30 ottobre 2008
Il Papa: "Cristiani ed Ebrei, testimoni comuni dell'amore di Dio". Nota di padre Lombardi sull'apertura degli archivi vaticani (Radio Vaticana)
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Cristiani ed ebrei, testimoni comuni dell'amore di Dio: così il Papa ad una delegazione ebraica. Nota di padre Lombardi sull'apertura degli archivi vaticani
Cristiani ed ebrei diano una testimonianza comune dell'amore di Dio in un mondo spesso segnato da povertà, violenza e sfruttamento: è quanto ha affermato oggi Benedetto XVI incontrando l’organizzazione ebraica dell’International Jewish Committee on Interreligious Consultations, guidata dal rabbino David Rosen. Il servizio di Sergio Centofanti.
Il Papa ha sottolineato la crescente comprensione tra cattolici ed ebrei, riaffermando “l'impegno della Chiesa per l'attuazione dei principi enunciati nella storica Dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II” che “condanna fermamente tutte le forme di antisemitismo”. Questo documento - ha proseguito - ha rappresentato “una significativa pietra miliare nella lunga storia delle relazioni cattolico-ebraiche” e “un invito ad una rinnovata comprensione teologica dei rapporti tra la Chiesa e il Popolo ebraico”:
“Christians today are increasingly conscious of the spiritual patrimony they share…
I cristiani sono oggi sempre più consapevoli del patrimonio spirituale che condividono con il popolo della Torah, il popolo scelto da Dio nella sua ineffabile misericordia, un patrimonio che chiama ad un maggiore reciproco apprezzamento, rispetto e amore (cfr Nostra aetate, n. 4)”.
D’altre parte – ha precisato Benedetto XVI – “anche gli ebrei sono chiamati a scoprire ciò che hanno in comune” con quanti credono nel Signore, “il Dio di Israele”, che si è rivelato attraverso la sua parola, che, come il Salmista dice, è luce per il nostro cammino e ci dona nuova vita (cfr Sal 119,105). “Questa Parola – ha aggiunto - ci spinge a dare comune testimonianza della misericordia, della verità e dell'amore di Dio”. Si tratta di “un servizio vitale nel nostro tempo, minacciato dalla perdita di quei valori spirituali e morali che garantiscono la dignità umana, la solidarietà, la giustizia e la pace”:
“In our troubled world, so frequently marked by poverty, violence and exploitation…
Nel nostro mondo inquieto, così spesso segnato da povertà, violenza e sfruttamento, il dialogo tra le culture e le religioni deve essere visto sempre più come un sacro dovere che incombe su quanti sono impegnati a costruire un mondo degno dell'uomo. La capacità di accettare e rispettare l'un l'altro, e di dire la verità nella carità, è essenziale per superare le differenze, prevenire le incomprensioni ed evitare inutili scontri”.
Ma “il dialogo – ha affermato il Papa - è serio e onesto solo quando rispetta le differenze e riconosce gli altri proprio nella loro diversità”:
“A sincere dialogue needs both openness and a firm sense of identity…
Un dialogo sincero ha bisogno sia di apertura sia di un solido senso di identità da entrambe le parti, per consentire a ciascuno di essere arricchito dai doni dell’altro”.
Il Pontefice ha ricordato gli incontri avuti negli ultimi mesi con comunità ebraiche a New York, Parigi e in Vaticano: incontri che riflettono “i progressi nelle relazioni cattolico-ebraiche”. Infine, ha incoraggiato il Comitato a perseverare nel suo “importante lavoro con pazienza e rinnovato impegno” anche in vista dell’incontro il prossimo mese a Budapest con una delegazione della Commissione vaticana per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, al fine di discutere sul tema: "Religione e società civile oggi".
Da parte sua, nel suo indirizzo di saluto, il rabbino David Rosen, presidente del Comitato, ha ringraziato la Santa Sede per il suo impegno contro ogni forma di antisemitismo. Ha espresso quindi la propria soddisfazione per i chiarimenti avuti in merito alla modifica della preghiera per gli ebrei nella Liturgia del Venerdì Santo. E ha ripetuto la richiesta per un accesso degli studiosi agli archivi vaticani per i documenti relativi al periodo nazi-fascista. Infine ha espresso la propria solidarietà per le violenze anticristiane in India, Iraq e sud-est asiatico.
Ma sulla richiesta relativa agli archivi vaticani ascoltiamo una nota del nostro direttore padre Federico Lombardi:
A proposito delle rinnovate richieste di apertura degli archivi vaticani è utile tener presente questi elementi. A prescindere dalla discussione se essa potrebbe o no dar luogo a novità rilevanti nelle conoscenze storiche sul pontificato di Pio XII, la richiesta è in sé comprensibile e giustificata dal punto di vista della metodologia degli studi storici. Tuttavia occorre comprendere bene ciò che essa comporta come lavoro di preparazione. L’apertura dell’Archivio Segreto Vaticano agli studiosi è stata iniziata da Leone XIII nel 1881 e continuata dai suoi Successori. Il principio seguito generalmente è stato di aprire agli studiosi i documenti “pontificato dopo pontificato” e non in base a un determinato limite di tempo (ad es. 50, 70, 90 anni, come avviene per altri archivi), poiché l’Archivio stesso non è strutturato secondo uno schema semplicemente cronologico, ma appunto “per pontificati”. Finora l’apertura è estesa all’intero pontificato di Pio XI (quindi fino al 1939), i cui documenti sono stati resi accessibili nel 2006. L’apertura agli studiosi degli archivi suppone un impegnativo lavoro di preparazione della documentazione che comprende: la descrizione delle varie posizioni (protocolli, fascicoli, buste, ecc.); numerazione dei fogli; timbratura di singoli fogli per ragioni di sicurezza; rilegatura dei fascicoli di carte più deteriorate o delicate. Il lavoro di catalogazione e ordinamento è lungo e paziente, e il personale specializzato a ciò addetto è limitato. Perciò richiede tempi adeguati. I fondi archivistici che riguardano il Pontificato di Pio XII, ai quali attualmente si sta lavorando appunto per prepararli in vista della possibile apertura, appartengono a tre grandi gruppi, con problematiche proprie: 1) gli archivi delle rappresentanze pontificie; 2) gli archivi della Segreteria di Stato; 3) gli archivi delle Congregazioni romane ed altri Uffici. In totale i fogli assommano a circa 16 milioni di carte, se non più. Le buste da preparare sono 15.430, e i fascicoli 2.500. Il prefetto dell’Archivio Segreto, mons. Sergio Pagano, ha recentemente affermato che con le forze attuali i tempi previsti di lavoro sono di almeno 6/7 anni. Prima di allora è irrealistico pensare ad un’apertura agli studiosi. Naturalmente, poi, una volta che il lavoro di ordinamento sia completato, dato che l’Archivio Segreto è Archivio del Papa, la decisione finale sull’apertura spetterà al Santo Padre stesso.
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