18 ottobre 2008

Domattina, Benedetto XVI sarà al Santuario mariano di Pompei. Intervista a Mons. Liberati (Radio Vaticana)


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Domattina, Benedetto XVI sarà al Santuario mariano di Pompei. L'arcivescovo, Carlo Liberati: la sua visita sia un forte impulso di novità per la nostra vita cristiana

Benedetto XVI si recherà domani al Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei per il suo dodicesimo viaggio apostolico in Italia. Benedetto XVI partirà alle 9 in elicottero dall’eliporto del Vaticano per arrivare verso le 10 nella cittadina campana, dove celebrerà la Messa nella Piazza del Santuario.
Guiderà quindi la Supplica alla Madonna di Pompei, seguita dall’offerta della “Rosa d’oro” alla Vergine e dalla recita dell’Angelus. Nel pomeriggio, dopo il pranzo con i vescovi della regione, Benedetto XVI presiederà alle 17 la recita del Santo Rosario, accompagnandolo con una meditazione, e alle 18 ripartirà per il Vaticano. Il servizio del nostro inviato a Pompei, Sergio Centofanti:

Benedetto XVI è il secondo Papa che si fa pellegrino a Pompei. Prima di lui, Giovanni Paolo II che visitò il Santuario nel 1979 e nel 2003, suo penultimo viaggio in Italia seguito da un’altra città di Maria, Loreto. Papa Wojtyla prese spunto allora dalla devastante eruzione del Vesuvio che, nel 79 dopo Cristo, trasformò in un deserto di cenere una fiorente e ricca città romana: una tragedia umana - disse - che pone con forza “la decisiva domanda su quale sia il destino dell’uomo”. Una domanda - aggiunse - "che trova risposta solo nel Cristo morto e risorto". E infatti quel deserto è rifiorito, dopo 1800 anni, grazie alla fede, la fede di un uomo: Bartolo Longo, un avvocato pugliese, già preda dello spirito anticlericale e positivista della seconda metà dell’‘800: passeggiava nella campagna desolata di Pompei quando sentì una voce: “Diffondi il Rosario e sarai salvo!”. Quella voce ha cambiato la sua vita e trasformato una valle abbandonata di poveri contadini in una cittadina vivente della preghiera e della carità, dove gli orfani, i giovani disagiati, i figli dei carcerati, le donne in difficoltà, gli ultimi insomma, sono diventati i primi. Tutta la storia di Pompei è una vicenda impossibile diventata realtà grazie all’abbandono totale a Maria, grazie alla semplice e profonda preghiera del Rosario.

Una preghiera sempre più attuale come ha ricordato Benedetto XVI il 3 maggio scorso nella Basilica di Santa Maria Maggiore:

Il santo Rosario non è una pia pratica relegata al passato, come preghiera di altri tempi a cui pensare con nostalgia. Il Rosario sta invece conoscendo quasi una nuova primavera. Questo è senz’altro uno dei segni più eloquenti dell’amore che le giovani generazioni nutrono per Gesù e per la Madre sua Maria. Nel mondo attuale così dispersivo, questa preghiera aiuta a porre Cristo al centro, come faceva la Vergine, che meditava interiormente tutto ciò che si diceva del suo Figlio, e poi quello che Egli faceva e diceva”. (Discorso al termine del Rosario nella Basilica di Santa Maria Maggiore, 3 maggio 2008)

La preghiera del Rosario - diceva Giovanni Paolo II - porta la pace nei cuori, la pace nelle famiglie, la pace nel mondo. E attraverso la contemplazione dei suoi misteri - aggiunge Benedetto XVI - si orienta la vita verso Gesù, nei momenti di gioia e di luce ma anche nel dolore:

Ci aiuti Maria ad accogliere in noi la grazia che promana da questi misteri, affinché attraverso di noi possa ‘irrigare’ la società, a partire dalle relazioni quotidiane, e purificarla da tante forze negative aprendola alla novità di Dio. Il Rosario, quando è pregato in modo autentico, non meccanico e superficiale ma profondo, reca infatti pace e riconciliazione. Contiene in sé la potenza risanatrice del Nome santissimo di Gesù, invocato con fede e con amore al centro di ogni Ave Maria”. (Discorso al termine del Rosario nella Basilica di Santa Maria Maggiore, 3 maggio 2008)

Bartolo Longo lo aveva detto ai suoi nel lontano 1901: “Vedrete! Il Papa verrà a Pompei!”. Per la terza volta il Successore di Pietro viene. Il fondatore della Nuova Pompei, come tutti i santi, ha portato avanti la sua missione tra mille tribolazioni e calunnie, sempre fiducioso nella provvidenza e obbediente alla Chiesa. A quanti costernati lo invitavano a reagire di fronte ai rovesci, diceva placido, con la corona del Rosario in mano: “Risveglia la tua fiducia nella Santissima Vergine del Rosario. Devi avere la fede di Giobbe! Santa Madre adorata, io ripongo in te ogni mia afflizione, ogni speranza, ogni fiducia”.

Benedetto XVI torna a Pompei dopo 10 anni.
Era il 1998 quando l’allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, si recò in pellegrinaggio al Santuario mariano col fratello Georg e numerosi collaboratori del dicastero. E rimase colpito in particolare dalla pietà popolare di molti pellegrini. Ma quale rapporto c’è tra pietà popolare e fede?

Isabella Piro lo ha chiesto a mons. Carlo Liberati, arcivescovo prelato di Pompei e delegato pontificio per il Santuario:

R. - Noi sappiamo che il Verbo si è fatto carne: non può esistere la fede in Dio senza l’incarnazione nella realtà della vita. Gesù ci ha detto che dobbiamo mettere in pratica le sue parole, che la fede non esiste se non si manifesta attraverso le opere della nostra vita personale e poi di quella comunitaria e sociale della Chiesa. Quindi, il rapporto tra la “pietà popolare” e la fede è un rapporto necessario. La mia fede, io la devo non solo far vedere, renderla visibile, ma trasmetterla attraverso le opere della fede. E quali sono i mezzi attraverso i quali io posso rendere la mia fede visibile nel popolo di Dio? Con un’attività straordinaria e indispensabile: la celebrazione dell’Eucaristia, attraverso la quale, con Cristo, noi veniamo presentati al Padre e ci facciamo con lui dono. L’Eucaristia è il sacrificio del Cristo Crocifisso e Risorto con noi Chiesa. E questo miracolo si realizza nella pietà popolare, che è fatta anche da tante preghiere, che nasce dall’Eucaristia. E tra le preghiere più belle c’è il Santo Rosario, la “catena dolce” che ci unisce a Dio, come dice Bartolo Longo, il vincolo di amore che ci fa fratelli e che ci unisce agli angeli del Paradiso, noi peccatori e pellegrini sulla Terra, ma che aspiriamo a diventare Santi.

D. - Il Beato Bartolo Longo è stato il creatore di numerose opere sociali: come le porta avanti, oggi, la Prelatura di Pompei?

R. - Abbiamo creato un Centro polifunzionale per l’educazione, al momento capace di ospitare 150 bambini presi dalla strada. Sono figli di carcerati, di separati, di divisi, di ragazze madri o di famiglie sfortunatissime. E noi diamo loro il cibo, il vestiario, la scuola paritaria, il pranzo, il doposcuola, l’educazione civica e l’educazione religiosa. Insieme con loro, abbiamo creato un gruppo-appartamento per l’accoglienza residenziale delle giovani prossime ai 18 anni; la “Casa Emmanuel” per l’accoglienza di gestanti e madri di bambini in difficoltà; il “Centro di aiuto alla vita”, che sostiene donne in difficoltà che decidono di non abortire. Abbiamo creato anche un centro di ascolto “Miryam”, per l’accoglienza, l’informazione, l’orientamento e l’accompagnamento di persone afflitte da varie emergenze sociali, con particolare riguardo alle necessità delle donne immigrate. Inoltre, abbiamo creato una casa-famiglia, chiamata “Il giardino del sorriso” per l’accoglienza residenziale di minori da zero a dieci anni, e stiamo portando a termine la “Casa della madre del bambino” nelle ex case-operaie di Bartolo Longo, perché noi siamo nati per educare e per l’amore alla vita.

D. - Nell’ambito dell’evangelizzazione, proprio sulla scia di Bartolo Longo, qual è il ruolo che si può attribuire ai laici?

R - Noi risentiamo della crisi generale del laicato, in questo momento. E dobbiamo impegnarci di più. Stiamo cercando di farlo potenziando nelle parrocchie la catechesi, le associazioni, i movimenti di spiritualità, perché non si può donare la fede se non l’abbiamo prima dentro di noi.

D. - Quindi, mons. Liberati, quali aspettative ripone nella visita del Papa a Pompei?

R. - Quelle di un rinnovamento deciso della vita cristiana. Ormai, siamo un popolo da rievangelizzare. Faccio un esempio: ogni giorno, qui vengono persone per farsi benedire la macchina con l’acqua santa. Io ho avuto il coraggio di affrontare quattro-cinque di questi signori e ho detto loro: “State attenti, potrebbe essere una superstizione! Prima di tutto, voi dovete rinnovare il vostro cuore, la vostra coscienza, il vostro comportamento di vita cristiana. Se fate cose contro i Comandamenti, a che serve la nostra Benedizione?” Allora li ho visti impressionati. Ed ho aggiunto: “Non agite per superstizione o per abitudine, ma cercate di cambiare la vostra vita, perché i peccati non li commette la macchina, ma li commettiamo noi”. Ecco: noi, dalla visita del Santo Padre, ci aspettiamo che ci sia un rinnovamento della vita cristiana ed anche una maggiore intensità di fede dei nostri pellegrini che, dall’incontro con Maria Santissima, cerchino sempre di essere oblativi al Signore che li chiama ogni giorno dal profondo del cuore. Spero che la visita del Santo Padre ci aiuti a rinnovare questa spiritualità.

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