28 febbraio 2008

I Gesuiti vietano la Messa in latino. I fedeli di Sanremo si ribellano... (Il Giornale)


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I Gesuiti vietano la Messa in latino

Federico Marchi

A Sanremo si possono cantare le canzoni sui gay, su Saffo, sulla rivoluzione, ma non si possono cantare le Messe in latino. Il caso è stato sollevato ieri in Comune, mentre alla sala stampa dell'Ariston Roof andavano in scena le solite polemiche sul calo di ascolti, sulle canzoni inedite o meno e sullo spostamento del Festival a Roma. La situazione è seria e rischia di causare un vero scontro in città ma non solo. Tutto ha avuto inizio lo scorso 7 luglio quando il Papa aveva disposto la possibilità di celebrare nuovamente la Santa Messa tradizionale in latino. Condizione necessaria era la richiesta di un gruppo di fedeli composto da almeno 30 persone.


Sanremo si ribella ai Gesuiti: «Vogliamo la Messa in latino»

È così subito nata un'iniziativa che ha portato alla costituzione di un gruppo sanremese cui hanno aderito 250 fedeli. Il 23 dicembre si è svolta la prima celebrazione, in rito tradizionale e cantata in gregoriano, presso la chiesa di Santo Stefano retta dai Padri Gesuiti.

Alla Messa avevano partecipato 500 fedeli, molti dei quali giovani, il che faceva presupporre il ripetersi di queste occasioni come lo stesso Benedetto XVI aveva auspicato.

Il superiore dei Gesuiti per il nord Italia, Padre Alberto Remondini, ha invece decretato l'impossibilità di celebrare Messe in latino se non per eventi eccezionali, escludendo di fatto la possibilità di stabilirne cadenze fisse o periodiche.

«Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso» aveva scritto il Santo Padre nella sua lettera sulla Messa tradizionale.

Proprio su queste parole si basa la protesta attuata dall'associazione di fedeli di Sanremo «Beato Tommaso Reggio» che ora chiede il rispetto di queste intenzioni per poter celebrare nuovamente il rito con date fisse. «Abbiano chiesto chiarimenti sia al Provinciale d'Italia, sia al Superiore Generale dei Gesuiti - ha detto uno dei portavoce Enrico Spitali - precisando che la mancata risposta sarebbe equivalsa ad una conferma del divieto comunicatoci verbalmente». La risposta non è arrivata confermando quindi questa decisione negativa.

«È molto doloroso che questa violazione di un diritto di fedeli e, soprattutto - proseguono i fedeli -, che questo spregio alle disposizioni del Santo Padre provenga dall'Ordine i cui membri, per statuto, formulano un voto speciale di obbedienza al Papa».

Tutto questo mentre si assiste a celebrazioni particolari che sono state approvate, il gruppo sanremese fa infatti riferimento al Padre Gesuita Van Der Eecke e al corso di danza liturgica che si tiene anche a Milano. Il dito viene puntato proprio sullo spirito di obbedienza dei Gesuiti verso il Santo Padre che, in questo caso, sembrerebbe venire meno.

«Evidentemente possiamo affermare che il primo atto del Papa Nero (come viene chiamato il Superiore Generale dei Gesuiti n.d.r.) è una patente di disobbedienza al Santo Padre, quello vero - prosegue Francesco Rilla delegato sanremese di Una Voce per l'Italia - perché decretare che un suo provvedimento, avente immediata forza di legge, non deve essere applicato in alcun luogo di culto è un atto, prima ancora che illegittimo ed abusivo, oltraggioso verso Benedetto XVI».

I fedeli appartenenti al gruppo di Sanremo chiedono, a questo punto, di vedere attuate le disposizioni del Santo Padre anche dai Gesuiti di tutt'Italia e che, dunque, sia espressamente consentito ai Padri di riaprire le porte della loro chiesa al rito antico e alla Messa tradizionale celebrata secondo i libri liturgici approvati dal Papa. «Ci auguriamo - conclude Enrico Spitali - che, per dimostrare nei fatti l'attaccamento al Santo Padre della Compagnia di Gesù, i suoi vertici intervengano a chiarire la situazione incresciosa creata dall'ostracismo ingiustificato ed immotivato alla Santa Messa tradizionale in latino».

Il caso parte da Sanremo ma rischia di assumere un rilievo nazionale per gli sviluppi che potrà aprire.

© Copyright Il Giornale (Genova), 28 febbraio 2008

Dovrebbe essere interpellata la Pontificia Commissione Ecclesia Dei...
Come mai c'e' questo divieto? Quali giustificazioni si adducono?

R.


Soltanto due modi diversi di pregare

di Redazione

C'è un vecchio detto, le cui origini sono incerte, che dice che la santità della Chiesa è dimostrata dal fatto che da 2000 anni esiste … malgrado i preti. Purtroppo oggi lo stato deplorevole in cui si trova parte della gerarchia ecclesiastica non è completamente imputabile alle singole persone. Molti hanno visto nel Concilio Vaticano II non un semplice concilio pastorale senza nessun valore dogmatico, come voluto dal B. Giovanni XXIII e confermato da Paolo VI, ma una specie di 1789 (rivoluzione francese) con il conseguente crollo della disciplina nei seminari, l'impoverimento della liturgia, la perdita del senso del sacro, la distruzione di molti altari di grande pregio artistico nelle chiese e una generalizzata diminuzione della Fede.
La Messa di Paolo VI, papa che ingiustamente aveva cercato di impedire alla Messa fino allora in uso di sopravvivere, era la bandiera di quello spirito sovvertitore. La solennità delle celebrazioni lasciava il posto ad un rito di diversa impostazione. La liturgia latino gregoriana è la liturgia del cielo sulla terra, un cielo che s'impone alla terra nella sua radicale e sontuosa diversità; la liturgia moderna si può definire invece del cielo per la terra con la preoccupazione di adattarsi al mondo ed alla sua mentalità. L'una esprime più il concetto di gerarchia della Chiesa, cioè del farsi guidare dai sacerdoti verso la vita eterna, l'altra predilige lo spirito di comunione fraterna.
Dopo quarant'anni, in cui la nuova Messa è divenuta la regola e si presta senz'altro ad essere celebrata degnamente, bisogna evitare che la diversità dei riti provochi delle divisioni: sono solo due modi diversi di pregare.
Papa Benedetto XVI, ha definito la questione fino allora irrisolta, vuoi per ostilità, vuoi per indifferenza, in modo infallibile con un atto del Magistero ordinario: il Motu proprio «Summorum Pontificum» di cui i punti salienti sono la libertà liturgica e la conferma che l'antico messale non era mai stato abolito. Questo implica che anche la Bolla di San Pio V, «Quo primum tempore» che aveva codificato la Messa, che da lui prende il nome, dopo il Concilio di Trento e la gran confusione che aveva causato la Riforma protestante, è sempre in vigore.
Quel documento al punto VII recita: «In virtù dell'Autorità Apostolica, Noi concediamo, a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l'Indulto perpetuo di poter seguire, in modo generale, in qualunque Chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui dunque avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente: così che Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani e tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che Noi abbiamo prescritta, né, d'altra parte, possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale».
Nel documento di Benedetto XVI è scritto fra l'altro, che il Messale Romano promulgato da San Pio V e nuovamente edito dal B. Giovanni XXIII deve essere considerato come espressione straordinaria della stessa «lex orandi» e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico….
Perciò è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l'edizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa (art.1).

Poi: Se un gruppo di fedeli laici non abbia ottenuto soddisfazione alle sue richieste da parte del parroco, ne informi il Vescovo diocesano. Il Vescovo è vivamente pregato di esaudire il loro desiderio. Se egli non può provvedere per tale celebrazione, la cosa venga riferita alla Pontificia Commissione «Ecclesia Dei» (art.7).

Ragion per cui chiunque, vescovo, parroco o sacerdote di qualche ordine religioso, non solo impedisca di celebrare la santa Messa secondo il rito tradizionale, ma anche non venga, senza una ragionevole causa incontro al desiderio di un gruppo di fedeli che ne facciano richiesta, manca di carità e compie un grave atto di disobbedienza, che potrebbe pure essere sanzionato canonicamente.
Per terminare vorrei solo accennare alla querelle sul sacerdote che «volta le spalle ai fedeli». Prima di diventare Papa, nel suo libro intitolato «Introduzione allo spirito della liturgia», pubblicato nel 2001 dalle Edizioni San Paolo, Joseph Ratzinger aveva auspicato il ritorno alla Messa celebrata con il sacerdote e i fedeli rivolti verso Oriente - il luogo dal quale ritornerà il Signore - come è stato per lunghi secoli fino alla riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II (non «del Concilio»).
Il Cardinale Ratzinger lamentava che nella celebrazione con l'altare rivolto verso il popolo, com'è oggi quasi ovunque (Genova un po' si salva grazie al Cardinal Siri), il prete «diventa il vero e proprio punto di riferimento», e tutto sembra terminare «su di lui»". E così «l'attenzione è sempre meno rivolta a Dio».

Nel libro l'allora Prefetto osservava che, «al di là di tutti cambiamenti, una cosa è rimasta chiara per tutta la cristianità, fino al secondo millennio avanzato: la preghiera rivolta a Oriente è una tradizione che risale alle origini ed è espressione fondamentale della sintesi cristiana di cosmo e storia». L'Oriente significava infatti l'annuncio del «ritorno del Signore» e l'Oriente nelle chiese è rappresentato dal tabernacolo dell'altar maggiore.

© Copyright Il Giornale (Genova), 28 febbraio 2008

Si veda anche:

Sanremo: a chiesa di S. Stefano ritorna la Messa tridentina

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Anche le Brigate rosse nacquero alla a Sociologia di Trento (università cattolica). Poi alla Cattolica di Milano terroristi e fiancheggiatori si sono formati. A pensare che il povero Paolo VI, dopo l'assassinio di Moro, non si riprese più.Cordiali saluti, Eufemia

brustef1 ha detto...

Per risollevare gli ascolti del Festival scendono in campo persino i gesuiti di Sanremo