14 febbraio 2008

Darwin tradito? La teoria dell’evoluzione è spesso utilizzata per far passare una visione della realtà che esclude il trascendente, ma non è così...


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DIBATTITO. La teoria dell’evoluzione è spesso utilizzata per far passare una visione della realtà che esclude il trascendente, ma non è così

Darwin tradito?

DI FIORENZO FACCHINI

Se Darwin rivivesse si riconoscerebbe nelle posizioni di molti suoi seguaci? Avrei qualche dubbio, se essi vogliono dedurre dalla teoria esplicativa dell’evoluzione per variazione e selezione naturale una visione generale della natura, in cui non c’è alcun bisogno di un Creatore. Questo modo di pensare è strettamente conseguente al naturalismo darwiniano che esclude qualunque riferimento al trascendente.
Ma questo modo di vedere non è richiesto dalla scienza. Né l’evoluzione né il darwinismo obbligano ad essere atei, come è provato da convinti evoluzionisti, anche di marca darwinista, che si dichiarano credenti.
Ma la cosa singolare è che la posizione dei sostenitori del naturalismo darwiniano dimenticano che Darwin stesso, pur dichiarandosi agnostico e manifestando atteggiamenti ondeggianti sul piano religioso, non ha sposato posizioni di ateismo. Nella pagina finale della seconda edizione della sua opera Le origini delle specie, dopo avere rilevato che «vi è qualcosa di grandioso in queste considerazioni sulla vita», aggiunge (rispetto alla prima edizione del 1859) «e sulle varie facoltà di essa, che furono impresse dal Creatore in poche forme od anche una sola».
Queste parole sembrano quasi suggerire l’idea che l’evoluzione sia venuta avanti per delle potenzialità della materia creata, una posizione condivisibile, anche se rimane aperto a proposito dell’uomo la sua dimensione spirituale sulla quale Darwin , pur sostenendo differenze di ordine solo quantitativo tra l’uomo e l’animale, non si pronuncia apertamente.

Se così stanno le cose, si ha l’impressione che la teoria di Darwin sia troppo spesso utilizzata per far passare una certa visione della realtà, così da escludere il trascendente e qualunque rapporto con una ragione superiore ordinatrice della natura.

Tutto resterebbe affidato unicamente alla casualità degli eventi.

Vi sono così darwinisti che negano ogni idea di progetto superiore tirando in ballo la posizione espressa dai sostenitori della teoria dell’Intelligent Design (una teoria criticabile sia dal punto di vista scientifico che filosofico­religioso) e se la prendono anche con Benedetto XVI, quando parla di un progetto di Dio creatore sul mondo e dice che il mondo non può essersi formato né può essere governato dalla casualità.

Questa posizione critica è ricorrente in alcuni ambienti culturali (ad esempio, la rivista Micromega).

Per la verità il Papa non ha mai detto come si sia realizzato in termini scientifici il disegno di Dio sulla creazione, una dottrina costantemente insegnata nel magistero della Chiesa. In ogni caso un progetto può realizzarsi per il concorso di eventi sia deterministici che casuali.

Ma che cosa significa una natura autoformatasi come sostengono non pochi darwinisti? Può una natura autoformatasi, spiegare tutto, come se la realtà naturale nei suoi vari aspetti fosse autosufficiente? Le ragioni ultime possono essere raggiunte con i metodi di osservazione delle scienze positive? Come ha notato Witgenstein, il significato dell’universo non sta nell’universo. La posizione dei naturalisti darwiniani è tipicamente scientista, simmetrica e opposta a quella dei fondamentalisti americani che parlano molto impropriamente di creazionismo scientifico (due concetti che appartengono a due diversi ordini di conoscenza) o sostengono la teoria del disegno intelligente invocando per le modalità del processo evolutivo interventi di un agente soprannaturale lungo il corso dell’evoluzione. Essi prestano così il fianco alle critiche di un progetto intelligente che rivela imperfezioni e insuccessi.
Ma non si può escludere la sfera trascendente solo perché non è dimostrabile empiricamente. E’ arbitrario, non plausibile trasferire in un ambito diverso per natura i metodi delle scienze. Un salto di corsia come quello dei sostenitori dell’Intelligent Design.
Che alla base dell’evoluzione, cioè di una realtà che cambia nel tempo, vi siano proprietà e leggi della materia che le conferiscono questa capacità di evolvere in cammini lenti e tortuosi; che l’armonia delle leggi della natura consentano anche catastrofi e incongruenze è lecito pensarlo, non deriva e non è contro la fede. E’ un modo di pensare laico. Ciò non impedisce, anzi richiede, che con la ragione si possa andare, sempre laicamente, oltre l’orizzonte delle scienze positive ammettendo una sfera trascendente.

Quello che va evitato in un pensiero veramente laico è trarre non dalla ragione, ma da dogmi o verità rivelate argomenti per spiegare eventi della natura che possono essere indagati dalle metodologie delle scienze. Ma le ragioni ultime delle cose, e la stessa dimensione spirituale dell’uomo, per loro natura, non sono oggetto delle scienze empiriche. Parlandone e ammettendole ci si porta su un piano superiore.

Negarle è una opzione personale e ideologica.
Molti seguaci dello scienziato esprimono una posizione fondamentalista, ma l’evoluzione non obbliga ad essere atei Tutto affidato solo alla casualità degli eventi? Ma lo stesso autore delle «Origini delle specie» non ha sposato posizioni di ateismo

© Copyright Avvenire, 14 febbraio 2008

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cercavo informazioni sulle teorie evoluzionistiche enunciate da Darwin in poi e mi sono imbattuto nel suo articolo all’interno, addirittura, del blog Papa Ratzinger. L’ho letto e mi è piaciuto. Perché anch’io, laico, avrei argomentato alla stessa maniera, cercando di di-mostrare la compatibilità e i reciproci rimandi tra scienza e trascendenza. Magari avrei aggiunto, per par condicio…visti i tempi, che anche la Chiesa, attraverso enunciazioni e prese di posizione dogmatiche sulla teoria darwiniana, finisce con sposare le tesi manipolate e distorte dei darwinisti e bollare la scienza, tout court, di ateismo. La teoria creazionista, benché mai sposata ufficialmente dalla nostra Chiesa, è ben accreditata negli ambienti religiosi più ortodossi, cattolici ed ebraici e si caratterizza per l’accesa critica all’evoluzionismo.
Ma Gli uomini e le donne di conoscenza, religiosi o laici, teologi o scienziati che siano, intuiscono che il mondo in cui vivono è misterioso, affascinante e mutevole; ecco perché lo indagano: per conoscerlo. La conoscenza è arte antica, giunta a noi intatta nel suo intento circolare meditativo/speculativo e forte dei suoi strumenti operativi: cuore ed intelletto. Dico cuore e penso a tutto ciò che, come lei scrive, ha a che fare col divino, e di cui, vista la sua conseguente ineffabilità, taccio; e dico intelletto per indicare l’architettura neurale che permette all’ineffabile di prendere forma e parola; entrambi gli strumenti alimentati dall’energia che solo l’esperienza di vita fornisce.
Conoscenza e dogma, dunque.
I dogma sono spazi chiusi che la mente edifica attorno a se per giustificare e salvaguardare le proprie fedi, ragioni ed azioni; i dogma sono solo costrutti pseudo-logici perché, per funzionare come si vorrebbe, presuppongono ciò che si pretende di spiegare.
La teoria di Darwin non è dogmatica, quelle dei darwinisti naturalisti lo sono. Le mistiche spirituali non sono dogmatiche, le religioni, tutte, lo sono.
Quando si parla di crisi della teoria sull’evoluzione della specie di Darwin, in realtà si critica la deriva naturalista intrapresa dall’evoluzionismo che, da Herbert Spencer porta fino alle moderne teorie americane, elaborate intorno al concetto di “Intelligent Design” che si pongono, addirittura,in maniera critica contro la stessa teoria madre.
Tutto ruota, drammaticamente, attorno due centri, entrambi fortemente attrattivi: casualità e finalità.
Darwin era uomo di conoscenza, uomo del suo tempo seppe indagare la natura con cuore ed intelletto e nel raccontare le sue riflessioni mai si spinse fino ad avallare e privilegiare un’interpretazione sull’altra, caso o fine. Si è mantenuto sempre sulla giusta soglia del dubbio, ma ciò non gli ha impedito di formulare tesi che, tutt’ora, rimangono valide ad ogni livello. Per questo le sue teorie non sono dogmatiche, perché lascia liberi scienza e trascendenza di elaborare ognuna le proprie conclusioni, partendo entrambe dai medesimi presupposti generali della teoria stessa.
Grazie

Tommaso Kumb