6 ottobre 2008

Giovanni Maria Vian: "La meditazione di Benedetto XVI non è astratta o di maniera, ma chiede a ognuno di interrogarsi, con la ragione aperta a Dio"


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La Bibbia nel cuore della storia

Una delle forme più antiche di commento della Scrittura nella tradizione ebraica è quella di spiegarla mostrando l'attualità del testo sacro, secondo un metodo subito ripreso in ambito cristiano: lo si ritrova infatti già nei testi di Qumran e Gesù lo utilizza. E proprio questo ha fatto Benedetto XVI inaugurando l'assemblea sinodale, prima a San Paolo fuori le Mura quando ha commentato nell'omelia l'immagine biblica della vigna cara ai profeti, e poi in apertura dei lavori quando ha meditato alcuni versetti del salmo più lungo, quello sulla Parola di Dio. Per sottolineare che questa Parola è sempre attuale perché è nella storia umana e la spiega, e perché si tratta dell'unica realtà che conta davvero.

Come è solito fare, il Papa parla con un linguaggio ed esempi comprensibili a tutti.

Così la vigna descritta dai profeti non è più interpretata all'interno della storia ebraica ma, in coerenza proprio con il metodo esegetico attualizzante nato nel giudaismo antico, richiama le vicende di comunità cristiane un tempo fiorenti ma poi scomparse e rimaste solo nei libri - e qui il pensiero corre soprattutto alle Chiese d'Asia di tradizione paolina e giovannea, ma anche al cristianesimo africano dei primi secoli, quello di Tertulliano, Cipriano e Agostino.
Benedetto XVI non si ferma ai libri - anche quelli passano, infatti, come aveva detto nell'ultima omelia prima di entrare nel conclave che lo avrebbe eletto Papa - ma rivolge uno sguardo al presente: quanto è accaduto a quelle antiche comunità non potrebbe accadere anche oggi?
"Nazioni un tempo ricche di fede e di vocazioni ora vanno smarrendo la propria identità, sotto l'influenza deleteria e distruttiva di una certa cultura moderna". Il Papa non è però pessimista, perché Gesù ha promesso che "la vigna non sarà distrutta" e alla fine, nonostante tutto, il male e la morte non avranno l'ultima parola.
A questa visione della storia svelata dalla Scrittura, realistica e al tempo stesso aperta al futuro, si accompagna la lettura di avvenimenti recentissimi per ricordare che realtà visibili e tangibili - come il successo e il denaro - un giorno passeranno: "Lo vediamo adesso nel crollo delle grandi banche: questi soldi scompaiono, sono niente".

La meditazione di Benedetto XVI non è astratta o di maniera, ma chiede a ognuno di interrogarsi, con la ragione aperta a Dio: "Chi costruisce la sua vita su queste realtà, sulla materia, sul successo, su tutto quello che appare, costruisce sulla sabbia. Solo la Parola di Dio è fondamento di tutta la realtà, è stabile come il cielo e più che il cielo, è la realtà". Insomma, Dio e la sua Parola sono le uniche realtà che contano perché rimarranno, a differenza di tutto il resto. Per questo - afferma il Papa - devono essere prese in considerazione se si vuole essere davvero realisti.
Spiegando la Scrittura il vescovo di Roma ha sottolineato ancora una volta quanto essa sia centrale - e dunque segni il posto di Dio - nella vita e nel cuore di ogni essere umano. E questo certamente indicherà l'assemblea sinodale nei prossimi giorni. Tenendo presente l'ebraismo e la specificità della sua testimonianza, come lo stesso Benedetto XVI ha fatto nel viaggio in Francia. Guardando soprattutto al futuro e all'unica realtà che non finirà.

g. m. v.

(©L'Osservatore Romano - 6-7 ottobre 2008)

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