14 ottobre 2008

Anton Bruckner «offre» la sua Sesta sinfonia a Papa Ratzinger (Celletti)


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il concerto

E Bruckner «offre» la sua Sesta sinfonia a Ratzinger

DA ROMA VIRGILIO CELLETTI

Anton Bruckner non poté ascoltare la sua Sesta Sinfonia. Quando il 26 febbraio 1899 a Vienna venne eseguita per la prima volta, l’autore era già morto da tre anni. Lui certamente avrebbe gioito, anche perché sul podio dei Wiener Philharmoniker era quel Gustav Mahler non solo da tempo suo grande estimatore, ma che lo aveva eletto a suo modello imprescindibile nel comporre. Ancora più incontenibile l’appagamento di un cattolico e un credente come Bruckner sarebbe stato ieri sera per una nuova esecuzione dei Wiener, nella Basilica romana di San Paolo fuori le Mura e con un Papa fra gli spettatori. Giusto che a un musicista come questo si legasse una serata dedicata proprio all’Apostolo delle genti, nella chiesa che porta il suo nome, come Benedetto XVI ha voluto sottolineare nel suo ringraziamento agli interpreti della Sinfonia. «Ascoltando questa composizione nella Basilica dedicata a san Paolo – ha detto il Papa – è spontaneo pensare a un passaggio della Prima Lettera ai Corinzi in cui l’Apostolo, dopo aver parlato della diversità e dell’unità dei carismi, paragona la Chiesa al corpo umano composto da membra tra loro molto diverse, ma tutte indispensabili per il suo buon funzionamento.
Anche l’orchestra e il coro sono costituiti da strumenti e voci diverse, che accordandosi tra loro offrono un’armoniosa melodia, gradevole all’orecchio e allo spirito». Nelle nove sinfonie, un corpus maestoso realizzato nella seconda parte della sua esistenza e qui ben rappresentato dalla Sesta, Bruckner riprende e riassume tutta la sua precedente esperienza sacra, espressa in cantate, mottetti, salmi, soprattutto nelle Messe che a loro volta riprendevano la grande tradizione del classicismo viennese. La devozione praticata insieme alla musica da Bruckner fin dall’infanzia nella chiesa della natìa Ansfelden, dove a soli undici anni già era in grado di sostituire come organista suo padre, sarà una costante nelle sue composizioni, dapprima quelle sacre e poi quelle sinfoniche: una devozione così radicata e convinta che ogni giorno ai rintocchi del vespro egli interrompeva le lezioni per recitare la sua preghiera.
Insomma anche le sinfonie sono in qualche modo pagine di musica sacra, sempre in rapporto con l’Eterno: al punto che l’autore consigliava ad esempio di eseguire il Te Deum a chiusura dell’incompiuta Nona. Il concerto di ieri sera è l’evento più atteso del «Festival internazionale di musica e arte sacra» che da sette anni spicca tra le manifestazioni culturali dell’autunno romano. E l’importanza si lega ad almeno tre circostanze: la dedica a san Paolo, la presenza di Benedetto XVI e il prestigio dell’orchestra viennese, diretta per l’occasione da Christoph Eschenbach. In ordine di tempo, questo è il secondo appuntamento della rassegna, e ben si inserisce nella sacralità della scrittura bachiana che, con l’Arte della fuga l’aveva aperta ventiquattr’ore prima nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Dalle altre sinfonie bruckneriane, la Sesta si distingue per un clima più intimista rispetto all’imponenza fonica, alla monumentalità delle altre.
Forse per questo è la meno eseguita; ma proprio una circostanza del genere ne accresce la religiosità e meglio la colloca nello spirito dell’autore. Riesce infatti a rispecchiare nei suoi movimenti e nel perfetto alternarsi di dolcezza ed epicità, mestizia e inquietudine, lirismo ed empito fideistico, il sentimento più riposto del suo autore, le sue visioni e il suo misticismo.
Impeccabile l’esecuzione dei Wiener, sotto la guida ispirata e precisa di Eschenbach.

© Copyright Avvenire, 14 ottobre 2008

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