28 ottobre 2008

Papa Giovanni XXIII: «Bel discorso, cardinale Frings». Ma l'autore era un certo Joseph Ratzinger (Lucio Brunelli)


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Con grande piacere pubblichiamo questo bellissimo articolo di Lucio Brunelli che ci mostra, in modo del tutto particolare, il legame fra Papa Giovanni e Papa Benedetto.
R.

«Bel discorso, cardinale Frings»
Ma l'autore era un certo Ratzinger


Lucio Brunelli

Papa Roncalli scoprì il talento del professor Ratzinger nel novembre 1961. Apprezzò moltissimo una conferenza del giovane teologo tedesco e disse al cardinale Joseph Frings, di Colonia, che anche lui avrebbe voluto ingaggiarlo come scrittore dei suoi testi.
Le cose andarono così.
Un gesuita italiano, padre Angelo D'Arpa, chiese al cardinale Joseph Frings di tenere a Genova una conferenza su «Il Concilio Vaticano II davanti al pensiero moderno».
In quei mesi fervevano i preparativi per l'assise conciliare che si sarebbe aperta l'anno successivo. Il cardinale di Colonia era uno dei più influenti porporati dell'epoca: aveva fama di «innovatore», finanziava molte Chiese del terzo mondo e godeva di buone entrature nell'appartamento papale. Tanto che durante il viaggio di ritorno in Germania dopo il conclave del '58 già confidava al suo segretario Hubert Luthe la possibilità di un «imminente Concilio». Informazione di cui era ancora all'oscuro gran parte della Curia romana.
Era stato proprio Luthe a presentare a Frings il trentaquattrenne Joseph Ratzinger, allora docente di Teologia all'Università di Bonn.
Il cardinale ascoltò una sua lezione nell'Accademia cattolica di Bensberg, ne rimase ammaliato e da allora lo «assunse» come proprio teologo di fiducia. Quando a Frings fu chiesto di tenere una conferenza sul Concilio a Genova, l'arcivescovo di Colonia decise di mettere alla prova Ratzinger: gli chiese di stendere una bozza del discorso che egli doveva pronunciare.
Di fatto Frings cambiò solo una parolina della bozza ricevuta.
In quel periodo anche il futuro Papa tedesco era noto per le sue posizioni molto aperte: all'esame di abilitazione per la docenza qualcuno lo aveva persino sospettato di modernismo. La conferenza si tenne nel capoluogo ligure il 19 novembre 1961 e riscosse un grande successo nel mondo cattolico.
Il 23 febbraio 1962 il cardinale di Colonia venne convocato in udienza personale da Giovanni XXIII.
Frings sulle prime accolse con un certo tremore l'invito del Papa. «Non ne sapevo il motivo. Dissi dolorosamente al mio segretario Luthe: "Mettimi la mantellina rossa, chissà, potrebbe essere l'ultima volta"».
Temeva che Roncalli lo volesse rimproverare perché il testo preparato da Ratzinger esprimeva idee e tendenze assolutamente innovative rispetto al pensiero dominante nella Curia romana e nelle università pontificie della capitale. Circa il Concilio auspicava un approccio pastorale, per un sano rinnovamento della Chiesa, dal campo della liturgia a una visione meno «monarchica» del papato, con lo scopo di rendere la Chiesa più amica dell'uomo moderno.
Ad esempio nel confronto con l'ideologia marxista Ratzinger (alias Frings) sollecitava la Chiesa a una risposta in positivo: «Poiché il marxismo è una ideologia della speranza, di una giustizia terrena più profonda, spetta alla Chiesa presentare in nuova luce la salvezza che in Cristo è offerta all'umanità, non solo per la vita eterna, ma anche in ordine a quella di quaggiù» (cfr. Gianni Valente, Ratzinger professore , Edizioni San Paolo, 2008)
Lo stesso Ratzinger definì quella conferenza «rivoluzionaria forse no, ma certo un po' audace».
Tuttavia Giovanni XXIII ne fu entusiasta.
Più tardi Frings ricorderà così l'udienza: «Quando entrai nella sala delle udienze del Papa, quest'ultimo mi venne incontro, mi abbracciò e disse: "Stanotte ho letto il suo intervento di Genova e volevo ringraziarla per queste belle argomentazioni". Io ero un po' imbarazzato ma, nello stesso tempo, grato che il Santo Padre avesse letto lo scritto. Credo che molto del suo contenuto fu poi realizzato nel Concilio».
Anche Ratzinger ha raccontato con parole simili l'episodio: «Questa conferenza piacque moltissimo a Papa Giovanni XXIII che abbracciando Frings gli disse: proprio queste erano le mie intenzioni nell'indire il Concilio" (cfr. J. Ratzinger, Vi racconto il mio Concilio , «Reset», maggio-giugno 2005).
Il segretario Luthe, diventato poi vescovo, aggiunse dei particolari gustosi: «Quando, per onestà, il cardinale Frings disse al Papa che il testo non l'aveva scritto lui bensì il professor Ratzinger, pare che Giovanni XXIII abbia risposto che questo teologo avrebbe dovuto elaborare anche i suoi testi perché è importante trovare il giusto consigliere e poter firmare i suoi elaborati» (cfr. Norbert Trippen, L'Osservatore romano , 9 ottobre 2008).
Insomma, quasi un tentativo di… rubare al cardinale di Colonia il suo geniale professorino.
Di fatto, dopo questa udienza, le quotazioni di Ratzinger salirono alle stelle.
Dal maggio 1962 il teologo bavarese fu introdotto nella Commissione preparatoria centrale del Concilio come consigliere per i testi di dogmatica. Poi, iniziati finalmente i lavori assembleari, fu nominato ufficialmente dal Papa peritus conciliare e in questa veste scrisse tutti i più importanti discorsi di Frings (compreso quello in cui chiedeva una riforma radicale, in senso liberale, dell'antico Sant'Uffizio).

La stima di Giovanni XXIII fu sempre ricambiata da Ratzinger.

Nel 1963, a Munster, in uno dei suoi famosi rendiconti sui lavori del Concilio, ricorda così la scomparsa del Papa buono: «Si dice che nessuno è più morto di un Papa morto. Ma questo certo non si applica qui. Si può dire che nessuno è più presente a questo Concilio che il Papa morto. Se è possibile i padri conciliari sono più impressionati adesso dalla sua umile accettazione della volontà di Dio di quanto lo siano stati durante il tempo della sua vita».

Anche negli anni della grande delusione, di fronte agli esiti imprevisti e alle turbolenze dottrinali del periodo postconciliare, Ratzinger non cambiò il suo giudizio su Giovanni XXIII. Distinse sempre le autentiche intenzioni del Papa dalle interpretazioni fuorvianti del Vaticano II.
Nel libro-intervista Rapporto sulla fede il cardinale tedesco, nominato nel frattempo Prefetto dell'ex Sant'Uffizio, dirà: «L'intenzione del Papa che prese l'iniziativa del Concilio, Giovanni XXIII, e di quello che lo continuò fedelmente, Paolo VI, non era affatto di mettere in discussione un depositum fidei che, anzi, entrambi davano per indiscusso, ormai messo al sicuro (…). Il Vaticano II non voleva di certo "cambiare" la fede ma ripresentarla in modo efficace. Così intendevano i Papi e i padri conciliari, alcuni dei quali certamente indulsero a un ottimismo che noi, a partire dalla nostra prospettiva attuale, giudicheremmo come poco critico e poco realistico. Ma se hanno pensato di potersi aprire con fiducia a quanto di positivo c'è nel mondo moderno è proprio perché erano sicuri della loro identità, della loro fede».

© Copyright L'Eco di Bergamo, 28 ottobre 2008

FOTO: il Prof. Joseph Ratzinger con l'allora cardinale di Colonia, Joseph Frings.

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