27 febbraio 2008

Educare i laici alla responsabilità primo dovere della Chiesa (Osservatore Romano)


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Educare i laici alla responsabilità primo dovere della Chiesa

di Nicola Gori

Rendere consapevoli i laici della loro responsabilità di trasformare il mondo è il primo dovere della Chiesa nei confronti della società. A partire da questa consapevolezza i vescovi di El Salvador - in visita "ad limina" dal 25 febbraio - puntano molto sulla promozione umana come ambito privilegiato di impegno pastorale. Gli organismi diocesani sono impegnati nei settori della formazione, dei programmi di sviluppo, della tutela dei diritti umani. "I problemi dello sviluppo del paese - ha detto monsignor Fernando Sáenz Lacalle, arcivescovo di San Salvador e Presidente della Conferenza episcopale di quel paese, nel corso dell'intervista a L'Osservatore Romano - trascendono la capacità delle istituzioni ecclesiastiche, ma i progetti sviluppati dalla Chiesa costituiscono un esempio e un modello che contribuiscono a sensibilizzare le altre istituzioni e gli stessi cittadini.

Qual è la realtà che presenterete a Benedetto XVI durante la visita "ad limina"?

Ogni vescovo ha, senza dubbio, questioni da presentare al Papa. È possibile che, come è avvenuto con Giovanni Paolo II, sia il Papa a farci domande sul presente e sul possibile futuro della Chiesa, sulle persone e sulle istituzioni concrete del nostro Paese. Penso che il Papa si rallegrerà nel sapere che in questi ultimi anni vi è stato un considerevole aumento delle vocazioni sacerdotali e che si sta facendo il possibile per offrire la migliore formazione possibile a queste vocazioni.

Quali iniziative ha preso la Chiesa in El Salvador per sostenere e aiutare i più poveri e i bisognosi?

Il primo dovere della Chiesa in campo sociale è di rendere consapevoli i laici della loro responsabilità di trasformare il mondo. Ciò si realizza attraverso il magistero del vescovo, la predicazione nelle parrocchie e l'evangelizzazione quotidiana e costante che la Chiesa realizza nella celebrazione della Parola e dei sacramenti.
Oltre alla loro educazione e alla loro formazione alla responsabilità e alla solidarietà, l'arcidiocesi di San Salvador, per esempio, promuove alcuni progetti specifici di sviluppo, come risposta a delle emergenze provocate da disastri naturali. Nell'arcidiocesi il Vicariato che si occupa della promozione umana è composto da tre organismi che hanno avuto un grande impatto sulla storia di El Salvador: Caritas-Segretariato sociale; Peba (Programma di educazione basica degli adulti) e Tutela legale.
La Caritas-Segretariato sociale è una fusione di due enti fondati dal mio predecessore, monsignor Luis Chávez y González, il cui processo diocesano di canonizzazione ha già avuto inizio. Ha il compito di educare alla responsabilità sociale, e lo fa attraverso la formazione del laicato e del clero, e di dar esecuzione a diversi progetti. I problemi dello sviluppo del paese trascendono la capacità delle istituzioni ecclesiastiche, ma i progetti sviluppati dalla Chiesa costituiscono un esempio e un modello che contribuiscono a sensibilizzare le altre istituzioni e gli stessi cittadini.
Prendere coscienza della necessità di cooperare insieme per aiutare i più bisognosi è il motivo principale di una colletta annuale di solidarietà dell'arcidiocesi che ha luogo il Mercoledì delle Ceneri. Con questa colletta stiamo educando i fedeli, affinché prendano coscienza del fatto che ognuno deve e può contribuire alla soluzione dei problemi sociali.
Dato che i nostri fondi sono molto scarsi, operiamo grazie alla generosa collaborazione di molte agenzie internazionali, fra le quali desidero segnalare in particolare "Adveniat" e "Misereor", dei cattolici tedeschi.
"Peba" ha come missione l'educazione degli adulti nell'ambito rurale. Ultimamente, con l'aiuto dei vescovi dell'Irlanda, ha sviluppato anche progetti produttivi agricoli. Tutela legale, fondata dal mio predecessore monsignor Arturo Rivera y Damas, ha la missione di vegliare sui diritti umani dalla prospettiva della Dottrina sociale della Chiesa. Sta affrontando nuove sfide suscitate dai cambiamenti sociali in atto in El Salvador.

Nella "Novo millennio ineunte", al n. 29, Papa Giovanni Paolo II parlava di un'entusiasmante opera di "ripresa pastorale che ci attende". In El Salvador questa ripresa pastorale dove ha portato?

È difficile formulare un apprezzamento di questi temi a livello nazionale. Per quanto riguarda l'arcidiocesi di San Salvador (che abbraccia un terzo della popolazione del paese), e altre due diocesi delle otto che compongono la provincia ecclesiastica, possiamo affermare che, unitamente a un aumento delle vocazioni (alle quali ho fatto riferimento in precedenza) si osserva un certo miglioramento in questi aspetti fondamentali della vita cristiana. Nell'arcidiocesi di San Salvador in questo ultimo decennio sono stati elaborati due piani pastorali volti proprio ad alimentare la vita cristiana e a far sì che questo impeto si concretizzi in frutti pastorali, ponendo l'enfasi sulla pastorale familiare, la pastorale dei giovani e la pastorale vocazionale.
Certamente occorre notare che buona parte della popolazione - il 30% - è collegata a sette evangeliche. Un'altra parte notevole è indifferente agli aspetti religiosi e una minoranza è collegata a gruppi giovanili violenti e coinvolti con le droghe.

Essere missionari è parte fondamentale dell'impegno cristiano. Quali iniziative ha preso la Chiesa in El Salvador per fare di questa bella nazione una comunità di discepoli missionari?

Il documento conclusivo di Aparecida è stato accolto molto bene. Sono state tenute delle conferenze con una lettura commentata del testo, che hanno trovato un forte riscontro da parte dei partecipanti.
Si sta insistendo sulla necessità che tutti i cristiani siano missionari nel luogo della società in cui si trovano (oltre che sulla collaborazione nelle diverse iniziative programmate dalle parrocchie o dai movimenti apostolici, dalle associazioni, ecc...). Preparando il grande congresso missionario Cam III - Comla VIII che sarà celebrato a Quito (Ecuador) nell'agosto del 2008, nell'arcidiocesi di San Salvador sono già stati realizzati molti congressi parrocchiali e vicariali. È previsto un congresso missionario arcidiocesano nei giorni 12 e 13 aprile e un congresso missionario nazionale dal 16 al 18 maggio.

La V Conferenza del Celam ha sottolineato che i discepoli e i missionari di Cristo devono illuminare con la luce del Vangelo tutti gli ambiti della vita. Che cosa si sta facendo perché Gesù Cristo sia presente nelle strutture sociali, politiche e culturali della nazione?

Abbiamo parlato in precedenza di un'effettiva apertura alla presenza cristiana nei diversi ambiti della società.
Certamente perdura una mentalità che tende a ridurre l'azione cristiana agli ambiti ecclesiastici. Per questo, da parte dei Pastori si insiste sulla necessità della presenza di cristiani coerenti e "missionari" con la loro testimonianza personale in tutti gli ambiti della società: familiare, politico, culturale, ecc.

Decisamente i laici svolgono un ruolo importante nell'evangelizzazione. In che modo vengono incoraggiati i processi di formazione e di responsabilizzazione per gli agenti di pastorale affinché siano sale della terra e luce del mondo?

Il ruolo dei laici è come il lievito del Vangelo in tutta la società, ed è spiegato molto chiaramente nel capitolo IV della Costituzione apostolica Lumen gentium del Concilio Vaticano II. Certamente non è stato promosso in maniera sufficiente da parte del clero, che talvolta desidera avere il ruolo di protagonista con la conseguente "clericalizzazione" dei fedeli più impegnati e la limitazione della loro azione apostolica all'ambito parrocchiale.
Certamente, si sta superando questo atteggiamento al ritmo dei successivi documenti del magistero, che sottolineano il ruolo irrinunciabile del laico inserito nella società per trasformare il mondo.
In molte parrocchie, nei movimenti e nelle associazioni vengono realizzati programmi di formazione dei laici. Il documento conclusivo di Aparecida è stato studiato con attenzione e alle conferenze hanno partecipato cento laici dell'arcidiocesi. Si è finito per pubblicare una edizione dell'enciclica Spes salvi con commenti e spiegazione dei termini per renderla più accessibile a molti fedeli.

La V Conferenza generale di Aparecida ha posto come sfida la missione continentale. Come vi state preparando per la Grande Missione?

La missione continentale è un obiettivo già presente. Tale missione presuppone la disponibilità di molti cattolici a spostarsi in luoghi diversi da quello in cui vivono abitualmente. Ma, soprattutto, presuppone l'evangelizzazione del luogo della società in cui viviamo (famiglia e vicini, amici, colleghi di lavoro). Ho parlato prima dei congressi missionari parrocchiali, vicariali, diocesani, nazionale e del Comla VIII - Cam III che stanno per essere celebrati. Inoltre sono in cammino numerosi gruppi composti da poche persone che "evangelizzano" zone diverse della parrocchia. E sono numerose le parrocchie che hanno questi gruppi disposti a spostarsi in parrocchie diverse dalla loro. Tutto questo grande movimento è già parte della missione continentale.

È stata certamente significativa, per la vita della Chiesa in El Salvador, la testimonianza dell'arcivescovo Romero. Cosa ne rimane oggi?

Se per eredità spirituale si intende ciò che resta della testimonianza resa da qualcuno dopo la sua morte, io personalmente conservo nel cuore quella che considero una particolare grazia di Dio. Il giorno del sacrilego assassinio sono stato con lui dalle 10 del mattino fino alle tre del pomeriggio. Ho praticamente potuto passare accanto a lui le ultime ore della sua vita. Partecipammo a una riunione fraterna di sacerdoti che si teneva mensilmente. Monsignor Romero non voleva mancare mai. Quando venne nominato arcivescovo, la sua presenza, per forza di cose, divenne meno frequente. Il 1° marzo del 1980, celebrò la messa per l'ordinazione di un sacerdote dell'arcidiocesi. In quell'occasione manifestò la volontà di partecipare alla riunione del mese. Il 24 marzo si fece la riunione. Raggiungemmo insieme la casa dove ci intrattenemmo con gli altri sacerdoti. Ci parlò di un suo progetto sui seminari minori. E parlammo pure del come procurare cibo per i seminaristi (erano tempi molto duri di una autentica guerra civile, di guerriglia). Si parlò poi dei martiri "cristeros" del Messico e del padre provinciale. Espresse la sua preoccupazione per gli ornamenti liturgici della cattedrale - di grande valore artistico - poiché temeva che venissero danneggiati in qualche disordine creato dai guerriglieri. Si intrattenne con noi per il pranzo. Poche ore dopo, alle 18.15 veniva assassinato mentre celebrava l'Eucaristia. Le sue ultime ore furono quelle di un buon Pastore della Chiesa. Personalmente ritengo che sia questa la sua migliore eredità: il suo impegno pastorale per la Chiesa a lui affidata.

(©L'Osservatore Romano - 28 febbraio 2008)

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