14 ottobre 2008

I Cristiani in fuga da Mossul: «I sunniti vogliono eliminarci tutti» (Nicastro)


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Fuga da Mossul: «I sunniti vogliono eliminarci tutti»

Andrea Nicastro

Quasi mille famiglie cristiane sono scappate nell'ultima settimana dalla città di Mossul, la capitale settentrionale dell'Iraq.
Almeno 5mila persone come Matti Jacob sono in fuga. «Nella notte di sabato hanno bruciato tre case e domenica scorsa ucciso due cristiani come me, non abbastanza ricchi da essere rapiti per ottenere un riscatto», racconta l'uomo al telefono con il Corriere.
«Uno di loro vendeva jeans turchi e scarpe cinesi— continua Jacob —, l'altro era solo un ragazzo, Ivan Nuwya si chiamava, e avrà avuto sì e no 15 anni. I sunniti vogliono Mossul tutta per loro. Sarò un vigliacco, ma sono scappato anch'io».
Matti vendeva gelati e centrifughe di frutta a Suka, uno dei tre quartieri cristiani di Mossul. Il negozietto era poco più di un anfratto, ma era una sosta d'obbligo dopo la messa. «Lunedì e giovedì — continua il suo racconto Jacob — mi hanno lasciato alcune fotocopie sotto la saracinesca. "Cristiani andatevene o sarete il nostro bersaglio", dicevano. E venerdì è passata un'automobile lì davanti che ripeteva col megafono le stesse parole. Questa volta fanno sul serio». E poi aggiunge, chiaramente spaventato: «Vogliono eliminarci e non c'è nessuno in Iraq a difenderci, americani compresi. Siamo soli, come nel Colosseo, vittime predestinate».
Papa Benedetto XVI ieri ha detto all'Angelus di pregare ogni giorno per i cristiani perseguitati in Iraq come in India e in Congo. Il nostro ministro degli Esteri Franco Frattini gli ha fatto eco, preoccupato «per le violenze contro centinaia di famiglie cristiane» in Iraq.
Il governo di Bagdad risponde spedendo due brigate di polizia a Mossul, all'incirca mille agenti, ma solo ieri le autobomba in città sono state tre contro americani e poliziotti.
Si calcola che i cristiani iracheni (di confessioni diverse) fossero circa un milione ai tempi di Saddam Hussein. Un quarto sono emigrati, un quarto sono sfollati in particolare nella piana di Ninive proprio a nord di Mossul, sotto protezione curda.
Alcuni politici arabi vorreb bero creare lì un'enclave cristiana. I vescovi però si oppongono all'idea del ghetto. «Non vogliamo essere i palestinesi dell'Iraq», dicono.
L'agonia dei cristiani di Mossul fa da contrappeso all' ottimismo dei fan del generale americano Petraeus. «A Mossul non ci sono "Figli dell' Iraq" che caccino Al Qaeda e l'ennesima offensiva iracheno- americana a maggio è fallita. I sunniti vogliono il controllo dei giacimenti petroliferi dell'area. I curdi vorrebbero prenderselo. I cristiani sono schiacciati tra i due», sostiene Faraj Dizhei, politologo curdo di Erbil, 60 chilometri da Mossul. Per molti analisti come lui la caccia ai cristiani sa di petrolio.
I loro voti potrebbero determinare la vittoria tra arabi e curdi in un eventuale referendum sui giacimenti del Nord Iraq, Kirkuk compresa. Non c'è una data per quella consultazione tante volte rimandata.
Di sicuro non sarà prima del voto provinciale di gennaio, elezione da cui Mossul e Kirkuk sono per altro escluse e nel quale i cristiani hanno comunque già perso. I seggi loro garantiti sono stati cancellati.

© Copyright Corriere della sera, 13 ottobre 2008

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