sanpietrini deserti.
L’abbraccio delle colonne del Bernini sembra troppo grande quando si è soli, in uno spazio fatto per stringersi in tanti. Così, il ricordo di quella primavera di tre anni fa, l’ultima veglia accanto al vecchio Papa, fa un po’ di compagnia. Lassù, dove le luci ora sono spente, c’erano due finestre illuminate, ma tutti gli occhi di quella piazza si appuntavano sul barlume fioco della terza. Come per sostenerlo, solo con la forza dello sguardo. Là, intorno all’obelisco, dove ora alcuni fogli di giornale si rincorrono, c’erano candele accese intorno a un gruppo di polacchi, bianchi e rossi, come le loro bandiere. Nell’angolo, dove i fari del «cupolone» non arrivavano, il silenzio raccomandato dagli altoparlanti era smentito persino da una chitarra. Perché ragazzi, venuti chissà da dove, volevano dimostrare che quello strumento di gioia poteva cantare anche il dolore di una fine imminente.
E’ strano come solo le emozioni riescano ad accorciare incredibilmente i tempi della storia e ci mettano al passo di quelli della Chiesa, che conta i millenni. Ma tre anni e mezzo, anche per coloro che credono, sono tanti. Le istituzioni, pure quelle che si pensano eterne, sono fatti di uomini che cambiano e di fatti che li cambiano. Il passato, più è lungo e più sembra rallentare il mutamento che, comunque, non serve far finta di non riconoscere. C’è, ora, un Papa a cui è affidato il compito più difficile che si possa immaginare: quello di custodire la nostalgia di Giovanni Paolo II° senza trasformarla in rimpianto. Benedetto XVI° sta cercando di assolvere la sua improba missione e si può già cominciare a domandarsi se e come ci stia riuscendo. C’è un uomo nuovo, Tarcisio Bertone, anche alla Segreteria di Stato, primo ministro del governo vaticano. C’è, infine, anche un nuovo capo dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco, impegnato in una successione altrettanto ardua: quella della più che ventennale «dittatura» di Camillo Ruini.
Non si può intraprendere un viaggio nella Chiesa italiana d’oggi, nelle sue strutture e nei suoi problemi, senza partire dal suo capo, il Pontefice. Non solo per ragioni formali: il Papa, vescovo di Roma, è il Primate d’Italia. Ma per un motivo più profondo e che non deriva nè da una vicinanza geografica, nè da una subordinazione gerarchica. Per capire i mutamenti di uno stile pontificale, infatti, basta osservare l’adeguamento, immediato e significativo, del profilo della Chiesa italiana. Avviene, se il paragone non sembra sconveniente, come nei giornali, quando cambia il direttore e la prima pagina ne rispecchia subito umori e voleri.
Come negli itinerari a rischio, un cammino «laico» nei sacri palazzi deve guardarsi da molte insidie. Due, almeno, le principali e, apparentemente, opposte. Quella di voler applicare le categorie mentali consuete, della politica nostrana, anche alle vicende d’oltreTevere.
Ma anche quella di fermarsi davanti all’ipocrisia o al timore dei tanti che parlano solo se non vengono citati.
O di chi, per comoda abitudine o per difesa d’ufficio, nega che tra quei palazzi si nascondano i vizi degli uomini comuni, le vanità, le rivalità, i contrasti e, persino, le piccole e grandi guerriglie.
Del resto, fu proprio Benedetto XVI, quando era solo il cardinal Ratzinger, a denunciare, nella famosa via Crucis del Venerdì Santo, un durissimo anatema contro i mali degli uomini di Chiesa.
Da lui ripetuto e inasprito, da decano del Sacro Collegio, proprio prima del Conclave che l’avrebbe eletto Papa.
Se «la continuità, al di là delle persone diverse, costituisce l’ossatura della Chiesa cattolica», come ricorda il nuovo direttore dell’Osservatore romano, Gian Maria Vian, è chiaro a tutti, ormai, come il mutamento dello stile pontificale tra Papa Wojtyla e Papa Ratzinger non sia dovuto solo alla personalità diversa dei due uomini. Giovanni Paolo II esercitò sulla Chiesa un violento scossone «interventista», esigendone una forte presenza pubblica, invitandola ad accettare la sfida del mondo moderno, scolpendo l’identità del cattolico nella società d’oggi. Benedetto XVI, invece, appare più preoccupato di definire i fondamenti di questa identità, pur non trascurando, naturalmente, di rappresentarla.
«Non è un caso - osserva un fine teologo torinese, don Ermis Segatti - che un Papa scriva un libro su Gesù». Proprio perchè il cristianesimo non può vivere su una stanca tradizione, occorre ritornare, quindi, non a una fede consuetudinaria, ma rigenerata da un tuffo, per così dire, nel suo credo originario. Ecco il motivo che unisce i due aspetti più discussi della predicazione di Papa Ratzinger: «l’intrinseca comunicabilità tra ragione e fede», come scrive il rettore dell’Università cattolica Lorenzo Ornaghi in uno degli ultimi editoriali per la rivista «Vita e Pensiero» e il rilancio di quella simbologia che nei secoli ha accompagnato la vita della Chiesa nella storia dell’umanità.
Anche i più convinti difensori dell’opportunità di restaurare uno stile antico nell’immagine del Papa e, in generale, nella liturgia ecclesiastica si rendono conto che questo proposito suscita, dentro e fuori la Chiesa, sorpresa e perplessità. Perchè facilmente lo si assume come prova manifesta di una mentalità conservatrice e chiusa alla modernità. Gli esempi sono numerosi, da quelli più importanti, come l’apertura alla messa in latino e la possibilità di celebrare davanti al Sacramento, cioè dando le spalle ai fedeli, a quelli più esteriori, come l’uso del vecchio copricapo, il «camauro» o il ritorno alla ferula, l’antico pastorale di Pio IX, o la comunione al fedele inginocchiato. Ma questo atteggiamento viene motivato proprio con l’esigenza di «lanciare un messaggio di continuità», come spiega Vian, ma «non bisogna semplicisticamente scambiare la continuità con la restaurazione».
«Questo Papa - afferma don Segatti - è un intellettuale che usa, nella comunicazione, un doppio registro: parla a chi è in grado di comprenderlo attraverso la parola con la volontà di dimostrare la non contraddizione, appunto, tra ragione e fede e, agli altri, attraverso il costume, per sottolineare un valore che ritiene fondamentale, la tradizione popolare».
Una caratteristica che proprio in Italia, al contrario di tante comunità cattoliche europee, resiste e che aiuta i credenti, nel nostro paese, a fronteggiare, con maggior vigore, il processo di secolarizzazione caratteristico di tutte le società occidentali.
La difficoltà di etichettare la linea che Benedetto XVI sta imprimendo alla Chiesa universale, con la conseguenza, come vedremo, di una parallela difficoltà di identificarla in quella italiana, si può cogliere nell’interesse che, in alcuni settori della gerarchia e del laicato di tradizione montiniana e conciliare, si guarda alla concentrazione intellettuale di questo Papa sul recupero delle ragioni della fede. In antitesi, forzata ma comprensibile, alle diffidenze espresse in questi ambienti per gli aspetti di distinzione militante, politica ed etica, del modello cattolico propagandato da Giovanni Paolo II e dal suo alfiere italiano, Camillo Ruini. Come se quel «tuffo» nei fondamenti della fede, riuscisse, in qualche modo, a risucchiare nel suo vortice le tante accezioni con le quali ci si proclama cattolici oggi nel nostro paese.
Il sociologo cattolico Giuseppe De Rita riconduce questo «vero cambiamento tra l’attuale e il precedente Papa alla sostituzione, da parte di Ratzinger, con l’aiuto di monsignor Ravasi, del Sacro al posto del Santo».
Nel senso di un Giovanni Paolo II proteso all’affermazione di una presenza sociale del cattolico, impegnato alla creazione di un nuovo modello di vita pubblica, fondato sull’assoluta promozione dell’uomo. Mentre in Benedetto XVI prevale il mistero, l’emozione del sacro, come messaggio sconvolgente e penetrante nell’animo del popolo, non solo quello cattolico, ma anche quello laico.
Da questo intreccio di ritorno alla centralità della fede, di simbologia tradizionalistica e popolare, anche di formalismo quando ci si presenta in pubblico, la personalità del Papa si riversa sia sulla gerarchia ecclesiale sia sul laicato cattolico con una missione peculiare: l’impegno all’educazione pastorale. Come ricorda Vian, il direttore che è riuscito a dare un’impronta molto più aperta e interessante, anche per i laici, all’Osservatore romano, «c’è un’emergenza educativa nel nostro paese». Lo ripete con toni accorati, alla luce della sua esperienza con i giovani, anche il decano dell’Università salesiana, il trentino padre Franco Lever: «Parallelo al movimento religioso, ci vuole l’incarnazione del vivere secondo la fede, altrimenti la ritualità è vuota. Così come dopo il Concilio tridentino c’è stata una rivoluzione nei seminari, occorre adesso investire fortemente nei leader delle comunità per assicurare la formazione educativa. La necessità di figure del genere è drammatica nella Chiesa d’oggi».
C’è una battuta che circola regolarmente oltreTevere. Come tutte le sintesi, ha il dono di far intuire molte cose, anche se rischia di suscitare alcuni fraintendimenti. Vale la pena, perciò, riferirla, soprattutto perchè aiuta alla comprensione dei riflessi, sulla Chiesa italiana, del mutamento tra i due Papi all’inizio del secolo: «Wojtyla voleva riempire le piazze, Ratzinger vuole riempire le chiese». (1 - continua)

© Copyright La Stampa, 12 ottobre 2008

Davvero molto interessante questo articolo! Ci sono delle "cosucce" su cui non sono molto d'accordo, ma, nel complesso, mi piace l'impostazione di La Spina. Peccato per quel continuo confronto fra Papi che ormai fa sbuffare anche le oche.
Iniziamo dalla fine
:

«Wojtyla voleva riempire le piazze, Ratzinger vuole riempire le chiese»

Mi piacerebbe guardare in faccia chi ha fatto questo battutone! In tutta onesta' ci puo' essere un Papa che preferisce riempire le piazze piuttosto che le chiese?

C’è, ora, un Papa a cui è affidato il compito più difficile che si possa immaginare: quello di custodire la nostalgia di Giovanni Paolo II° senza trasformarla in rimpianto.

Il compito di Papa Benedetto XVI non e' custodire la memoria di UNO dei suoi predecessori.
Egli non e' il supplente di Papa Wojtyla, ma il successore di Pietro, come tutti i Pontefici da duemila anni a questa parte.
La personalizzazione del Papato e' uno dei problemi che Benedetto XVI ha affrontato con coraggio in questi due anni ricordando tutti i suoi immediati predecessori, non solo Giovanni Paolo II
.

La difficoltà di etichettare la linea che Benedetto XVI sta imprimendo alla Chiesa universale, con la conseguenza, come vedremo, di una parallela difficoltà di identificarla in quella italiana, si può cogliere nell’interesse che, in alcuni settori della gerarchia e del laicato di tradizione montiniana e conciliare, si guarda alla concentrazione intellettuale di questo Papa sul recupero delle ragioni della fede

Giustissimo! Non e' solo difficile ma anche impossibile etichettare Benedetto XVI nelle comuni categorie, giornalistiche e non solo...
Il Papa sfugge ad ogni schema. Conservatore? Si'...
Progressista? Si' (soprattutto in campo sociale). Innovatore? Certamente!
Io direi che c'e' una definizione che piu' gli calza: rinnovatore.
Egli e', se mi passate il termine, innovatore nella tradizione
.

Non voglio aggiungere altro.
Direi che l'articolo di La Spina e' molto interessante perche' ci offre importanti spunti di riflessione.
Molto bello il riferimento a De Rita ed al suo editoriale.
Colpisce il fatto che i commentatori abbiano finalmente compreso che Benedetto XVI vuole farci riscoprire le fondamenta della nostra fede. Non c'e' in lui alcun intento politico, nel senso italiano del termine.
Egli ha intrapreso un lavoro immane vista l'ignoranza che vige in questo momento storico.
E' stupefacente come riesca a colpire la mente di chi lo ascolta spingendolo a cercare, a leggere, a studiare...
Credo che non sia una coincidenza che proprio con Benedetto XVI siano fioriti su internet blog, forum e siti dedicati alla sua persona ed al suo Magistero.
E non e' che i media tradizionali (stampa e tv) non riescano a trovare categorie in cui "ingabbiare" il Papa
.
Raffaella

6 commenti:

mariateresa ha detto...

buongiorno cara. Hai ragione l'articolo è interessante e mi auguro che ne seguano altri. Non mi interessa leggere cose solo apologetiche, mi interessano le cose oneste.L'articolo sembra promettente.
Devo dire che tutte queste difficoltà di interpretazione del pontificato di Benedetto in larga parte sono riscontrate nel mondo intellettuale e giornalistico. Il fedele comune, in larga parte, si è reso conto dello spessore della persona e della sua umanità da tempo.Nonostante la difficoltà di essere papa in questo momento storico e dopo un predecessore che ha governato la chiesa per quasi 30 anni, nonostante gli sforzi, veramente degni di miglior causa, per ridimensionarne la grandezza, la personalità di Benedetto si è imposta. Una mia amica carissima e collega di lavoro, assolutamente fuori dalle cose di Chiesa, mi ha detto qualche giorno fa: "Mi sembra un uomo buono". E da cosa lo capisci, le ho chiesto.""Dal modo di sorridere" mi ha detto.Questo dal mondo degli agnostici. Dal mondo dei credenti prendo come termometro , come sapete, la mia vecchia zia che restò sgomenta 3 anni fa a vedere eletto un papa tedesco. Ora si è parecchio affezzionata, non lo perde mai quando è in televisione e mi ha detto "E' timido, ma parla dritto".
Sì, il nostro Benedetto parla dritto.Parla dritto e quando prende una decisione difficile la prende e basta.La gente comune questo lo avverte.
Avrei tante cose da dire ma non voglio farvi venire la nanna e mi fermo qui.
Perdoniamo La Spina per il confronto tra papi perchè in questo caso gli serve per introdurre il discorso e per argomentare il nuovo inizio di pontificato. Il confronto tra papi è un altro malcostume dei giornalisti che sono convinti, in buona e mala fede , che il fedele comune stia sveglio la notte a confrontare i papi. Ma non è così. E' contro il buon senso e anche la fede , pretendere dei papi clonati.
E la lunga, cercata e riconfermata più volte, collaborazione tra i due (un quarto di secolo!) manda a radicchi tutta l'operazione.

Raffaella ha detto...

Concordo, carissima amica :-)
Lo sai che mia madre ieri ha detto piu' o meno la stessa cosa della tua amica?
Certo mia madre e' molto credente e vuole sinceramente bene a Papa Benedetto, ma ieri ha notato un particolare che mi ha colpito molto.
Verso la fine della Messa, al momento della Benedizione, uno dei cerimonieri ha portato via in modo del tutto innocente il microfono.
Quando si e' accorto dell'errore ha restituito subito il microfono al Papa, il quale, data la Benedizione, si e' aperto in un largo sorriso proprio verso il cerimoniere, quasi per rassicurarlo.
Mia madre l'ha subito notato ed ha detto: si vede proprio che e' un uomo buono!
Ecco, credo che questa sia una delle cifre del Pontificato di Benedetto :-)
R.

mariateresa ha detto...

C'è una cosa in particolare che apprezzo in questo articolo. L'avvertenza esplicita che , per parlare correttamente di una cosa complessa come un pontificato, non è possibile fare uso furbino di questa o quella dichiarazione di prelati annonimi (rane dalla bocca larga) veri o finti e non si può comunque prescindere dalla constatazione che la Curia è come ogni comunità umana, fatta di persone buone e persone maligne, con tutte le dinamiche che conosciamo in ogni ambiente . Ci sono commentatori che ci campano invece su queste servate. Ma il gioco , dopo tre anni, è ormai evidente.Si cerca qualcosa di negativo e se si trova il curiale bilioso è come un invito a nozze e si fa finta di avere scoperto l'America.In realtà lo stesso espediente è stato utilizzato nei confronti di tutti i papi, compreso GPII. E' un'altra cosa che colpisce: chi scrive certi articoli dà per scontato che il lettore non abbia memoria. Ma non è così.
Infine , ed è vero quello che dice La Spina, alcuni usano le stesse categorie della politica nostrana, per parlare di Chiesa, tradendo una conoscenza molto limitata oppure scegliendo coscientemente che le uniche categorie ammesse per conoscere e giudicare il mondo, di qualsiasi cosa si tratti, sono quelle dell'appartenza politica e ideologica. Alcuni miei amici cosiddetti cattolici democratici sono così, ancghe se non se ne rendono conto pienamente.Per loro il primato spetta in fondo alla politica .E' un'opinione rispettabile ma non la mia, da almeno 20 anni.

mariateresa ha detto...

annonimi, che orrore.
volevo dire "anonimi"

Anonimo ha detto...

Cara Raffaella,
ti segnalo questo articolo di Maurizio Crippa "Come il cardinal Andreotti, in arte Giulio, ha reso immortale la chiesa"
Il libro di Massimo Franco letto da Oltretevere
"...Nel 2000 Andreotti scrisse come divertissement per un libro-strenna fuori commercio il raccontino “1° gennaio 2015”. In cui, incredibilmente, azzeccava il nome del futuro pontefice, Benedetto XVI, nonché alcune idee che faranno davvero capolino nel pontificato ..."
http://www.ilfoglio.it secondo articolo.
Alessia

euge ha detto...

Cara mariateresa con te e Raffaella condivido il senso di questo articolo soprattutto, concordo con te sull'effetto deleterio ma, giornalisticamente parlando di impatto sulla gente ( non tutta per fortuna ), delle dichiarazioni di qulche monsignore e cardinale bilioso...... credo che di questi tempi molti di loro siano a Chianciano per ovvi motivi magari in compagni di qualche giornalista, che soffre della stessa patologia. :-))))).
Comunque, resta evidente che un pontificato come quello di Benedetto XVI è comunque complesso ed articolato con obiettivi da raggiungere da far venire mal di mare a parecchi; vedi il dialogo con i musulmani, l'ecumenismo in generale e il voler riportare in rotta la sgangherata Barca di Pietro sempre percossa dalle tempeste.
Ecco perchè io ritengo che Benedetto XVI sia l'unico capace di essere fermo nelle sue posizioni ma, in maniera mite e paterna. Mi auguro che al di là delle famose rane, la gente ed il clero in generale, sappia leggere la vera magnificenza di questo pontificato basato sulla mitezza, sulla chiarezza, la determinazione ed in modo particolare sull'amore per la verità