7 ottobre 2008

Il richiamo del Papa a non basare la propria vita sul denaro ma sulla Parola di Dio: commenti del card. Caffarra e dell’economista Riccardo Moro


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Il richiamo del Papa a non basare la propria vita sul denaro ma sulla Parola di Dio: commenti del cardinale Carlo Caffarra e dell’economista Riccardo Moro

Il crollo delle banche dimostra la precarietà del denaro, solo la Parola di Dio è davvero solida: il richiamo di Benedetto XVI, nel suo discorso di ieri al Sinodo dei vescovi, ha avuto una vasta eco nel mondo economico e finanziario alle prese con una crisi che non accenna ad arrestarsi. Sulle parole del Papa, Luca Collodi ha chiesto una riflessione al cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra:

R. - Mi è venuto in mente un testo dalla prima lettera di Giovanni, che dice: “E il mondo passa con tutta la sua concupiscenza, ma chi fa la volontà del Signore resta in eterno”. La Parola del Signore che mi comunichi il suo progetto sull’uomo: questo è ciò che mi fa rimanere in eterno, se la seguo. Se seguo altro, la concupiscenza del mondo, questa prima o poi passa. E ciò che sta accadendo in questi giorni ce lo sta dicendo.

D. - Cardinale Caffarra, vedere la crisi dei mercati finanziari - che hanno poi un impatto sulla vita delle persone, quelle più semplici, le più povere - che riflessioni le suscita?

R. - La riflessione che facevo anche con alcune persone della mia città molto, molto competenti e di altissime responsabilità, non solo nazionali, è stata semplicemente questa: agire non sempre con onestà nel campo economico alla fine non paga neanche dal punto di vista economico. Se si vuole stare bene, bisogna agire bene.

D. - Quindi, necessità di etica anche in economia?

R. - Sì, esercizio delle virtù da parte di chi ha responsabilità finanziarie, agire per il bene. Tanti professori di economia mi dicono che oggi la scienza economica più avanzata sta prendendo consapevolezza di questo.

D. - Quindi, questa crisi finanziaria può essere salutare?

R. - Io spero di sì, purché non diventi, ripeto, crisi economica, perché allora si vanno veramente a colpire le persone più povere e quelle che sono più in difficoltà. E questa è anche la responsabilità dei capi di Stato, che devono essere molto saggi, molto prudenti, molto avveduti e molto decisi anche nel prendere le decisioni, che in coscienza ritengono di dover prendere.

L’attuale crisi del sistema finanziario mette ancor più l’accento sull’esigenza di riportare la persona al centro delle dinamiche economiche. E’ quanto sottolinea, al microfono di Alessandro Gisotti, l’economista Riccardo Moro, direttore della Fondazione della CEI, “Giustizia e Solidarietà”, raggiunto telefonicamente in Guinea Conakry, dove è impegnato per la Campagna giubilare della cancellazione del debito:

R. - Non c’è dubbio che, in questo momento, la comunità internazionale viva una sorta di crisi di identità del proprio ruolo economico, nel senso che ci siamo abituati ad immaginare che l’economia e il mercato finanziario fossero delle dimensioni avulse dal resto della vita sociale. Quando l’economia e la finanza sono delle dimensioni che fanno parte del complesso della vita sociale, mettiamo in piedi un sistema finanziario per consentire alle imprese e alle famiglie di fare progetti di lungo periodo, magari proprio per costruire quei prodotti che ci servono a vivere o a comperare le case che ci servono per abitare. Oggi, sicuramente, abbiamo subito un bombardamento culturale che dice che il fine dell’economia è il profitto, che dice che la finanza in qualche modo può bastare a se stessa. Abbiamo avuto delle crescite, delle bolle legate ad un’azione speculativa straordinariamente spregiudicata: quando la bolla è esplosa, sono accadute le cose che, purtroppo, stiamo vedendo in questi giorni che sulla vita di molte persone possono avere conseguenze estremamente pesanti.

D. - Lei si trova in Guinea, in questo momento. Questa crisi finanziaria che sta coinvolgendo il mondo sviluppato, l’Occidente, gli Stati Uniti e l’Europa, ovviamente ha delle ripercussioni gravissime sui Paesi in via di sviluppo…

R. - La conseguenza pesante è data dai movimenti speculativi che hanno una origine finanziaria ma con ricadute sui prezzi dei prodotti, in modo particolare i beni alimentari e risorse: l’andamento, ad esempio, ad altalena del prezzo del petrolio che c’è stato in questi mesi ne è un esempio. Allora, lì sì, c’è una vulnerabilità straordinariamente pesante di questi Paesi.

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