4 ottobre 2008

Giovanni Maria Vian sulla visita del Papa al Quirinale: "Due colli molto vicini" (Osservatore Romano)


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Due colli molto vicini

I due colli del Quirinale e del Vaticano non soltanto si guardano con amicizia ma esprimono, nei simboli e nei fatti, una collaborazione crescente, a favore del bene di tutti e della dignità di ogni persona umana.
In Italia e nel contesto europeo, ma secondo una dinamica esemplare anche per altri Paesi. Nell'avvicinarsi di due anniversari molto significativi - l'ottantesimo dei Patti lateranensi (1929) e il centocinquantesimo dell'unità d'Italia (1861) - l'incontro tra il Papa e il Presidente della Repubblica italiana assume così un rilievo e un significato indiscutibili e va salutato come una tappa davvero importante nello sviluppo delle relazioni tra Italia e Santa Sede, relazioni il cui stato è eccellente. Senza dubbio grazie alle figure di Benedetto XVI e di Giorgio Napolitano, grazie alla cordialità che segna il rapporto personale tra il vescovo di Roma e il capo dello Stato, grazie alla molteplice cooperazione istituzionale e grazie, infine, all'impegno quotidiano di innumerevoli donne e uomini, credenti e non credenti che condividono nella lealtà costituzionale la cittadinanza di quel Paese di cui il Romano Pontefice è primate.

E come i due colli che si guardano, i discorsi del Presidente e del Papa si richiamano, quasi rispecchiandosi.

Così Napolitano ha sottolineato, con parole alte e attente, il rispetto reciproco e la collaborazione tra Repubblica italiana e Chiesa cattolica, l'attenzione per l'insegnamento di Benedetto XVI, l'eredità ideale e la presenza viva del cristianesimo in Italia, la condivisione dei principi di giustizia, la necessità di consolidare la pace e di affermare la solidarietà in Europa di fronte a fenomeni mondiali come quelli delle migrazioni e della crescita del razzismo, l'attenzione alla dimensione educativa nello smarrimento etico che sembra travolgere l'economia e la politica, e infine il riconoscimento - che è nella storia italiana e nella Costituzione repubblicana - della dimensione sociale e pubblica del fatto religioso, a cui si aggiunge quello del contributo dei cattolici alla vita del Paese.
Visitando il Quirinale - per secoli residenza papale, dalla quale furono strappati con la violenza ben due Papi - Benedetto XVI lo ha definito «segno di contraddizione», superato dai Patti lateranensi, quando le onde del Tevere trascinarono nel Tirreno i flutti del passato e finalmente riunirono i due colli, secondo l'efficace immagine tracciata da Pio XII nel loro decennale, quando per la prima volta un Romano Pontefice tornò nel colle che guarda il Vaticano.
E il vicendevole rispetto della sovranità dello Stato e della Chiesa è una realtà che in Italia si può verificare ogni giorno. Sotto il segno di san Francesco, richiamato da Pio XI e da Giovanni Paolo II, e che secondo il vescovo di Roma esprime bene la missione della comunità cattolica in Italia. In un servizio all'essere umano che è il suo solo scopo, cosicché non vi è motivo «di temere una prevaricazione ai danni della libertà da parte della Chiesa e dei suoi membri, i quali peraltro si attendono che venga loro riconosciuta la libertà di non tradire la propria coscienza illuminata dal Vangelo». Senza mire di potere o privilegi. Affinché l'Italia, come auspicò Giovanni XXIII, possa custodire quel «testamento sacro» che la impegna di fronte a Dio e di fronte all'umanità.

g. m. v.

(©L'Osservatore Romano - 5 ottobre 2008)

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