8 ottobre 2008

Mons. Fisichella: "L'insegnamento teologico di Pio XII" (Osservatore Romano)


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Di fronte ai segni dei tempi

L'insegnamento teologico di Pio XII

di Rino Fisichella
Rettore della Pontificia Università Lateranense
Arcivescovo Presidente della Pontificia Accademia per la Vita

Il cardinale Agostino Bea - confessore di Pio XII e uomo che sarà ricordato per lungo tempo come intrepido propulsore del Concilio Vaticano ii, soprattutto in riferimento all'ecumenismo - ha lasciato questa testimonianza che getta grande luce sul magistero di Papa Pacelli: "Dovranno passare decine d'anni, per non dire dei secoli, prima che la gigantesca opera di Pio XII sia stimata nel suo valore.
Egli ha seminato un seme incredibile. Si può dire che la dottrina di Pio XII ha trasformato l'aria che noi respiriamo senza che noi ne siamo sempre consapevoli. Questa dottrina ha costituito il fondamento stesso del Concilio, aprendosi a tutti i problemi dell'umanità contemporanea. Essa cerca di risolverli alla luce del Vangelo per riconquistare l'uomo moderno alla fede, alla Chiesa, a Cristo e a Dio".
Un giudizio che impegna non poco quanti si vogliono dedicare alla ricostruzione del pensiero di Papa Pacelli; questa testimonianza, comunque, consente di guardare con occhi diversi al suo ricco e multiforme insegnamento. Esso appare ancora oggi profondo e lungimirante, carico di originalità per il suo tempo e innovativo per diversi ambiti della dottrina e della teologia. Solo un accenno a quanto egli ha scritto suscita stupore, meraviglia e impedisce di giungere a una rapida sintesi.
Pio XII va necessariamente riletto alla luce delle 43 encicliche che segnarono il suo pontificato, unitamente ai numerosissimi e impegnativi discorsi con i quali affrontò i temi più controversi all'epoca. Non sorprende, quindi, verificare che i Padri conciliari hanno affondato le mani nella ricchezza di quell'insegnamento; per almeno 251 volte, infatti, si possono riscontrare nei documenti conciliari riferimenti espliciti al suo magistero. Ne è testimone incontestabile lo stesso Papa che volle il Vaticano ii. All'indomani della morte di Eugenio Pacelli, il patriarca di Venezia lo commemorava con queste parole: "Il magistero di Pio XII! Le voci che la notizia della sua morte ha suscitate e continua a suscitare, innanzitutto convengono sull'importanza, sulla bellezza varia e armoniosa, sulla ricchezza dell'insegnamento di questo grande maestro della fede, la cui profusione, emulando i grandi fasti dei Padri e Dottori della Chiesa antica, ha saputo eguagliarsi alle condizioni più moderne del pensiero e dominarlo nel rispetto della eredità dottrinale degli antecessori ed insieme accrescendone il sacro patrimonio a beneficio dell'incivilimento umano e cristiano per il progresso delle genti".
Le molte testimonianze che si potrebbero citare convergono sul fatto che il magistero di Pio XII fosse acuto, profondo e per questo capace di riconoscere le sfide che erano poste sul tappeto della storia insieme alle risposte che la Chiesa era chiamata a offrire. Meritano di essere ricordati, in questo contesto, alcuni documenti che hanno segnato la storia della teologia e hanno permesso di verificare un reale progresso nella dottrina. È obbligatorio iniziare con la Munificentissimus Deus dell'1 novembre 1950 con la quale si definì in maniera dogmatica la fede secondo la quale Maria, la Madre di Cristo redentore, dopo la sua morte venne assunta in corpo e anima nella gloria del paradiso. Quattro anni prima il Papa aveva compiuto una consultazione generale di tutto l'episcopato mondiale circa la verità e opportunità di un simile intervento, compiendo un gesto di autentica collegialità. La risposta pressoché unanime dei vescovi portò alla proclamazione del dogma dell'Assunzione, concludendo in questo modo la verità rivelata circa il mistero della Madre di Dio vergine e piena di grazia.
In questa costituzione dogmatica, Pio XII raccolse l'intero insegnamento biblico, patristico e della grande tradizione teologica; il vero punto innovativo, comunque, rimane il riferimento alla fede viva del popolo di Dio. Il principio di san Vincenzo da Lérina secondo cui semper ubicumque et ab omnibus creditum est diventava principio ermeneutico per approdare alla certezza della formulazione dogmatica.
La centralità cristologica che il Papa compì nel formulare il dogma mariano permette di verificare ulteriormente i tratti di originalità della sua prospettiva teologica, anche se si dovrà attendere il Vaticano ii con la Lumen gentium (n. 68) per inserire il mistero della Madre di Dio all'interno dell'orizzonte ecclesiologico come spazio vitale per la significazione completa della sua partecipazione alla storia della salvezza.
Un secondo riferimento importante è costituito dall'enciclica con la quale Pio XII diede grande impulso alla lettura della Sacra Scrittura e alla promozione degli studi biblici, Divino afflante Spiritu del 30 settembre 1943. Per alcuni versi questa enciclica segna per il periodo in cui venne scritta un'apertura considerevole nei confronti dei metodi con cui studiare il testo sacro.
Pio XII sosteneva lo studio dell'archeologia e dei papiri, sollecitava la conoscenza delle lingue bibliche e orientali per giungere a una critica testuale profonda e coerente. Testualmente affermava che gli studiosi "devono con ogni diligenza rintracciare il senso letterale delle parole, giovandosi della cognizione delle lingue, del contesto, del confronto con passi simili; cose tutte, donde anche nell'interpretazione degli scritti profani si suole ricavare profitto per mettere in limpida luce il pensiero dell'autore".
Per la prima volta in un documento del magistero, Pio XII si dilunga nel descrivere il genere letterario e il suo valore per la comprensione coerente non solo del testo, ma dello stesso autore sacro: "Gli antichi orientali per esprimere i loro concetti non sempre usano quelle forme o generi del dire, che usiamo noi oggi, ma piuttosto quelle che erano in uso tra le persone dei loro tempi e dei loro Paesi (...) A nessuno, che abbia un giusto concetto dell'ispirazione biblica, farà meraviglia che anche negli Scrittori sacri, come in tutti gli antichi, si trovino certe maniere di esporre e di narrare, certi idiotismi, propri specialmente delle lingue semitiche, certi modi iperbolici od approssimativi, talora anzi paradossali, che servono a meglio stampar nella mente ciò che si vuol dire (...) Con l'accennata conoscenza ed esatta valutazione dei modi ed usi di parlare e di scrivere presso gli antichi, si potranno sciogliere molte obiezioni sollevate contro la veridicità e il valore storico delle divine Scritture; e non meno porterà un tale studio ad una più piena e luminosa comprensione del pensiero del Sacro Autore".
Come si evince da queste citazioni, la prospettiva teologica di Papa Pacelli appariva nel suo contesto storico certamente di grande apertura e di fiducia nelle metodologie di cui lentamente il mondo cattolico si andava perfezionando dopo secoli di ritardo nei confronti dell'esegesi protestante. E, comunque, Pio XII ribadisce con forza un principio ermeneutico di estrema importanza e attualità: la ricerca del senso spirituale della Scrittura e l'analogia della fede come criteri normativi per una lettura del testo sacro conforme alla sua natura di libro ispirato.
Non si può dimenticare, infine, la grande novità apportata dall'enciclica con la sottolineatura che ogni autore sacro possiede una propria teologia con la quale si qualifica pienamente come "autore" e mediante la quale permette di giungere a una visione più profonda del testo sacro. In una parola, è sufficiente riprendere tra le mani la Dei Verbum per verificare come molto di questo materiale sia confluito nel magistero conciliare.
Non può essere dimenticata la Mystici Corporis del 29 giugno 1943. Per la visione teologica dell'epoca, questa enciclica si presenta come un documento innovativo, soprattutto se confrontato con l'ecclesiologia del tempo che viveva ancora nelle secche della manualistica apologetica. Recuperando la visione paolina del "Corpo mistico di Cristo" e mostrandone il suo radicamento nella tradizione teologica dei Padri e dei maestri del medioevo, il Papa apriva la strada per una visione della Chiesa alla luce della comunione che troverà piena esplicitazione nella Lumen gentium.
Per comprendere a pieno, comunque, questa enciclica e il suo valore teologico, è importante collegarla con un'altra che Pio XII scriverà più tardi, il 20 novembre 1947, la Mediator Dei. Il senso profondo della Chiesa veniva recuperato, infatti, alla luce della liturgia e del mistero eucaristico.
L'Humani generis del 22 agosto 1950 è un'altra enciclica di Pio XII che ha segnato la storia della teologia. Un primo contenuto che colpisce è certamente la condanna del relativismo teologico e filosofico; alla luce della situazione presente la rilettura di quelle pagine mostra la lungimiranza e la verità sottesa all'analisi compiuta. Questo documento, comunque, diede alla teologia un inaspettato vigore per la ricerca soprattutto riguardo al tema della teoria evoluzionista e del poligenismo. Pio XII affermava non solo la liceità, ma l'importanza dello studio relativo ai problemi collegati con l'evoluzione; se, da una parte, ammetteva la possibilità di condivisione della teoria in rapporto alla nascita del corpo dell'uomo, dall'altra, sosteneva la necessità di ammettere la creazione immediata dell'anima dei singoli uomini da parte di Dio. L'enciclica manifestava la grande apertura di Papa Pacelli alla ricerca scientifica, per alcuni versi accoglieva l'ipotesi poligenista ma ribadiva l'immutabilità dell'insegnamento circa il peccato originale.
Come si può osservare, il magistero di Pio XII è permeato dalla sua grande acutezza con la quale intravedeva i problemi dell'epoca, e insieme dalla sua inevitabile difesa del deposito della fede. D'altra parte, è di ieri come di oggi la presunzione di alcuni di voler imporre una teoria come verità acquisita. Nel suo magistero il Sommo Pontefice deve essere in grado di leggere i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo. Quando interviene per ribadire la fede di sempre non lo fa per impedire la ricerca scientifica, ma per conservare il depositum e la communio tra i fedeli.
Pochi conobbero da vicino Papa Pacelli come fu per Giovanni Battista Montini. A conclusione di questo scorcio sull'originalità e attualità del suo insegnamento non trovo espressione più adeguata del ricordo tracciato da Paolo vi - il 7 marzo 1976, a San Pietro, in occasione del centenario della nascita (che era stato esattamente il 2 marzo) - che ne fornisce la chiave di lettura più adeguata: "Trema la Nostra voce, batte il Nostro cuore, rivolgendo alla venerata e paterna memoria di Eugenio Pacelli, Papa Pio XII, l'affettuoso encomio d'un umile figlio, il devoto omaggio d'un povero successore. Ricordatelo voi, Romani, questo vostro insigne ed eletto Pontefice; lo ricordi la Chiesa; lo ricordi il mondo, lo ricordi la storia. Egli è ben degno della Nostra pia, grata, ed ammirata memoria (...) Noi che fummo testimoni ammirati, anche se pigri discepoli, dell'assoluta dedizione al suo apostolico ufficio, da lui compreso e meditato con insonne coscienza; testimoni della mitezza dell'animo suo, anche se fermo, complesso e quasi pago sovente della sua solitaria riflessione; testimoni della sua inappuntabile pietà religiosa, non troppo propensa per verità alle celebrazioni esteriori del culto, ma rivolta piuttosto a intime effusioni e a personali osservanze; testimoni ancora dell'incomparabile vigore del suo ingegno, della eccezionale potenza della sua memoria, della mirabile versatilità del suo spirito, della sua fenomenale resistenza al lavoro nonostante le esili membra e la gracile salute; testimoni della rara sua capacità ad avvertire ed a curare le piccole cose relative alla perfezione sostanziale e formale del suo lavoro, con la simultanea e sempre vigilante attenzione alle grandi cose, in cui era accompagnata la sua attività (...) E fu un amico del nostro tempo; il dialogo con tutte le forme della vita moderna, mediante il criterio risolutivo nella bontà e nella verità del Vangelo dei problemi presenti, fu da lui sistematicamente aperto ed iniziato. Ricordarlo è pietà, riconoscerlo è giustizia. Seguirne gli insegnamenti e gli esempi sarà conforto".

(©L'Osservatore Romano - 8 ottobre 2008)

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