5 ottobre 2008

Chiesa e Stato in Italia, mai così vicini (Cardia)


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CHIESA E STATO IN ITALIA, MAI COSÌ VICINI

Una concordia durevole due realtà non dissociabili

CARLO CARDIA

La solennità del protocollo e la familiarità dell’accoglienza esprimono entrambe il significato e il valore dell’incontro al Quirinale tra Benedetto XVI e Giorgio Napolitano. Le buone relazioni tra Italia e Santa Sede sono testimoniate da una sintonia tra il Papa e il Presidente della Repubblica che prese l’avvio sin da quando si incontrarono in Vaticano nel 2006.
Non v’è traccia, nei discorsi ufficiali, di una agenda delle relazioni bilaterali, quasi a significare che non c’è contenzioso, non vi sono ombre, nei rapporti istituzionali tra Stato e Chiesa. Anche le rievocazioni storiche – da parte di Napolitano delle ferite della storia, da parte del Papa della Questione romana – stanno lì a ricordare che le divergenze tra le due sponde del Tevere si sono da tempo appianate, che la storia ha saputo ritrovarsi in una concordia durevole tra nazione italiana e cattolicesimo come tra due realtà non dissociabili perché amalgamate da secoli di crescita comune, sin da quando «la barca di Pietro venne a fermarsi sulle nostre sponde».
Il Papa e il Presidente parlano invece del ruolo che oggi lo Stato e la Chiesa, la società e la religione, possono svolgere per il bene di tutti. Napolitano sembra riprendere il filo del dialogo avviato in Vaticano, ricordando come l’Italia sia «permeata dalla presenza viva del cristianesimo», e allarga l’orizzonte oltre i confini nazionali, con uno sguardo preoccupato sul difficile momento che lo scenario internazionale sta vivendo.

L’Italia, dice il Presidente, ha bisogno della Chiesa, ma anche il mondo ha bisogno del magistero di Benedetto XVI, soprattutto oggi nei momenti di grande difficoltà che stiamo vivendo.

Il «vigile richiamo» del Papa «a principi di giustizia nella distribuzione della ricchezza» è ancor più attuale di fronte alle disuguaglianze e alla povertà, al riprodursi di condizioni di guerra e di estrema sofferenza e umiliazione di popoli e nazioni. L’insegnamento e l’impegno della Chiesa a favore del «valore supremo della dignità umana» sono indispensabili per sconfiggere ogni forma di disprezzo e discriminazione razziale. I valori della solidarietà e dell’attenzione agli altri sono necessari anche in economia e in politica, dove gli avvenimenti di questi giorni confermano «i guasti di una corrosiva caduta dell’etica» che è tra le cause della crisi economica che preoccupa tanti Paesi. Tutto ciò porta a condividere i più recenti appelli del Papa ad affrontare e risolvere «l’emergenza educativa» che pone in discussione valori essenziali e che è alla base di una possibile «ripresa di tensione ideale e morale». Sentendo parlare il Presidente viene a mente ciò che Sarkozy disse al Papa nelle settimane scorse: «la religione dona speranza all’uomo, la Repubblica ha bisogno di cittadini ricchi di speranza». Le parole del Papa sono piene di riconoscimenti, e d’amore, per l’Italia e per il rapporto che la lega alla Chiesa. Nelle rievocazioni storiche del Papa un posto particolare spetta alle figure di San Francesco d’Assisi e a Santa Caterina da Siena, che esprimono bene il nucleo più prezioso e intimo della cultura e della profondità dell’animo italiano. Il Papa risponde poi direttamente a Napolitano riconoscendosi nelle sue preoccupazioni per le difficoltà e i timori del momento attuale e offre le capacità e le forze spirituali della Chiesa per risolvere insieme i problemi più ardui.
Soprattutto indica nella responsabilità «nei confronti delle nuove generazioni» il compito più importante per lo Stato e per la Chiesa. Il problema dell’educazione è la chiave indispensabile per garantire uno sviluppo sociale e morale ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, e per consentire ai cittadini di domani di sconfiggere le tentazioni dell’egoismo, i mali del razzismo e della discriminazione, per andare alla conquista di «una libertà autentica, presupposto necessario per un positivo servizio al bene comune». Si può dire che se Napolitano ha allargato il discorso sugli orizzonti del mondo, Benedetto XVI l’ha esteso al futuro, sottolineando l’importanza che l’educazione dei giovani, la tutela della famiglia, la cura di una scuola libera e formativa, hanno per ogni società che voglia salvaguardarsi nei confronti di un possibile declino. Più che in altre occasioni, la sintonia tra Benedetto XVI e Giorgio Napolitano, tra Italia e Santa Sede, è apparsa forte e convinta, ed il messaggio che è venuto dall’incontro al Quirinale è che la Chiesa non chiede nulla per sé, ma è impegnata a favore della collettività, dell’uomo e della sua dignità. La società e lo Stato, nella loro autonomia, possono avvalersi della esperienza e tradizione cristiana come di una preziosa realtà capace di dare forza morale e spirituale alle persone.

© Copyright Avvenire, 5 ottobre 2008

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