8 ottobre 2008

Primo intervento di un rabbino al Sinodo. Bordate (rigorosamente mediatiche) contro Pio XII (Accattoli ed Accornero)


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Il caso Accuse ad Ahmadinejad senza citarlo: parole terribili all'Onu

«Pio XII non va beatificato» Il rabbino scuote il Sinodo

L'ospite di Haifa: «Non levò la sua voce in nostra difesa»
È stato il primo intervento di un rabbino al Sinodo e in Israele Cohen è stato contestato per aver accettato l'invito


Luigi Accattoli

CITTÀ DEL VATICANO — La prima volta di un rabbino al Sinodo — viene da Haifa e si chiama Shera Yshuv Cohen — sarà ricordata per una bordata contro la beatificazione di Pio XII e un'invocazione di aiuto al «mondo libero» perché salvi Israele dalla distruzione minacciata dal presidente iraniano Ahmadinejad. La richiesta di aiuto l'ha fatta nell'aula del Sinodo a metà pomeriggio, l'uscita contro papa Pacelli è venuta più tardi, in un incontro con i giornalisti. «Crediamo — ha detto ai media — che Pio XII non dovrebbe essere beatificato o preso comunque come modello per il fatto che non ha levato la sua voce in nostra difesa, anche se ha cercato segretamente di aiutarci. Resta il fatto che non ha parlato, forse perché aveva paura o per altri motivi suoi, e questo noi non possiamo dimenticarlo».
Il rabbino capo di Haifa era invitato a parlare — e mai c'era stato un ospite ebreo in un Sinodo dei vescovi — del ruolo che hanno le Scritture nell'ebraismo e aveva concluso il suo intervento esprimendo «profondo choc per le terribili parole del presidente di uno Stato del Medio Oriente, nel suo discorso del mese scorso all'Assemblea delle Nazioni Unite ». Senza nominare Ahmadinejad aveva detto ancora: «Le false e maliziose accuse, le minacce e l'incitamento antisemita ci hanno riportato al doloroso ricordo della tragedia del nostro popolo che noi preghiamo non abbia a ripetersi». E: «Speriamo di avere il vostro aiuto di leader religiosi e dell'intero mondo libero, per proteggere, difendere e salvare Israele». Fin qui il rabbino aveva letto. Poi aveva aggiunto, improvvisando: «Il mio essere con voi in quest'aula mi fa sentire che possiamo aspettarci il vostro aiuto». Il rabbino aveva parlato in inglese, alle 18. Era entrato nell'aula alle 16.30 tenendo sotto braccio Benedetto XVI.
Nella conversazione con i giornalisti il rabbino — che in Israele è stato contestato per aver accettato l'invito del Papa — ha collegato le due uscite su Pio XII e contro il dittatore di Teheran. «Il messaggio che ho rivolto nell'aula aveva un doppio significato»: di denuncia delle odierne «minacce» e di segnalazione «del nostro scontento per i tentativi che si conducono all'interno della Chiesa cattolica al fine di dimenticare quel triste capitolo della vita di un grande Papa, che sentiamo di non poter perdonare e che non può essere perdonato».

© Copyright Corriere della sera, 7 ottobre 2008

La prima volta del rabbino al Sinodo: un segno di speranza e pace

dall'inviato

Pier Giuseppe Accornero

Città del Vaticano

«La mia presenza è un segnale di speranza, un messaggio d'amore, coesistenza e pace per le nostre generazioni e per quelle future». Per la prima volta nella quarantennale storia del Sinodo, Shear Yesuv Cohen, rabbino capo di Haifa, ha parlato alla più universale assemblea della Chiesa.
La ragione è ovvia: il Sinodo tratta della Parola di Dio, e la Bibbia è il fondamento della religione ebraica. Il rabbino - entrato in aula a braccetto di Papa Benedetto, accolto dall'applauso dell'assemblea - ha svolto la relazione sul ruolo delle Sacre Scritture nella religione e nella tradizione ebraica. Spiega la sua presenza «nella scia di quanto iniziato da Giovanni XXIII, che ha raggiunto il suo vertice nella vita e nell'opera di Giovanni Paolo II».
Parlando della Bibbia nella storia e nella vita del popolo d'Israele, ricorda che «è al centro, anche in senso fisico, dei riti ebraici e nella vita stessa delle persone. Sin da piccoli i bambini vengono introdotti allo studio delle Scritture, spesso imparate a memoria. Noi crediamo che la preghiera sia il linguaggio dell'anima nella sua comunione con Dio».
Senza nominarlo, il rabbino condanna gli interventi – l'ultimo all'assemblea Onu - del presidente dell'Iran Mahmud Ahmadinejad contro Israele e chiede l'aiuto dei «leader religiosi e del mondo libero, per proteggere, difendere e salvare Israele. Ciò che è accaduto una volta non deve accadere mai più, il mio essere con voi mi fa sentire che possiamo aspettarci il vostro aiuto e che l'autorevolezza del vostro messaggio sarà ascoltata da tutte le persone influenti nel mondo».
Nessun cenno del rabbino, come aveva minacciato, ai 50 anni della morte di Pio XII, che verrà ricordata giovedì con una Messa del Papa e dei vescovi. Ma, dopo e fuori dell'aula, ai giornalisti si è dichiarato contrario alla beatificazione di Pio XII: «Non dovrebbe essere preso come modello per non aver levato la sua voce, anche se ha cercato segretamente di aiutarci. Resta il fatto che non ha parlato, forse perché aveva paura o per altri motivi, e questo non possiamo dimenticarlo».
Il dialogo ecumenico e interreligioso, sulla base della Parola di Dio, è uno dei punti di forza della lunga introduzione, due ore in latino, del relatore, il cardinale Marc Ouellet, arcivescovo di Québec in Canada: «Il popolo ebraico occupa un posto particolare in quanto erede della prima Alleanza con cui condividiamo le Sacre Scritture. Questa eredità comune ci invita alla speranza». Anche i musulmani sono radicati nella tradizione biblica e professano un unico Dio: «Di fronte alla secolarizzazione e al liberismo, sono alleati nella difesa della vita e nell'affermazione dell'importanza sociale della religione. Il dialogo con loro è più importante che mai».
Contrariamente a Ebraismo e Islam, il Cristianesimo «non è propriamente una religione del Libro». Lo diceva già nel 1966 Henri De Lubac, uno dei grandi teologi del Concilio. Lo ribadisce il relatore: «La Scrittura riveste un ruolo primordiale e normativo nella Chiesa. Il Cristianesimo è la religione della Parola fondata su Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto per la salvezza dell'umanità.
Nonostante gli sforzi e oltre quarant'anni di post-Concilio, la Bibbia non è ancora entrata a fondo nella vita dei cristiani e nell'esperienza della Chiesa, anche per una serie di fenomeni: secolarizzazione, pluralismo religioso, globalizzazione, divario tra ricchi e poveri, pullulare di sette esoteriche, minacce alla pace, attacchi contro la vita umana e la famiglia. Ci sono difficoltà anche nella Chiesa: l'ignoranza delle Scritture, le carenze della catechesi e nella trasmissione della fede, le omelie insoddisfacenti, le tensioni tra magistero e teologia, la separazione tra esegeti e pastori.
Oullet è convinto che «con i nuovi mezzi di comunicazione, il campo della missione è aperto a nuove iniziative di evangelizzazione. Siamo nell'era di internet e le possibilità di accedere alla Scrittura si sono moltiplicate. Il Sinodo deve ascoltare, discernere e incoraggiare i progetti di trasmissione delle Scritture nei nuovi linguaggi».

© Copyright Eco di Bergamo, 7 ottobre 2008

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