19 ottobre 2008

Seconda parte dell'inchiesta di La Spina sulla Chiesa Italiana: "I vescovi, il dopo-Ruini e il vuoto della politica" (La Stampa)


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I vescovi, il dopo-Ruini e il vuoto della politica

LUIGI LA SPINA

Sono i tempi che decidono gli uomini o sono gli uomini che condizionano i tempi? La questione è antica e i pareri propendono per l’una o per l’altra alternativa in proporzioni diverse, secondo i casi. Ma quando le scelte sembrano avvedute, per sapienza divina o per saggezza degli uomini, la risposta è sempre a metà strada. E’ forse questo il caso di una delle decisioni più importanti prese finora da Benedetto XVI: la sostituzione del capo della Chiesa italiana. Nella primavera dello scorso anno, Angelo Bagnasco prendeva il posto di Camillo Ruini, da oltre vent’anni alla guida della Conferenza episcopale.
Una presidenza da record, sia per la durata, sia, soprattutto, per il forte protagonismo impresso alla Chiesa italiana durante il suo mandato. Un primato assoluto, quello esercitato dal «professore» emiliano sui vescovi del nostro Paese, tale da essere definito, anche per le indubbie caratteristiche da leader, nel senso weberiano della parola, del personaggio, una «dittatura». Un termine adoperato sia dai suoi critici, che ne lamentavano la scarsa tendenza alla collegialità, sia dai suoi simpatizzanti, che ne esaltavano la superiorità intellettuale e, quindi, sottolineavano gli effetti benefici di tale stile di comando.
Dotato di ironia, e soprattutto di autoironia, come testimoniano tutti coloro che lo conoscono bene, Camillo Ruini, in un’intervista, si è riconosciuto le doti di «un politico». In effetti, anche in questo caso, necessità e vocazione si sono intrecciati efficacemente nel bilancio di una missione che si potrebbe sintetizzare così: mantenere, e se possibile aumentare, dopo la caduta della dc, l’influenza della Chiesa nella società e nelle istituzioni del nostro Paese. Come osservano proprio due ex democristiani che del cattolicesimo italiano sanno molte cose, Marco Follini e Pier Luigi Castagnetti. Il primo definisce Ruini «uno straordinario dirigente politico», che «ha puntato sul centrodestra, ma conservando sempre un profilo di indipendenza, uso a contrattare con Berlusconi mantenendo il coltello dalla parte del manico».
Il secondo, ex segretario di Dossetti, spiega con brutale sincerità perché Ruini si sia scontrato così duramente, negli ultimi quindici anni, con Prodi e, quindi, abbia avversato l’esperienza dell’Ulivo: «Lo ricordo, da professore a Reggio Emilia, come una personalità molto aperta, favorevole agli sviluppi del Concilio, ma, com’era tipico dei cattolici in quel territorio, fieramente anticomunista. Ecco perché non poteva perdonare a Prodi, di cui era stato grande amico, di aver consentito agli ex comunisti di essersi salvati da quella scomparsa che, invece, fu il destino della dc, e di averli addirittura portati al governo».
Un altro ecclesiastico, come Ruini, con la passione della politica, Gianni Baget Bozzo, giudica però assolto e, quindi, sostanzialmente esaurito, il ruolo che l’ex presidente della Cei aveva affidato alla Chiesa italiana: «Lui ha preservato l’autonomia politica dell’istituzione che gli era stata affidata e ha consegnato al suo successore un compito diverso, in una situazione diversa». Lo spirito dei tempi, ma anche i problemi di un’eredità controversa, suggeriscono ad Angelo Bagnasco, la nuova guida dei vescovi nel nostro Paese, non solo un altro «stile» di comando, ma soprattutto un altro tipo di mandato.
Da una parte, il diffuso desiderio di una maggior collegialità nell’individuare la «linea» della Chiesa nei prossimi anni si coniuga opportunamente con le caratteristiche personali dell’arcivescovo di Genova. Come la sua vocazione, più pastorale e meno politica, si adatta meglio a quella che un po’ tutti riconoscono la principale missione che il Papa ha indicato ai vescovi italiani: l’emergenza educativa nella nostra società. Un vero e proprio grido d’allarme che arriva da tutte le regioni del nostro Paese e che, in varie occasioni, lo stesso portavoce della Cei, don Domenico Pompili, ha individuato come drammatico problema per la Chiesa d’oggi. Questione più vicina all’esperienza di Bagnasco, in passato educatore dell’Azione cattolica, che a quella di Ruini, professore e stratega politico.
La necessità di ridefinire il rapporto con la politica, però, nasce da alcune conseguenze che derivano sia dalle mutate condizioni dello scenario italiano sia dagli effetti della linea adottata da Ruini negli ultimi vent’anni. Con le ultime elezioni, infatti, come osserva il caporedattore della rivista «Il Regno» Gianfranco Brunelli, «finisce l’era ex democristiana, sia nella versione dell’Ulivo, sia in quella voluta da Ruini, che, d’altra parte, si riallaccia alla grande tradizione conservatrice cattolica, tipica, per esempio, dell’ex arcivescovo di Firenze, Giovanni Benelli. E’ terminata la funzione del laicato cattolico come punto di riferimento tra la politica e la Chiesa».
Sia sulla sinistra sia sulla destra, in effetti, la Chiesa italiana appare solitaria nel nostro scacchiere politico. I cattolici nel Pd sembrano ridotti al ruolo che fu degli «indipendenti di sinistra» al tempo del pci. Dall’altro lato, come hanno dimostrato le vicende dell’ultima campagna elettorale a proposito di Casini e della «rosa bianca»,
Berlusconi non ha più bisogno dell’imprimatur dei vescovi per ottenere l’appoggio dei cattolici italiani e, quindi, il manico di quella contrattazione che Ruini teneva saldamente in pugno potrebbe sfuggire a un successore che volesse seguire le sue orme. A Bagnasco, perciò, ma soprattutto al nuovo segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone che se ne è attribuito il compito, è affidata la responsabilità di individuare un nuovo modello di rapporto con la politica italiana.
Se è vero, come proclama col solito simpatico slancio polemico Gianni Gennari, il severo censore, sull’«Avvenire», dei colleghi «laici», che «lo stile è diverso, ma c’è una continuità di linea nella Chiesa italiana, dimostrata tra l’altro dalla scelta del nuovo segretario della Cei, monsignor Crociata», è innegabile che il tradizionale «realismo» della Chiesa non può ignorare né una realtà politica diversa, né una distribuzione di ruoli diversa. La grande novità rispetto all’era Ruini è, infatti, l’inserimento, del Segretario di Stato vaticano, come protagonista, nel dialogo presidenza Cei-politica italiana.
Con una clamorosa, perché del tutto inusuale, lettera al nuovo capo della Conferenza episcopale, Bertone, infatti, proprio all’atto della nomina papale di Bagnasco, attribuì a se stesso il compito di intessere i rapporti tra la Chiesa e i politici italiani. Non si sa con quale livello di gradimento il presidente dei vescovi abbia accettato questa disposizione, ma forse è indicativa l’insistenza con la quale, ai vertici della Cei, fanno notare come proprio il nuovo Concordato, quello rinnovato ai tempi di Craxi e Casaroli, attribuisca alla Conferenza episcopale un ruolo rilevante nella negoziazione con il governo in vari campi, dai problemi della scuola ai finanziamenti per il clero.
Solo il tempo, perciò, potrà definire la trasformazione del dialogo a due, quello tra Ruini e le istituzioni dello Stato, in una triangolazione più complessa. Ma una cosa sembra già si possa capire: la Chiesa ha perduto, in Italia, un modello di politica, ma non ne ha trovato ancora un altro.
(2 - continua)

© Copyright La Stampa, 18 ottobre 2008

La prima parte dell'inchiesta:

Inchiesta di Luigi La Spina: Dal “Santo” al Sacro, la sfida e la missione di Papa Ratzinger" (La Stampa)

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