22 ottobre 2008

Critiche quanto mai esasperate ed ingenerose sul discorso del Santo Padre sulla "Fides et ratio" (Lodovici)


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Critiche quanto mai esasperate su un discorso costruttivo

GIACOMO SAMEK LODOVICI

Sono quanto­meno ingenerose le critiche rivolte al discorso di Benedetto XVI su fede, scienza e ragione da Margherita Hack (Corriere della sera di venerdì) e da Tullio Regge (in un pezzo, sempre di venerdì, uscito sul Giornale, peraltro affiancato da un bell’intervento di Zichichi).
Per la Hack il Papa 'dovrebbe pensarci due volte prima di parlare' e le sue dichiarazioni 'sono davvero fuori dal mondo'; Regge scrive che il discorso del Papa riporta alla sua memoria «i tempi tristi del processo a Galileo» e «mette sotto accusa tutto il mondo scientifico». Sennonché, Benedetto XVI ha invece elogiato la scienza, come in diverse altre occasioni. Se (per fare solo un esempio) nella Spe salvi ha scritto che «la scienza può contribuire molto all’umanizzazione del mondo e dell’umanità», giovedì ha detto che «la ricerca scientifica ha certamente il suo valore positivo» e «la fede (…) non teme il progresso della scienza e gli sviluppi a cui conducono le sue conquiste quando queste sono finalizzate all’uomo, al suo benessere e al progresso di tutta l’umanità».
D’altro canto, la scienza dev’essere al servizio della dignità dell’uomo e del suo bene, mentre avviene che «non sempre gli scienziati indirizzino le loro ricerche verso questi scopi». Il Papa dice «non sempre», perciò non generalizza affatto. E aggiunge: «Il facile guadagno o (…) l’arroganza di sostituirsi al Creatore svolgono, a volte – forse a Regge è sfuggito questo «a volte» – un ruolo determinante», fino ad «assumere caratteristiche pericolose». In effetti, oltre a straordinarie scoperte, il progresso scientifico ha prodotto anche dei pericoli per l’umanità, ha portato dalla fionda alla megabomba, come ha detto il non cattolico Adorno.
Circa l’arroganza di alcuni (non tutti) scienziati, essa si vede nelle biotecnologie (clonazione umana, chimere tra uomo e animali, uomini maschi che hanno gravidanze, ecc.).
Quanto al guadagno, oggi le ricerche sono sempre più costose e, talvolta, vengono finanziate dalle multinazionali, che, in certi casi (anche qui non generalizziamo), sono mosse da ragioni di business, impongono in che direzione cercare, ecc. Gli stessi scienziati precari, che giustamente stanno a cuore alla Hack, sono esposti al rischio di cedere alla tentazione del profitto: anche per questo motivo dovrebbero essere sostenuti da istituzioni senza fini di lucro.
Il Papa nota anche che la ricerca scientifica è oggi «maggiormente sperimentale» («maggiormente» non vuol dire «esclusivamente»). Infatti, come hanno sottolineato Jonas e Spaemann, in certi casi, per conoscere bisogna agire: per sapere se sono realizzabili la clonazione, le chimere, la bomba nucleare, ecc., devo cercare di realizzarli; per sapere l’effetto sull’uomo di una nuova tecnica, farmaco, ecc., alla fine li devo sperimentare sull’uomo.
Siccome inoltre per il Papa la scienza, in quanto tale, non elabora principi etici (dato che i suoi mirabili compiti sono altri), la Hack lamenta che «i principi etici non sono solo dei credenti»; è proprio quello che ha detto Benedetto XVI, secondo cui «la filosofia e la teologia – quindi non solo la teologia – sono degli aiuti indispensabili. Tuttavia, «ciò non significa affatto limitare la ricerca scientifica», bensì «mantenere vigile il senso di responsabilità» perché la scienza «permanga nel solco del suo servizio all’uomo».
Insomma, si può rassicurare Regge, secondo cui «il Papa pare aver dimenticato i tempi dell’Inquisizione spagnola e dei roghi».

© Copyright Avvenire, 19 ottobre 2008

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