22 ottobre 2008
Sinodo, proposizioni e documento finale: ultimi ritocchi (Sir)
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SINODO DEI VESCOVI - Terreno di dialogo
Proposizioni e documento finale: ultimi ritocchi
Sono 53 le proposizioni, tra cui una dedicata all’Islam e una che auspica l’istituzione del ministero del lettorato femminile, contenute nella bozza di un documento che sintetizza i risultati del Sinodo dei vescovi in corso in Vaticano. Ad anticiparne ai giornalisti alcuni contenuti il presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, mons. Gianfranco Ravasi. “I lavori non sono ancora conclusi – ha detto mons. Ravasi – quindi il numero e il testo potrebbero subire qualche variazione”. Per quanto riguarda il dialogo con l’Islam, il presidente del dicastero vaticano ha ricordato che “la Sacra Scrittura è un terreno di dialogo e che nello stesso Corano sono presenti quasi tutti i personaggi biblici. Da qui l’invito a non interpretare il Libro sacro letteralmente per la ricerca della verità”. Il fondamentalismo, tuttavia, riguarda anche i cristiani. “Esso nasce dalla paura ed è la negazione dell’incarnazione poiché considera il significato letterale delle parole custode del messaggio. Questa cieca fiducia è in realtà una infedeltà”.
Esegesi fondamentale.
Tra i temi affrontati nelle proposizioni c’è anche quello dell'interpretazione biblica, cioè l'esegesi, che, per Ravasi, rappresenta un elemento centrale in quanto gli esegeti sono invitati a tenere conto della conoscenza scientifica, ma senza prescindere da quella dimensione ulteriore della lettura biblica, che è la dimensione spirituale". Parlando dell'omelia, ha affermato che "essa costituisce un momento prezioso da valorizzare e sulla quale la formazione dei presbiteri potrebbe fare ulteriori passi in avanti, considerato che per molti cristiani la messa costituisce il momento fondamentale per accostarsi alla Sacra Scrittura". Mons. Ravasi ha anche fatto cenno alle "nuove forme di esegesi, quali quella semiotica, strutturalistica, psicologica, sociologica, che si sono affiancate alla esegesi storico-critica. Queste letture della Bibbia – ha aggiunto – debbono essere affiancate a una rinnovata lettura teologico-spirituale che è stata meno oggetto di scavo da parte degli studiosi in questi ultimi tempi".
Un’ora di Bibbia?
Rispondendo a una domanda sull'insegnamento della religione cattolica nella scuola italiana, Ravasi ha sostenuto che "esso sarebbe da allargare ad un insegnamento soprattutto biblico per favorire la comprensione degli elementi essenziali della nostra cultura. La Bibbia infatti, con i suoi soggetti, simboli, figure, costituisce un grande codice di cui l’Occidente è intriso". Ravasi ha citato a questo punto Nietzsche per approfondire il concetto, affermando che "tra la lettura di Pindaro o Petrarca e di un Salmo biblico c'è la stessa differenza che si riscontra tra l'essere in terra straniera o in patria, perché la Bibbia è in effetti la nostra patria culturale comune". Sul dibattito in aula circa la cultura biblica ha sottolineato che "sono emerse esperienze molto belle e valide, presenti in numerose nazioni e contesti continentali, dalle comunità di base alle scuole bibliche. Per noi cattolici questo è uno stimolo molto forte perché, ad esempio, protestanti e ortodossi trovano una unità reale anche se non piena proprio attorno alla Bibbia".
I giovani e la Parola.
Altro tema decisivo emerso nel corso dei lavori sinodali è stato il “rapporto dei giovani con la Parola insieme con quello del linguaggio delle nuove generazioni”. “Il linguaggio dei giovani – ha spiegato il biblista – già ha una grammatica diversa e sta acquistando forme sempre più nuove rispetto al normale linguaggio della nostra comunicazione. Non parlo di forme comunicative come gli sms, ma di un linguaggio molto connotato. Se devo dunque pensare ad una pastorale della Bibbia per giovani il primo terreno è il linguaggio”. L’esigenza, infatti, “è quella di custodire il contenuto e il messaggio. Non basta fare una cosa spumeggiante per attirare l’attenzione dei giovani, devo riuscire ad essenzializzare il contenuto delle Scritture in un linguaggio più ristretto. Se dieci anni fa i giovani avevano un vocabolario di 800 parole ora ne hanno uno di meno di 400, quando l’italiano ha 150 mila parole. La sfida sta qui: come fare per comprimere in questi 400 vocaboli la ricchezza del messaggio biblico. Credo che su questo campo le chiese dovranno impegnarsi molto”. “Non meno faticoso e urgente – appare a mons. Ravasi – comunicare la Bibbia ai bambini. In questo compito la famiglia gioca un ruolo fondamentale, in particolare la mamma, che è quella che sa meglio svelare la profondità del messaggio grazie ad una innata conoscenza simbolica”.
“Parola” alle donne.
Altro auspicio espresso dai padri sinodali è stata l’istituzione del ministero del lettorato per le donne, un’ipotesi che ha trovato mons. Ravasi favorevole. Riferendosi alla presenza ai lavori sinodali di “uditrici”, mons. Ravasi ha ricordato, che “la catechesi in larga parte oggi è tenuta da donne. Una presenza femminile che parte già dalla famiglia”. “L’esegesi femminista, in senso stretto, è ormai piuttosto marginale. Ha avuto una funzione nello stimolare l’analisi dei testi biblici per il fatto che erano costruiti nell’ambito di una società patriarcale. Hanno, infatti, una espressione di tipo maschilista e modalità che appartengono ad una visione certamente datata. L’esegesi femminista ha avuto il vantaggio di aver posto l’attenzione sul fatto che quello era l’involucro e non il messaggio”. Tuttavia, ha concluso, “sulla scia di questo si è arrivati a forme palesemente sbagliate anche sotto un profilo critico, perché se perdo il linguaggio di riferimento poi perdo anche il testo”.
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